Novità dall’ESC 2023 – Il valore aggiunto del pacing biventricolare nello scompenso cardiaco con funzione sistolica ridotta: il BUDAPEST CRT Upgrade Trial
di Filippo Brandimarte
05 Settembre 2023

Approssimativamente 1 milione di dispositivi tra pacemaker e defibrillatori sono impiantati nel mondo ogni anno. Circa il 30% di questi pazienti sviluppa nel medio-lungo termine disfunzione sistolica ventricolare sinistra dovuta a dissincronia ventricolare indotta dalla stimolazione cronica ventricolare destra. Questa condizione porta ad un aumento dei ricoveri per scompenso cardiaco. Nei pazienti con scompenso cardiaco e disfunzione sistolica i potenziali benefici di un upgrade a pacing biventricolare attraverso l’aggiunta di un elettrocatetere nel seno coronarico per la stimolazione ventricolare sinistra non è chiara se non in quelli con blocco di branca sx al tracciato di base. A causa della mancanza di dati di qualità derivanti da studi randomizzati, la classe ed il livello di raccomandazioni per l’upgrade a pacing biventricolare è stato modificato diverse volte negli ultimi dieci anni sia nelle linee guida europee che statunitensi. E’ evidente la necessità in tale campo di dati convincenti.

A questo proposito lo scorso 26 agosto 2023, in occasione del congresso della Società Europea di Cardiologia tenutosi ad Amsterdam e nell’ambito delle “Hot Session”, sono stati presentati in anteprima dal professor Béla Merkely della Semmelweis University di Budapest, i dati del trial multicentrico randomizzato BUDAPEST CRT Upgrade, il primo studio a comparare la sicurezza e l’efficacia dell’upgrade a pacing biventricolare rispetto al semplice defibrillatore in pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica ridotta (frazione di eiezione ≤35%) che avevano ricevuto nei 6 mesi precedenti un pacemaker o un defibrillatore con evidenza di stimolazione ventricolare destra intermittente o permanente di almeno il 20%, una classe funzionale II-IV, un QRS stimolato di almeno 150 msec ed in trattamento ottimizzato per lo scompenso cardiaco, indipendentemente dalla presenza o meno di fibrillazione atriale. Sono stati esclusi i pazienti che avevano un’indicazione a pacing biventricolare secondo le ultime linee guida, una severa dilatazione ventricolare destra, una patologia valvolare o renale severa o erano sopravvissuti ad un infarto miocardico o ancora sottoposti a rivascolarizzazione coronarica nei 3 mesi precedenti. I partecipanti allo studio (n=360), arruolati nei 17 centri di 7 paesi, sono stati randomizzati 3:2 ad upgrade a pacing biventricolare (n=215) o defibrillatore (n=145). L’endpoint primario era un composito di ricoveri per scompenso cardiaco, mortalità per tutte le cause e riduzione del volume telediastolico ventricolare di almeno il 15%. Endpoint secondario è stato un composito di ricoveri per scompenso cardiaco, mortalità per tutte le cause e miglioramento di diversi parametri ecocardiografici.

L’età media dei pazienti è stata di circa 73 anni prevalentemente maschi (solo 11% di sesso femminile). Dopo un follow-up medio di circa 1 anno, l’endpoint primario si è verificato nel 32% dei pazienti nel braccio pacing biventricolare e nel 79% dei soggetti nel braccio defibrillatore (odds ratio 0.11; 95% intervallo di confidenza, da 0.06 a 0.19; p<0.001). Similmente, l’endpoint secondario ha favorito la coorte randomizzata a pacing biventricolare (hazard ratio 0.28, 95% intervallo di confidenza, da 0.17 a 0.46; p<0.001). Tra i parametri ecocardiografici si è osservata una riduzione dei volumi telediastolici ventricolari di circa 40 mL (95% intervallo di confidenza, da 51.73 a 26.27; p<0.001) ed un aumento della frazione di eiezione di circa il 10% (95% intervallo di confidenza da 7.55 a 11.98; p<0.001) nel gruppo pacing biventricolare. Il tasso di eventi avversi seri è stato di circa il 30% nel braccio pacing biventricolare rispetto al 60% del braccio defibrillatore mentre il tasso di complicanze collegate alla procedura o al device è stata simile nei 2 gruppi (rispettivamente 12% vs 8%). Infine, anche le aritmie ventricolari maggiori sono state significativamente inferiori nel braccio pacing biventricolare rispetto al braccio defibrillatore (0.5% vs 14.5%).

Lo studio ha dimostrato in maniera convincente la superiorità del pacing biventricolare nei soggetti con scompenso cardiaco a funzione sistolica depressa rispetto al semplice defibrillatore in quanto in questo subset di pazienti è probabile una stimolazione ventricolare destra elevata anche per effetto della terapia medica con betabloccanti. Il Professor Merkely, il ricercatore principale dello studio, ha chiaramente concluso al termine del suo intervento che l’upgrade alla stimolazione biventricolare dovrebbe essere effettuata in tutti questi pazienti rapidamente (e senza attendere ad esempio il cambio del generatore) per ridurre la mortalità, i ricoveri per scompenso o il rimodellamento ventricolare. Inoltre, aggiunge sempre il professor Merkely, lo studio prova che i benefici del pacing biventricolare sono visibili anche nei pazienti in fibrillazione atriale, fatto questo sul quale c’è sempre stato disaccordo. Concorda sostanzialmente anche il dott. Aldo Maggioni durante un incontro con la stampa sebbene manifesti un certo scetticismo sull’entità reale di questi benefici, considerando una percentuale non trascurabile di non responders alla stimolazione biventricolare legata anche all’anatomia del seno coronarico non sempre favorevole per un buon piazzamento dell’elettrocatetere specie nei pazienti con eziologia ischemica.

Bibliografia:

ESC Congress 2023, Amsterdam, Netherlands https://www.escardio.org/The-ESC/Press-Office/Press-releases/Upgrade-to-cardiac-resynchronisation-therapy-benefits-heart-failure-patients-with-pacing