CHA2DS2VASc ed età: 1 non è sempre 1
di Filippo Stazi
01 Giugno 2021

La terapia anticoagulante riduce mortalità e morbidità nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) ed alto rischio di stroke. La selezione dei pazienti ad alto rischio, e quindi da destinare alla terapia anticoagulante, viene comunemente fatta basandosi sul CHADS2 o sul CHA2DS2VASc score. Le linee guida sia ESC che ACC/AHA raccomandano l’anticoagulazione nei pazienti con CHA2DS2VASc score ≥ 2 se uomini e ≥ 3 se donne e suggeriscono di prenderla, quantomeno, in considerazione nel caso di CHA2DS2VASc score = 1 nel sesso forte e = 2 in quello gentile. Altre linee guida, invece, supportano tale terapia già in presenza di un CHA2DS2VASc score ≥ 1 nei maschi e ≥ 2 nelle femmine. La principale discordanza tra le varie linee guida, e la principale area di incertezza che il clinico si trova quindi ad affrontare nella sua pratica clinica, interessa fondamentalmente il comportamento da adottare nei soggetti di età compresa tra 65 e 74 anni e che non presentano altri fattori di rischio. La decisione di iniziare la terapia anticoagulante implica che si ritiene che il rischio tromboembolico del paziente sia superiore al rischio emorragico indotto da tale terapia. E’stato calcolato che la terapia con warfarin ha un rapporto rischio/beneficio conveniente quando il rischio tromboembolico è > 1,7% per anno mentre la terapia con i nuovi anticoagulanti è benefica quando il rischio tromboembolico supera lo 0,9% per anno. Una consapevole scelta sull’anticoagulare o meno i pazienti con età tra 65 e 74 anni e senza altri fattori di rischio, dipende quindi dalla conoscenza dell’entità del loro rischio tromboembolico. Purtroppo i dati disponibili al riguardo sono tutti datati e quindi non necessariamente ancora attendibili, poiché il rischio di stroke dei pazienti fibrillanti, anche senza la terapia anticoagulante, è andato progressivamente riducendosi nel corso degli anni, probabilmente per un miglior controllo di altri fattori di rischio e per l’identificazione di soggetti con un minore burden di FA.

Un contributo a colmare, almeno parzialmente, tale lacuna giunge dallo studio retrospettivo recentemente pubblicato da Abdel-Qadir su JAMA Cardiology (1), che ha appunto cercato di determinare il rischio tromboembolico di una popolazione contemporanea di pazienti di età 65-74 anni, senza altri fattori di rischio per stroke. Lo studio includeva 16.351 pazienti a cui veniva diagnosticata, tra il 2007 e il 2017, la FA e che non erano posti in terapia anticoagulante. L’età media era 70 anni, i due sessi erano equamene rappresentati. 6.314 (38,6% del totale) pazienti nel corso dell’anno successivo alla diagnosi iniziavano la terapia anticoagulante. Erano esclusi i soggetti con meno di 66 anni o più di 74 o con valvulopatia, già in terapia anticoagulante per altri motivi o con altri fattori di rischio tromboembolico compresi nel CHA2DS2VASc score. L’outcome primario dello studio era l’ospedalizzazione per stroke. Il follow up era limitato ad un anno perché considerae un lasso temporale più ampio aumentava la probabilità della comparsa di altri fattori di rischio tromboembolico così compromettendo l’estrema specificità della popolazione presa in considerazione.

Nel corso dell’anno di follow up il rischio complessivo di stroke in questa popolazione, non in terapia anticoagulante, è risultato essere, complessivamente, dell’1,1% (95% CI, 1,0%-1,3%), senza differenze tra uomini e donne. La percentuale si riduceva allo 0,7% (95% CI, 0,6%-0,9%) in coloro che avevano meno di 70 anni. Un primo aspetto che merita di essere sottolineato è la mancanza di differenza del rischio tra i due sessi. Il dato, però, veramente interessante che emerge dallo studio è il progressivo aumento del rischio tromboembolico con l’aumentare dell’età. Tale rischio aumenta infatti di 1.12 volte per ogni incremento di un anno dell’età, complessivamente più che raddoppiando. Si passa così dallo 0,7% dei soggetti con 66 anni all’1.7% dei malati di 74 anni (1.7% CI, 1.3%-2.1%).

Il messaggio che quindi va sottolineato è che, se da un lato la standardizzazione fornita dal CHA2DS2VASc score è senz’altro utile, dall’altro non bisogna però eccedere nell’ipersemplificazione. Un paziente di 66 anni ed uno di 74 anni hanno entrambi lo stesso punteggio CHA2DS2VASc = 1 ma non hanno affatto lo stesso rischio tromboembolico e quindi si beneficiano diversamente della terapia anticoagulante. Il beneficio sarà minore, o forse nullo, per il primo e significativamente maggiore per il secondo. Non tenere conto di questo nella pratica clinica sarebbe un grave errore. Considerare l’età come una variabile continua, quindi, e non come una categoria può facilitare a sanare il contrasto tra le varie linee guida e, soprattutto, consentire quella precision medicine di cui si sente, giustamente, sempre più l’esigenza.

Bibliografia

  1. Abdel-Qadir H, Singh SM, Pang A et al. Evaluation of the risk of stroke without anticoagulation therapy in men and women with atrial fibrillation aged 66 to 74 years without other CHA2DS2VASc factors. JAMA Cardiology doi: 10.1001/jamacardio.2021.1232. Published online May 19, 2021.