Attenzione all’attività fisica negli ambienti inquinati
di Simone Budassi
15 Giugno 2021

Il progressivo spopolamento delle zone rurali in favore dei grandi centri urbani è una tendenza che accomuna i paesi occidentali da decenni e che si sta affermando sempre di più anche nei paesi emergenti come Cina e India. Benché ormai sia chiara l’importanza dell’attività fisica regolare nel miglioramento della qualità della vita, in particolare contribuendo alla riduzione del rischio cardiovascolare globale [1,2], conosciamo ancora poco sull’effetto nocivo dell’esposizione all’inquinamento atmosferico quando l’attività fisica (PA) è praticata all’aperto.

In questo studio Kim SR e colleghi [3] hanno analizzato una corte nazionale sudcoreana di pazienti sani, di età compresa tra 20 e 39 anni sottoposti a visite mediche di screening. Gli individui di cui si conoscevano i dati sui livelli di pulviscolo (PM) 2.5 e PM 10 nell’area di residenza sono stati arruolati nello studio. Utilizzando le risposte ai questionari somministrati durante le visite di routine gli autori hanno estratto la frequenza di attività fisica settimanale leggera, moderata o di intensità vigorosa, valutata in METs (rispettivamente 2.9/4.0/7.0). Sono stati calcolati i MET-min/week per ogni tipo di PA dividendo la coorte in quattro gruppi di soggetti che svolgevano una PA di 0 MET-min/week, 1-499 MET-min/week, 500-999 MET-min/week, >1000 MET-min/week. I livelli di esposizione all’inquinamento ambientale sono stati categorizzati in basso-moderato o alto. Gli autori hanno condotto una regressione proporzionale di Cox per valutare l’hazard ratio per malattie cardiovascolari (incluso malattia coronarica e stroke) correlato all’effetto combinato del livello di attività fisica e all’esposizione all’inquinamento ambientale. I risultati sono stati aggiustati per età sesso, reddito, abitudine tabagica, consumo d’alcool, BMI, pressione arteriosa, glicemia, colesterolemia. Inoltre, i pazienti sono stati sottoposti a quattro diversi tipi di sensitivity analyses: nella prima sono stati esclusi soggetti con ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia e fibrillazione atriale, eliminando così la potenziale influenza dei comuni fattori di rischio cardiovascolare sui risultati. Nella seconda analisi, sono stati aggiunti i soggetti con < 2 giorni di ospedalizzazione per disturbi cardiovascolari. Nella terza l’analisi è stata condotta aggiustando per abitudine al fumo, consumo d’alcool, BMI, pressione arteriosa sistolica, glicemia, colesterolemia. Da ultimo gli autori hanno creato un modello statistico analizzando i singoli fattori determinanti l’inquinamento e un modello che analizzasse entrambi insieme (PM2.5 e PM10). In tutte le sotto analisi i risultati erano in linea con quelli principali.

Possiamo definire attesi i risultati nel gruppo esposto a basso-moderato inquinamento che eseguiva un’attività fisica > 1000 MET-min/week, infatti questi soggetti avevano un rischio minore di eventi cardiovascolari rispetto a quelli che riducevano la loro PA a 1-499 MET-min/week (PM 10 aHR 1.22; 95% IC 1-1.48) o a 0 MET-min/week (PM 10 aHR 1.38; 95% IC 1.07-1.78) (P<0.01). Viceversa, i pazienti che passavano da inattivi ad una PA > 1000 MET-min/week mostravano un ridotto rischio di malattia cardiovascolare (PM 2.5 aHR 0.73; 95% IC 0.52-1.03; p0.04). Il risultato innovativo di questa ricerca riguarda gli individui esposti ad elevati livelli di inquinamento; questi soggetti infatti avevano un rischio aumentato di malattia cardiovascolare all’aumentare dell’attività fisica. In particolare quando l’attività fisica superava i > 1000 MET-min/week (PM 2.5 aHR 1.33; 95% CI 0.96-1.84), l’inquinamento vanificava gli effetti benefici dell’attività fisica sulla riduzione del rischio cardiovascolare.

Questo studio ha notevoli punti di forza, primo fra tutti il grande sample size e secondo la natura real world del campione esaminato. Il primo risultato ottenuto è in linea con studi già pubblicati [4-5]. La novità di questo lavoro sta nell’analisi della popolazione di giovani adulti esposti ad elevati livelli di inquinamento: in questi soggetti, infatti, l’aumento della PA sopra a 1000 MET-min/week portava ad un aumentato rischio di malattia cardiovascolare. L’aumento di PA, protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari, portava nella popolazione esaminata anche ad un aumento dell’esposizione a sostanze inquinanti, anch’essa dannosa per il sistema cardiocircolatorio, risultando globalmente in un aumento del rischio di malattia cardiovascolare in questi soggetti.  La spiegazione potrebbe essere ricercata nella quantità di PM 2.5-10 che vengono inalati durante le profonde inspirazioni che si hanno durante attività fisica ad elevata intensità [6-7]. In particolare la patogenesi vede il PM 2.5 come protagonista incontrastato: le sue minuscole dimensioni gli consentono un rapido assorbimento nel circolo causando vasocostrizione, disfunzione endoteliale, aumento della pressione arteriosa e dell’aggregazione piastrinica ed il successivo deposito in organi target [8]. 

Come si potrebbe ovviare a questi effetti negativi? I paesi occidentali stanno già adottando politiche green di decarbonizzazione, con accordi bilaterali che porteranno a riduzione dei livelli di inquinamento, ma che richiederanno anni per portare effetti sulla popolazione generale. Nell’attesa, ciò che ognuno di noi può fare è svolgere attività fisica in luoghi chiusi dotati di sistemi di filtraggio ambientali o sfruttare i “polmoni verdi” presenti nelle nostre città.

Bibliografia

  1. Schnohr P, Lange P, Scharling H, Jensen JS. Long-term physical activity in leisure time and mortality from coronary heart disease, stroke, respiratory diseases, and cancer. The Copenhagen City Heart Study. Eur J Cardiovasc Prev Rehabil. 2006 Apr;13(2):173-9. doi: 10.1097/01.hjr.0000198923.80555.b7. PMID: 16575269.
  2. Piercy KL, Troiano RP, Ballard RM, Carlson SA, Fulton JE, Galuska DA, George SM, Olson RD. The Physical Activity Guidelines for Americans. JAMA. 2018 Nov 20;320(19):2020-2028. doi: 10.1001/jama.2018.14854. PMID: 30418471.
  3. Kim SR, Choi S, Kim K, Chang J, Kim SM, Cho Y, Oh YH, Lee G, Son JS, Kim KH, Park SM. Association of the combined effects of air pollution and changes in physical activity with cardiovascular disease in young adults. Eur Heart J. 2021 Mar 29:ehab139. doi: 10.1093/eurheartj/ehab139. Epub ahead of print. PMID: 33780974.
  4. Yu IT, Wong TW, Liu HJ. Impact of air pollution on cardiopulmonary fitness in schoolchildren. J Occup Environ Med. 2004 Sep;46(9):946-52. doi: 10.1097/01.jom.0000139871.50524.f6. PMID: 15354060.
  5. Kubesch N, De Nazelle A, Guerra S, Westerdahl D, Martinez D, Bouso L, Carrasco-Turigas G, Hoffmann B, Nieuwenhuijsen MJ. Arterial blood pressure responses to short-term exposure to low and high traffic-related air pollution with and without moderate physical activity. Eur J Prev Cardiol. 2015 May;22(5):548-57. doi: 10.1177/2047487314555602. Epub 2014 Oct 17. PMID: 25326542.
  6. Strak M, Boogaard H, Meliefste K, Oldenwening M, Zuurbier M, Brunekreef B, Hoek G. Respiratory health effects of ultrafine and fine particle exposure in cyclists. Occup Environ Med. 2010 Feb;67(2):118-24. doi: 10.1136/oem.2009.046847. Epub 2009 Sep 22. PMID: 19773283.
  7. Giles LV, Koehle MS. The health effects of exercising in air pollution. Sports Med. 2014 Feb;44(2):223-49. doi: 10.1007/s40279-013-0108-z. PMID: 24174304.
  8. Brook RD, Rajagopalan S, Pope CA 3rd, Brook JR, Bhatnagar A, Diez-Roux AV, Holguin F, Hong Y, Luepker RV, Mittleman MA, Peters A, Siscovick D, Smith SC Jr, Whitsel L, Kaufman JD; American Heart Association Council on Epidemiology and Prevention, Council on the Kidney in Cardiovascular Disease, and Council on Nutrition, Physical Activity and Metabolism. Particulate matter air pollution and cardiovascular disease: An update to the scientific statement from the American Heart Association. Circulation. 2010 Jun 1;121(21):2331-78. doi: 10.1161/CIR.0b013e3181dbece1. Epub 2010 May 10. PMID: 20458016.