Tecniche di Imaging Intracoronarico per Ottimizzare l’Angioplastica Coronarica: Mai Più Senza.
di Flavio Giuseppe Biccirè - Francesco Prati
29 Agosto 2023

L’angioplastica con impianto di stent è riconosciuta come uno dei principali progressi nel campo della medicina, rappresentando un metodo sicuro e in grado di aumentare la sopravvivenza, ridurre i tassi di infarto miocardico e migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia coronarica. Tuttavia, nonostante anni di ricerca e miglioramento delle tecniche, questo intervento non è ancora esente da complicanze, con circa il 10% dei pazienti che incorrono in complicanze e fallimento dell’intervento al follow-up, tra cui re-stenosi dello stent, trombosi e nuovo infarto del vaso trattato.

Ma come migliorare i risultati dell’angioplastica coronarica? La risposta, che appare definitiva, è arrivata nella prima mattinata dello scorso 27 Agosto dal Congresso della Società Europea di Cardiologia, tenutosi ad Amsterdam, dove i risultati di 3 studi randomizzati internazionali e una metanalisi aggiornata hanno mostrato i benefici dell’utilizzo di tecniche di imaging intracoronarico nel ridurre il tasso di complicanze e mortalità dei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica.

Quello che appare evidente quando si procede ad intervento coronarico percutaneo è che bisogna valutare attentamente se lo stent è stato impiantato correttamente. Ma come valutarlo? Storicamente, i cardiologi interventisti hanno da sempre valutato il risultato dell’impianto di stent tramite l’angiografia coronarica (figura centrale, lato destro), una tecnica di comune praticità e a basso costo in quanto utilizzata anche per effettuare la coronarografia diagnostica. Questa metodica però, non permette una visualizzazione diretta della parete del vaso, bensì il suo “negativo” fotografico tramite una visualizzazione del lume coronarico (figura centrale, lato destro). Lo stent, radiopaco, può essere visualizzato, ma con una limitata risoluzione della sua struttura e, soprattutto, della sua interazione con la parete del vaso dove è stato impiantato.

Negli ultimi anni, nuove metodiche di imaging intracoronarico, l’ecografia intravascolare (IVUS) e la tomografia a coerenza ottica (OCT), hanno consentito di valutare dall’interno le placche coronarie e l’impianto di stent (figura centrale, lato sinistro). Grazie alla loro risoluzione, sono stati identificati i fini meccanismi associati a complicanze e a peggiori risultati a breve-lungo termine dell’impianto di stent1. Tuttavia, l’utilizzo di queste metodiche richiede tempo e costi aggiuntivi, e prima di raccomandarne l’utilizzo routinario sono necessari dati che ne dimostrino il reale beneficio in termini di riduzione della mortalità e complicanze rispetto all’utilizzo della sola angiografia coronarica.

Al Congresso della Società Europea di Cardiologia, sono stati presentati due trials (OCTOBER, ILUMIEN IV) e una metanalisi che hanno indagato la superiorità dell’imaging intracoronarico rispetto alla sola angiografia.

Lo studio OCTOBER2, pubblicato simultaneamente sul New England Journal of Medicine (NEJM), ha dimostrato la superiorità dell’OCT rispetto alla sola angiografia nel guidare gli interventi coronarici complessi come quelle che coinvolgono più di un ramo coronarico principale (biforcazioni). In 1201 partecipanti, gli Autori hanno dimostrato che l’utilizzo dell’OCT è in grado di diminuire gli eventi avversi rispetto alla sola angiografia, con una riduzione del tasso composito di morte cardiaca, infarto target e rivascolarizzazione target del 30%. Durante l’arruolamento, gli operatori coinvolti nello studio hanno controllato ogni step del loro intervento con immagini OCT, risultando in un intervento più lungo, ma anche più efficace e con una riduzione della mortalità di circa il 50%.

Nel trial ILUMIEN IV3, anch’esso pubblicato simultaneamente sul NEJM, in 2487 pazienti arruolati in 18 paesi differenti, tra cui l’Italia, l’utilizzo dell’OCT rispetto alla sola angiografia ha ridotto significativamente l’incidenza di trombosi di stent ma non il composito di morte cardiaca, infarto e rivascolarizzazione. La mancata significatività dell’endpoint composito raggiunta in questo trial può essere spiegata da diversi motivi. Primo, va sottolineato che la complessità della procedura era ridotta rispetto a quella dell’OCTOBER trial, ma anche del RENOVATE-COMPLEX-PCI Trial, uno studio sudcoreano pubblicato sul NEJM nella prima metà del 2023, e che ha mostrato una netta superiorità di imaging con IVUS o OCT nei confronti della sola angiografia in rivascolarizzazione di lesioni complesse come tronco comune, lesioni prossimali, biforcazioni e calcifiche. A differenza di questi trials, l’ILUMIEN IV ha arruolato pazienti più “a basso rischio”, in cui la presenza di queste caratteristiche ad alto rischio era poco rappresentata (0% tronchi comuni, 10% lesioni calcifiche, 7% occlusioni croniche, 3% biforcazioni). Inoltre, la mancata superiorità del braccio OCT è stata guidata da un tasso molto basso di rivascolarizzazione, di solito alto nei trials, probabilmente perché buona parte del reclutamento è avvenuta durante la pandemia Sars-Cov-2, quando i tassi di ricovero ospedaliero (e dunque delle rivascolarizzazioni in elezione) sono drasticamente diminuiti per via dell’emergenza.

I risultati raggiunti dai nuovi e precedenti trials sono stati poi uniti tutti insieme in un’unica metanalisi network presentata dal dott. Gregg W. Stone alla fine della sessione4. L’analisi complessiva ha compreso 12428 pazienti provenienti da circa 20 trials differenti, e ha mostrato come la guida dell’angioplastica tramite imaging (sia esso IVUS che OCT) sia nettamente superiore rispetto alla sola angiografia, essendo in grado di ridurre del 50% la mortalità per cause cardiache, del 50% la trombosi intra-stent, del 20% l’infarto proveniente dl segmento stentato, e del 30% l’incidenza complessiva di morte, infarto miocardico e rivascolarizzazione.

I dati presentati al Congresso Europeo di Cardiologia, (riguardanti l’utilizzo della metodica OCT in una popolazione occidentale) si sono aggiunti a quelli già positivi dei precedenti trials presenti in letteratura, ottenuti con metodica IVUS oppure OCT prevalentemente su popolazioni del sudest asiatico (Cina, Giappone, Sud Corea), dove queste metodiche sono già ampiamente utilizzate e incoraggiate dai sistemi sanitari.

L’analisi complessiva e individuale delle evidenze prodotte fino a questo momento appare chiara: l’utilizzo di queste metodiche è raccomandato ai fini di migliorare la prognosi dei pazienti con coronaropatia sottoposti ad intervento di angioplastica coronarica con impianto di stent, soprattutto se complesso. I risultati più neutri sono stati raggiunti da trial su angioplastiche meno complesse. Dunque, uno screening del tipo di anatomia coronarica e della complessità della lesione da trattare (tronco comune, biforcazione, lesione calcifica, occlusione cronica, lesioni lunghe >3 cm) può aiutare a identificare i pazienti che possono beneficiare di più dall’aiuto di queste tecnologie.

La metodica OCT ha il vantaggio di avere una risoluzione 10 volte maggiore quella dell’IVUS, risultando più accurata nella valutazione della composizione della placca e delle maglie dello stent, a discapito però di una minore profondità dell’immagine, di un utilizzo maggiore di mezzo di contrasto e mancata visualizzazione dei segmenti più prossimali (ostiali) delle arterie coronarie. Più che mutualmente esclusive, queste due metodiche sono complementari e l’uso di una piuttosto che dell’altra dipende dal singolo caso e l’expertise del centro. La non superiorità dell’una piuttosto che dell’altra è stata ulteriormente confermata da un altro trial randomizzato presentato al congresso, l’OCTIVUS, il quale ha riportato risultati simili ottenuti dalle due metodiche se confrontate direttamente l’una contro l’altra5.

Il mondo dell’imaging ha parlato: l’utilizzo di metodiche di imaging intracoronarico è indispensabile ai fini di migliorare il risultato dell’angioplastica coronarica e aumentare la prognosi dei pazienti sottoposti a intervento, soprattutto se complesso. Se verrà ascoltato definitivamente dipenderà da altri aspetti fondamentali, tra cui l’approvazione da parte delle linee guida internazionali e, non ultimo, la rimborsabilità economica di queste tecnologie.

Bibliografia

1.Prati F, Romagnoli E, Biccirè FG, et al. Clinical outcomes of suboptimal stent deployment as assessed by optical coherence tomography: long-term results of the CLI-OPCI registry. EuroIntervention : journal of EuroPCR in collaboration with the Working Group on Interventional Cardiology of the European Society of Cardiology 2022;18:e150-e7.

2.Holm NR, Andreasen LN, Neghabat O, et al. OCT or Angiography Guidance for PCI in Complex Bifurcation Lesions. New England Journal of Medicine 2023.

3.Ali ZA, Landmesser U, Maehara A, et al. Optical Coherence Tomography-Guided versus Angiography-Guided PCI. The New England journal of medicine 2023.

4.Stone GW et al. European Society of Cardiology Congress 2023, Amsterdam, Netherland.

5.Kang DY, Ahn JM, Yun SC, et al. Optical Coherence Tomography-Guided or Intravascular Ultrasound Guided Percutaneous Coronary Intervention: The OCTIVUS Randomized Clinical Trial. Circulation 2023.