MAMMOGRAFIA E CORONARIE. DUBBI E CERTEZZE
di Eligio Piccolo
12 Luglio 2018

Quando non servono più per l’allattamento le mammelle continuano ad avere un ruolo di tutto riguardo, anche dal punto di vista medico.
Non solo perché sono purtroppo la sede di uno dei tumori più frequenti nella donna, ora pare anche nel maschio, da cui la necessità di periodiche mammografie per coglierli in tempo, ma anche perché le loro arterie sono diventate utili per curare e diagnosticare le patologie coronariche.

L’hanno scoperto per primi i cardiochirurghi, che le utilizzano da molti anni per bypassare le coronarie malate e con migliori risultati rispetto ai pezzi di vena prelevati dalle gambe. Ma vi è una nuova scoperta, utile anche ai fini del bypass e che deriva dalle mammografie, nelle quali da tempo si era osservato che tanto più anziane erano le signore tanto più frequenti apparivano le calcificazioni delle diramazioni arteriose nell’interno del seno. Un segnale indiretto di arteriosclerosi che avanza con l’età, e che lì per lì non destò alcuna particolare sorpresa. Fino a quando nuove ricerche con tecniche che vanno in maggiore profondità non mostrarono che anche nelle coronarie del cuore con gli anni e più ancora nelle candidate all’infarto aumentavano i depositi di calcio nelle loro pareti, spia di futuri guai.

Vuoi vedere, pensò il cardiologo, che c’è una correlazione fra le calcificazioni nei due organi, mammelle e cuore, e che l’esame periodico effettuato nelle donne per la profilassi tumorale, potrebbe essere utile anche a smascherare il rischio coronarico?

Presto fatto, dal 2015 nuovi studi di comparazione fra presenza di arterie calcificate alla mammografia e rischio di cardiopatia hanno confermato il sospetto. Precisando che non solo la presenza ma più ancora la loro estensione indicano una “fratellanza” con le coronarie, che va dal 10-12% nelle signore più giovani ma fino al 60-70% nelle meno giovani (oltre i 70 anni).
Naturalmente vi influivano in qualche misura anche la presenza di pressione alta, di diabete e di malattie croniche dei reni. Uno di questi studi ha inoltre specificato che quel reperto mammografico aumentava dal 30-50% il rischio di attacchi o di mortalità coronariche. Infine, che esiste una correlazione valutabile dal 60 al 90% fra il calcio nel seno e quello presente nelle arterie periferiche degli arti inferiori.

Insomma, le arterie tutte, sia pure in modo differente secondo le ubicazioni e i molti fattori ancora sconosciuti, ma proprio perché appartengono allo stesso individuo con tutte le sue predisposizioni genetiche, possono subire gli effetti del processo arteriosclerotico.

Da queste interessanti analisi tuttavia, emerge con sorpresa e a complicarvi la logica un codicillo, uno smoke paradox come direbbe l’anglofilo, cioè un rapporto inverso tra fumatrici e calcificazioni nella tunica media delle arterie mammarie. Come se le sigarette ne attenuassero il rischio anche per le coronarie. Il cui significato però lo lasciamo volentieri agli esegeti delle più arzigogolate fisiopatologie, gli stessi che finora non hanno chiarito il famoso paradosso francese, quello che concede una assoluzione quasi plenaria sul rischio di avere complicazioni coronariche a chi lascia libera la gola ai patè de foi gras e ai confit de canard. Ma non altrettanto volentieri, anzi per nulla lo lasciamo a chi volesse ingraziarsi i tabagisti, perché i danni del fumo spaziano purtroppo su un orizzonte molto più vasto di queste curiose e singolari osservazioni. Cerchiamo quindi di non perdere di vista il quadro generale del nostro benessere.

Ho letto che in una città del nord Europa si sta invitando la popolazione a spengere le luci di sera onde facilitare la visione del cielo stellato, che non vediamo oramai quasi più a causa dei tanti fumi, e che ci rimembra le “Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi…”. E che forse potrebbe aiutarci a non perdere di vista gli orizzonti più vasti.

Eligio Piccolo
Cardiologo