IL CAFFÈ E IL CUORE. RISCHI, BENEFICI E MALATTIE CARDIOVASCOLARI
di Antonella Labellarte
25 Novembre 2013

Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo. In America l’assunzione di caffè è seconda solo all’acqua, ogni giorno ne vengono consumate più di 400 milioni di tazze, consumo che riguarda due americani adulti su tre. Su un recente numero di Journal of American College of Cardiology è stato pubblicato uno studio che fa il punto sugli effetti del consumo di caffè sulla salute e in particolare sulle malattie cardiovascolari.
Il caffè è una miscela di diverse centinaia di componenti. Il più famoso è la caffeina, potente stimolante e broncodilatatore, ma vi sono altri componenti con attività biologica nota quali ad esempio i diterpeni, cafestolo e cafeolo, che possono provocare un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue e l’acido clorogenico che ha effetti anti infiammatori e anti ossidanti.

La caffeina rimane ad oggi la sostanza più studiata. Il contenuto in caffeina in una tazza o nostra “tazzina di caffè” è assai variabile e dipende ovviamente dalle dimensioni del recipiente, ma anche dalla miscela originaria e dalla modalità di preparazione. Una tazza “standard” di caffè in America (8 oz equivalenti a circa 236 ml) contiene dai 95 ai 200 mg di caffeina, ma recipienti più grandi arrivano a contenerne fino a 300 mg. La abituale nostra tazzina di caffè ha un contenuto in caffeina che può variare tra 30 e 170 mg. Un “decaffeinato” contiene circa 3 mg di caffeina.
Le due varietà più consumate di caffè sono l’Arabica e la Robusta: nella prima la percentuale di caffeina è compresa tra 0.8 e 1.4%, nella seconda tra 1.7 e 4%.
Ecco a seguire una serie di osservazioni documentate nello studio con numerosi dati sugli effetti biologici del caffè:

Caffè e pressione alta
Il consumo di caffè è stato associato ad un incremento acuto della pressione arteriosa in soggetti che non assumevano caffeina ma esercita effetti trascurabili sui valori pressori dei consumatori abituali. L’effetto acuto è infatti transitorio e con l’assunzione abituale si instaura una tolleranza all’attività biologica della caffeina.

Caffè e sensibilità all’insulina


E’ stato dimostrato che gli antiossidanti contenuti nel caffè come l’acido clorogenico migliorano il metabolismo del glucosio e la sensibilità all’insulina. La caffeina migliora il trasporto insulino-indipendente del glucosio nei muscoli scheletrici. Complessivamente vi sono dati che dimostrano una relazione lineare tra consumo di caffè e ridotta comparsa di diabete mellito di II tipo.

Caffè e colesterolo
I diterpeni del caffè aumentano i livelli di colesterolo nel sangue. Va sottolineato che le concentrazioni di questi composti dipendono soprattutto dalla modalità di preparazione del caffè. Il caffè bollito (ad esempio il caffè turco) ha elevate concentrazioni di cafestolo e cafeolo poichè essi vengono estratti dai chicchi di caffè nel contatto prolungato con l’acqua. Nel caffè preparato per infusione e filtrato il contenuto di diterpeni è molto ridotto e gli studi non hanno dimostrato un impatto significativo sui livelli di colesterolo totale e LDL.

Caffè e cardiopatia ischemica
Studi ormai datati avevano suggerito che il caffè potesse avere degli effetti avversi sull’ apparato cardiovascolare, fino ad incrementare il rischio di infarto del miocardio. L’analisi di questi studi e dei fattori potenzialmente confondenti dimostrano ad oggi che il rischio di mortalità cardiaca e per tutte le cause appare ridotto nei consumatori abituali di caffè. Diversi studi hanno poi rilevato che nei pazienti già affetti da cardiopatia ischemica l’assunzione di caffè non è dannosa e nel post-infarto l’ingestione acuta non si associa ad un incremento delle aritmie.

Caffè e aritmie

I dati che collegano l’assunzione di caffè con la comparsa di aritmie sono ad oggi inconsistenti. Anzi, paradossalmente, il consumo di caffè sembra avere un effetto protettivo a lungo termine. L’ipotesi del meccanismo alla base di questa potenziale protezione prende in considerazione la capacità della caffeina di inibire il rilascio di adenosina nel cuore così come fa nel cervello: nel cuore potrebbe mitigare l’effetto dell’adenosina endogena di accorciare il periodo refrattario atriale e ventricolare e rendere il cuore quindi meno suscettibile alle aritmie.

Complessivamente un numero crescente di dati oggi testimonia l’effetto neutrale se non benefico del consumo abituale di caffè (due tre tazze al giorno) sul rischio di malattie cardiovascolari. I potenziali benefici includono anche la protezione verso alcune malattie neurodegenerative (Demenza di Alzheimer, Morbo di Parkinson), un migliore controllo dell’asma e un rischio ridotto di alcune malattie gastrointestinali.

Fonti:
James H. O’Keefe, Salman K. Bhatti, Harshal R. Patil, James J. Di Nicolantonio, Sean C. Lucan, Carl J. Lavie. Effects of Habitual Coffee Consumption on Cardiometabolic Disease, Cardiovascular Health, and All-Cause Mortality J Am Coll Cardiol. 2013;62(12):1043-1051

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma