LE “NUOVE” INDICAZIONI ALL’IMPIANTO DI DEFIBRILLATORE NELLA PREVENZIONE PRIMARIA DELLA MORTE IMPROVVISA IN PAZIENTI AFFETTI DA CARDIOPATIA DILATATIVA NON ISCHEMICA: E’ TEMPO DI CAMBIARE?
di Marco De Giusti
03 Settembre 2021

Nelle nuove Linee guida ESC 2021 per il trattamento dello scompenso cardiaco, dopo il trial DANISH ed alla luce delle nuove terapie farmacologiche disponibili, l’impianto di ICD nella prevenzione primaria della morte improvvisa, non è più un’indicazione di classe I nella cardiopatia dilatativa non ischemica.

Il termine cardiopatia dilatativa non ischemica (Non-Ischemic Dilated Cardiomyopathy, NIDCM) è utilizzato per indicare un gruppo di patologie cardiache, tutte caratterizzate da ingrandimento ventricolare e disfunzione sistolica, in assenza di alterazioni di precarico, postcarico ed in assenza inoltre di malattia coronarica. All’interno delle NIDCM è incluso il sottogruppo della DICM (Dilated Cardiomyopathy o Cardiomiopatia Dilatativa).

Le linee guida ESC pubblicate nel 2015 sulla prevenzione della morte cardiaca improvvisa[1], ponevano l’impianto di ICD in prevenzione primaria in classe IA nei pazienti affetti da cardiopatia dilatativa post-ischemica ed in classe IB nei pazienti affetti da NIDCM, basandosi sui risultati di vecchi studi clinici (primo fra tutti il trial SCD-HeFT pubblicato nel 2005[2]). Ma già nel trial SCD-HeFT si evidenziava come il beneficio della terapia con ICD sulla sopravvivenza, confrontato con la sola terapia farmacologica con placebo o amiodarone, nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra non ischemica, raggiungeva un p-value di 0,06, al di sotto della significatività statistica (seppur di poco). Si otteneva invece una significatività statistica (p=0.05)  per superiorità rispetto alla terapia farmacologica nei pazienti con cardiopatia dilatativa post-ischemica.

Restava ancora qualche dubbio sulla reale efficacia dell’ICD per la prevenzione primaria della morte improvvisa nei pazienti affetti da NIDCM, tenendo anche in considerazione il notevole miglioramento della  terapia farmacologica ottenuto negli ultimi anni.

15 anni dopo il trial SCD-HeFT, abbiamo a disposizione i risultati dello studio DANISH[3] , che ha mostrato come la mortalità per tutte le cause dei pazienti con cardiopatia dilatativa non ischemica, seguiti per circa 6 anni dall’arruolamento,  non si riduca significativamente con l’impianto di ICD, se confrontato con la sola terapia medica.

Come accennato prima, l’evoluzione delle terapie farmacologiche per la cura dello scompenso cardiaco, negli ultimi 30 anni, ha portato ad una ulteriore riduzione della mortalità globale dei pazienti di quasi il 50%[4]. Anche la morte improvvisa si è ridotta molto negli ultimi 20 anni grazie ai farmaci (in particolare ai beta-bloccanti, con effetto dose-dipendente, agli antagonisti dell’aldosterone ed all’associazione sacubitril/valsartan), come dimostrato ormai in numerosi studi clinici e nel registro israeliano dei portatori di ICD, in cui si è osservata una graduale riduzione del numero di shock appropriati nel tempo, grazie all’impiego delle nuove terapie[5]. Anche la terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT), oltre ai farmaci, ha contribuito ad una ulteriore riduzione della mortalità (studio CARE-HF[6]). Nello studio DANISH il 58% dei pazienti erano portatori di CRT e questo potrebbe aver influito sui risultati finali.

Pertanto, è giusto mantenere, nelle nuove linee guida, l’indicazione all’impianto di ICD in prevenzione primaria nei pazienti affetti da NIDCM in classe I?

Dati osservazionali dello Swedish Heart Failure Registry[7] e dal registro EU-CERT-ICD[8] hanno mostrato che l’impianto di ICD in prevenzione primaria nella cardiopatia dilatativa, sia ischemica che non ischemica, riduce il rischio di mortalità per tutte le cause, con significatività statistica (HR 0,88; 95% CI 0,78 – 0,99, p = 0,04 nello Swedish Heart Failure Registry) ( HR 0,682 , CI 95% 0,537 – 0,0865,  p = 0,0016 per il registro EU-CERT-ICD). La significatività statistica si perdeva tuttavia, analizzando separatamente i dati della cardiopatia dilatativa ischemica dalla non ischemica.

Esistono allora, al di là dei dati aggregati forniti dai trials dei pazienti con NIDCM particolarmente a rischio di morte improvvisa ed a cui l’ICD va ragionevolmente impiantato? Possimo invece individuare altri pazienti con NIDCM in cui l’ICD andrebbe evitato?

Analizziamo ancora i dati disponibili: lo studio DANISH ha mostrato che l’età è un fattore importante per l’impianto di ICD: i pazienti di età < 59 anni beneficiano maggiormente dell’impianto di defibrillatore. Vi sono inoltre alcune alterazioni genetiche, nei pazienti affetti da cardiomiopatia dilatativa[9] che, se presenti, li candidano a rischio molto elevato di morte improvvisa.

Infine, l’impiego della risonanza magnetica con mezzo di contrasto[10] ha mostrato come la presenza o meno di cicatrici nel miocardio aumenta il rischio aritmico e quindi il rischio di morte improvvisa.

Per concludere, possiamo affermare che:

  • La mortalità nei pazienti con cardiopatia dilatativa non ischemica si è ridotta negli anni come risultato del miglioramento delle terapie farmacologiche;
  • Con essa si è ridotto anche il rischio di morte improvvisa, anche se vi sono differenze tra le diverse forme di cardiomiopatia;
  • E’ necessario disporre di migliori strumenti per la stratificazione del rischio di morte improvvisa;
  • L’impiego in futuro della risonanza magnetica cardiaca sarà fondamentale per la selezione dei pazienti;
  • E’ ragionevole, con i dati attualmente a disposizione, modificare la classe di raccomandazione per l’impianto di defibrillatore  ( da I a IIa) , nei pazienti affetti da NIDCM.

[1] Priori SG, Blomström-Lundqvist C, Mazzanti A, Blom N, Borggrefe M, Camm J, Elliott PM, Fitzsimons D, Hatala R, Hindricks G, Kirchhof P, Kjeldsen K, Kuck KH, Hernandez-Madrid A, Nikolaou N, Norekvål TM, Spaulding C, Van Veldhuisen DJ. 2015 ESC Guidelines for the Management of Patients With Ventricular Arrhythmias and the Prevention of Sudden Cardiac Death. Rev Esp Cardiol (Engl Ed). 2016 Feb;69(2):176. doi: 10.1016/j.rec.2016.01.001. PMID: 26837728.

[2] Bardy GH, Lee KL, Mark DB, Poole JE, Packer DL, Boineau R, Domanski M, Troutman C, Anderson J, Johnson G, McNulty SE, Clapp-Channing N, Davidson-Ray LD, Fraulo ES, Fishbein DP, Luceri RM, Ip JH; Sudden Cardiac Death in Heart Failure Trial (SCD-HeFT) Investigators. Amiodarone or an implantable cardioverter-defibrillator for congestive heart failure. N Engl J Med. 2005 Jan 20;352(3):225-37. doi: 10.1056/NEJMoa043399. Erratum in: N Engl J Med. 2005 May 19;352(20):2146. PMID: 15659722.

[3] Køber L, Thune JJ, Nielsen JC, Haarbo J, Videbæk L, Korup E, Jensen G, Hildebrandt P, Steffensen FH, Bruun NE, Eiskjær H, Brandes A, Thøgersen AM, Gustafsson F, Egstrup K, Videbæk R, Hassager C, Svendsen JH, Høfsten DE, Torp-Pedersen C, Pehrson S; DANISH Investigators. Defibrillator Implantation in Patients with Nonischemic Systolic Heart Failure. N Engl J Med. 2016 Sep 29;375(13):1221-30. doi: 10.1056/NEJMoa1608029. Epub 2016 Aug 27. PMID: 27571011.

[4] Schmidt M, Ulrichsen SP, Pedersen L, Bøtker HE, Sørensen HT. Thirty-year trends in heart failure hospitalization and mortality rates and the prognostic impact of co-morbidity: a Danish nationwide cohort study. Eur J Heart Fail. 2016 May;18(5):490-9. doi: 10.1002/ejhf.486. Epub 2016 Feb 11. PMID: 26868921.

[5] Sabbag A, Suleiman M, Laish-Farkash A, Samania N, Kazatsker M, Goldenberg I, Glikson M, Beinart R; Israeli Working Group of Pacing and Electrophysiology. Contemporary rates of appropriate shock therapy in patients who receive implantable device therapy in a real-world setting: From the Israeli ICD Registry. Heart Rhythm. 2015 Dec;12(12):2426-33. doi: 10.1016/j.hrthm.2015.08.020. Epub 2015 Aug 13. PMID: 26277863.

[6] Cleland JG, Daubert JC, Erdmann E, Freemantle N, Gras D, Kappenberger L, Tavazzi L; Cardiac Resynchronization-Heart Failure (CARE-HF) Study Investigators. The effect of cardiac resynchronization on morbidity and mortality in heart failure. N Engl J Med. 2005 Apr 14;352(15):1539-49. doi: 10.1056/NEJMoa050496. Epub 2005 Mar 7. PMID: 15753115.

[7] Schrage B, Uijl A, Benson L, Westermann D, Ståhlberg M, Stolfo D, Dahlström U, Linde C, Braunschweig F, Savarese G. Association Between Use of Primary-Prevention Implantable Cardioverter-Defibrillators and Mortality in Patients With Heart Failure: A Prospective Propensity Score-Matched Analysis From the Swedish Heart Failure Registry. Circulation. 2019 Nov 5;140(19):1530-1539. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.119.043012. Epub 2019 Sep 3. PMID: 31476893.

[8] Zabel M, Willems R, Lubinski A, Bauer A, Brugada J, Conen D, Flevari P, Hasenfuß G, Svetlosak M, Huikuri HV, Malik M, Pavlović N, Schmidt G, Sritharan R, Schlögl S, Szavits-Nossan J, Traykov V, Tuinenburg AE, Willich SN, Harden M, Friede T, Svendsen JH, Sticherling C, Merkely B; EU-CERT-ICD Study Investigators. Clinical effectiveness of primary prevention implantable cardioverter-defibrillators: results of the EU-CERT-ICD controlled multicentre cohort study. Eur Heart J. 2020 Sep 21;41(36):3437-3447. doi: 10.1093/eurheartj/ehaa226. PMID: 32372094; PMCID: PMC7550196.

[9] Gigli M, Merlo M, Graw SL, Barbati G, Rowland TJ, Slavov DB, Stolfo D, Haywood ME, Dal Ferro M, Altinier A, Ramani F, Brun F, Cocciolo A, Puggia I, Morea G, McKenna WJ, La Rosa FG, Taylor MRG, Sinagra G, Mestroni L. Genetic Risk of Arrhythmic Phenotypes in Patients With Dilated Cardiomyopathy. J Am Coll Cardiol. 2019 Sep 17;74(11):1480-1490. doi: 10.1016/j.jacc.2019.06.072. PMID: 31514951; PMCID: PMC6750731.

[10] Klem I, Klein M, Khan M, Yang EY, Nabi F, Ivanov A, Bhatti L, Hayes B, Graviss EA, Nguyen DT, Judd RM, Kim RJ, Heitner JF, Shah DJ. Relationship of LVEF and Myocardial Scar to Long-Term Mortality Risk and Mode of Death in Patients With Nonischemic Cardiomyopathy. Circulation. 2021 Apr 6;143(14):1343-1358. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.120.048477. Epub 2021 Jan 22. PMID: 33478245.