Terapia antitrombotica e mortalità nei pazienti con malattia aterosclerotica
di Alessandro Battagliese
13 Luglio 2021

La maggior parte degli eventi ischemici in pazienti con malattia coronarica, malattia vascolare periferica o malattia cerebrovascolare sono la risultante di eventi trombotici e/o embolici derivanti da placche aterosclerotiche instabili.

La terapia antitrombotica con farmaci inibitori piastrinici e/o anticoagulanti è efficace per la prevenzione delle sindromi coronariche acute, dell’ictus ischemico o dell’attacco ischemico transitorio, dell’ischemia critica degli arti o dell’amputazione; riduce il rischio di occlusione vascolare acuta dopo rivascolarizzazione percutanea o chirurgica; e riduce la mortalità cardiovascolare.

Una strategia terapeutica più aggressiva con farmaci più potenti, solitamente combinati tra loro, è spesso impiegata in contesti acuti, quando il rischio di trombotico supera il rischio emorragico, mentre regimi meno intensivi sono preferiti nella fase cronica, quando vi è maggior attenzione per la sicurezza e tollerabilità del trattamento farmacologico impiegato.

La duplice terapia antiaggregante riduce l’incidenza di eventi tromboembolici durante i primi 90 giorni dopo un ictus ischemico acuto o un attacco ischemico transitorio  ed entro i primi 12 mesi dopo una sindrome coronarica acuta; meno chiaro e definito è il beneficio di questo trattamento a lungo termine. Al di là della fase acuta, la terapia convenzionale per i pazienti con malattia aterosclerotica cronica prevede una singola terapia anti aggregante piastrinica  solitamente con aspirina o clopidogrel.

Nonostante la terapia anti aggregante più di un 5% di pazienti ogni anno manifestano eventi ischemici ricorrenti o muoiono per cause vascolari.

Nello studio COMPASS (Cardiovascular Outcomes for People Using Anticoagulant Strategies), la combinazione di rivaroxaban 2,5 mg di due volte al giorno e 100 mg di aspirina una volta al giorno rispetto alla sola aspirina  ha ridotto significativamente l’end-point primario, un composito di morte cardiovascolare (CV), ictus , o infarto miocardico (IM), del 24% in  pazienti con coronaropatia (CAD) e/o arteriopatia periferica (PAD) cronica. Lo studio è stato interrotto prematuramente per eccesso di beneficio.

Nell’ultimo numero di JACC è stata pubblicata una sottonalisi dello studio COMPASS in cui sono stati esplorati gli effetti  della combinazione rivaroxaban 2,5 in doppia somministrazione/aspirina rispetto alla sola aspirina sulla mortalità totale e cardiovascolare,  effettuando un’analisi per sottogruppi di rischio.

La morte cardiovascolare veniva definita in assenza di cause certamente cardiovascolari ( ad esempio neoplasia…) e comprendeva la morte secondaria ad infarto, ictus, scompenso cardiaco, quella secondaria a complicanze di procedure cardiovascolari ed infine la morte improvvisa non correlata ad eventi non cardiovascolari.

La morte cardiovasccolare veniva definita in assenza dei criteri precedentemente descritti e veniva distinta in oncologica, respiratoria, renale, traumatica, gastrointestinale, epatica, infettiva ed emorragica (ad eccezione di quella secondaria ad ictus emorragico).

Su un totale di 18278 pazienti il 3,8% (691 pazienti) è deceduto. Il follow up medio è stato di 23 mesi con un massimo di 47 mesi.

La combinazione di rivaroxaban e aspirina rispetto alla sola aspirina ha ridotto la mortalità del 18% (3,4% vs 4,1%; HR: 0,82; 95% CI: 0,71-0,96; P = 0,01). La combinazione ha anche ridotto significativamente la mortalità CV (1,7% vs 2,2%; HR 0,78; 95% CI: 0,64-0,96; P= 0,02) ma non la morte non CV (1,7% vs 1,9%; HR 0,87; 95% CI : 0,70-1,08; P 1/4 0,20). L’efficacia dell’associazione rivaroxaban/aspirina (rispetto alla sola aspirina) era coerente per tutti i tipi di morte CV ad eccezione di quella secondaria a scompenso cardiaco verosimilmente perché causata molto spesso da deficit contrattile del cuore e/o da aritmie.

E’ stata effettuata una stratificazione per sottogruppi a rischio crescente in base all’età, al numero di distretti vascolari coinvolti, al grado di compromissione renale e alla presenza o assenza di insufficienza cardiaca o diabete. L’efficacia dell’ associazione rivaroxaban/aspirina rispetto alla sola aspirina è risultata coerente in tutti i sottogruppi di rischio, ma i benefici sulla mortalità assoluta erano maggiori nella popolazione a rischio più elevato con un number need to treat (NNT) che passava da 236 nei pazienti a più basso rischio (un solo fattore di rischio) a 19 nel sottogruppo con 3 o più fattori di rischio.

Ovviamente nella popolazione di pazienti in terapia di associazione si assisteva ad un aumento di incidenza dei sanguinamenti maggiori (prevalentemente gastrointestinali) non fatali come nello studio originale, in assenza di significativo aumento dei sanguinamenti fatali e intracranici e con un beneficio clinico netto comunque favorevole.  

Considerazioni

La riduzione di mortalità ottenuta con il trattamento combinato di  rivaroxaban 2,5 mg bis in die e aspirina 100 mg  è spiegata prevalentemente da una riduzione della mortalità CV e questo sottolinea in maniera inequivocabile il ruolo importantissimo della terapia antitrombotica nei pazienti con CAD o PAD cronici.

Anche nello studio ATLAS ACS-2–TIMI 51 il beneficio sulla mortalità con 2,5 mg di rivaroxaban due volte al giorno era prevalentemente a carico della mortalità CV senza una riduzione significativa della mortalità non CV.

Sia in COMPASS che in ATLAS ACS-2-TIMI 51, i sanguinamenti fatali erano molto meno comuni degli eventi ischemici fatali e non erano significativamente aumentati con l’uso bassi dosaggio di rivaroxaban.

Nello studio COMPASS  rivaroxaban da solo non è risultato superiore all’aspirina, e né rivaroxaban da solo né dabigatran da solo si sono dimostrati più efficaci della terapia antipiastrinica in pazienti con ictus embolico di origine incerta.

Questi risultati suggeriscono che la sinergia di inibizione sia delle proteine ​​della coagulazione (trombina) che delle piastrine può aiutare a massimizzare i benefici della terapia antitrombotica a lungo termine nei pazienti con malattia vascolare aterotrombotica cronica.

Pertanto la strategia più efficace nel trattamento del paziente con malattia aterosclerotica cronica e che non necessiti di terapia anticoagulante orale per la presenza di fibrillazione atriale o tromboembolia venosa e/o polmonare o di diverso regime antiaggregante sembrerebbe l’associazione di basse dosi di anticoagulante e singola terapia antiaggregante a sottolineare come sia importante   non solo l’intensità del trattamento ma anche la diversificazione dello stesso attraverso l’inibizione di più meccanismi  fisiopatologici.

Resta da capire, anche alla luce delle recenti evidenze che sembrerebbero conferire un vantaggio di clopidogrel rispetto ad aspirina in pazienti con malattia coronarica cronica già sottoposti ad impianto di stent, una strategia con singolo anticoagulante a basso dosaggio e clopidogrel possa dare un vantaggio ulteriore.

Sono necessari ulteriori studi per poter definire con maggior precisione quale sia la strategia migliore nel paziente vasculopatico e coronaropatico dopo 12 mesi dalla sindrome coronarica acuta; continuare una duplice terapia a lungo termine o passare ad associazione anticoagulante a basso dosaggio/antiaggregante.  

In conclusione  questa sottoanalisi dello studio COMPASS ha mostrato che la combinazione di rivaroxaban a basso dosaggio e aspirina riduce in maniera significativa la mortalità totale ed in particolare quella cardiovascolare rispetto alla sola aspirina in pazienti con malattia aterosclerotica diffusa, beneficio che diventa ancor più netto nei pazienti a più elevato rischio. Questa riduzione della mortalità dovrebbe essere considerata quando si valuta la scelta di terapie antitrombotiche di prevenzione secondaria a lungo termine in pazienti con CAD e/o PAD croniche.

Bibliografia consigliata

  • John W. Eikelboom, MBBS,a,b,c Deepak L. Bhatt, MD,d Keith A.A. Fox et al. Mortality Benefit of Rivaroxaban Plus Aspirin in Patients With Chronic Coronary or Peripheral Artery Disease. J Am Coll Cardiol 2021;78:14–23
  • Bosch J, Eikelboom JW, Connolly SJ, et al. Rationale, design, and baseline characteristics of participants in the Cardiovascular Outcomes for People Using Anticoagulation Strategies (COM- PASS) trial. Can J Cardiol 2017;33:1027–35.
  • Mega JL, Braunwald E, Wiviott SD, et al., ATLAS ACS 2–TIMI 51 Investigators. Rivaroxaban in patients with a recent acute coronary syndrome. N Engl J Med 2011;366:9–19.