Il QT spiegato, il covid-19 e una strana storia
di Eligio Piccolo
24 Ottobre 2021

Forse confido troppo nella predisposizione del lettore a conoscere i rischi delle aritmie, ma pensando a mia figlia Francesca, così dolce e sensibile nei sentimenti e al tempo stesso attratta dai film dell’orrore, credo che non poche altre persone si possano sentire in un certo senso incuriosite e “riequilibrate” dalla suspence aritmologica, quella che addirittura fa rischiare il fine vita, e sulla quale la cronaca del giorno dopo volentieri ci sfruculia. Visto che alcune nostre scoperte cardiologiche degli ultimi decenni, le quali non dovrebbero oltrepassare la barriera degli addetti ai lavori, già fanno capolino in molti giornali di divulgazione. Il QT è una di queste, esso non è l’acronimo di una malattia, bensì un tratto dell’elettrocardiogramma (ECG) registrabile durante ogni battito del cuore, e che il cardiologo deve misurare quando si accorge che è troppo lungo o troppo corto.
Quando Willem Einthoven, il pioniere, registrò il primo ECG con il suo galvanometro a corda vide nel grafico una successione di ondine che comparivano prima di ogni contrazione; pensò di indicarle con le lettere dell’alfabeto, come si era fatto in fisiologia per altri fenomeni, per i quali erano arrivati alla lettera N. Fu così che alle nuove cinque onde dell’ECG egli assegnò le successive PQRST: la P corrispondente all’attività elettrica degli atri, che si attivano per primi onde rifornire di sangue i ventricoli, i quali poi si esprimono con tutte le altre dalla Q alla T.

Quindi il QT è la durata dell’attivazione dei ventricoli, la maggioranza, che si prende anche la prerogativa di assicurarci la vita, perché la loro assenza comporterebbe la famigerata linea continua, quella del de cuius. La durata del QT si calcola in millisecondi e naturalmente sarà tanto più breve quanto maggiore la frequenza cardiaca. Grossolanamente essa è di circa 300 msec per una frequenza di 100 battiti per minuto e di circa 380 msec quando questa scende a sessanta, con oscillazioni di variabilità normale che il cardiologo apprende da un grafico. Un suo allungamento oltre questa variabilità rischia di dare origine ad aritmie ventricolari pericolose, più raramente e con minore rischio quando il QT è troppo corto.
La più nota da quasi un secolo, è la sindrome del QT lungo congenito, di cui oggi si può dire che sappiamo vita, morte e miracoli, dalla genetica alla terapia, grazie anche ai molti italiani che vi si sono dedicati e che lo continuano a fare, tenendo addirittura un registro internazionale dei pazienti. Meno conosciuti dal pubblico sono gli allungamenti pericolosi del QT causati da situazioni contingenti, quali uno squilibrio ionico del calcio o del potassio nel sangue, una grave insufficienza renale, un’infezione come il Covid-19 o l’azione di alcuni farmaci. L’infezione da coronavirus infatti determina sia per azione diretta sul cuore sia per certi squilibri metabolici, nonché a causa dei farmaci impiegati per combatterla, un aumento del QT e le aritmie indesiderate. Tutte situazioni che il medico, oggi come ieri, conosce bene e tiene sotto controllo, ma che talvolta possono sfuggire, non per sua negligenza, bensì per ragioni che prescindono del suo diretto controllo. Diciamo per la burocrazia, come la storia che vado a raccontarvi, risalendo alle sue origini storiche.
Ai tempi di Luigi XV di Francia Jean-Baptiste de Senac, un medico sprovvisto delle conoscenze che verranno dopo, ma con grande spirito di osservazione, notò nel 1749 che certe “palpitazioni lunghe e ribelli avevano ceduto a questo febbrifugo”, che era l’estratto da una corteccia peruviana, la quinquina, ossia il chinino antidoto della malaria. Allora non si poté andare oltre e si dovette attendere il 1912 quando un altro osservatore di rango, l’olandese Karel Frederik Wenckebach, viaggiando nell’oriente notò un signore, sofferente di fibrillazioni atriali e di malaria, in cui quando assumeva il chinino l’aritmia si troncava “miracolosamente”. Rientrato a Vienna dove operava si mise alla ricerca del fattore antiaritmico componente del chinino, lo individuò e lo classificò come chinidina. Per decenni fu prodotto e usato per lo scopo che aveva indotto la sua scoperta. Ben presto però i medici più accorti si resero conto che, come tutti i farmaci degni di tale nome e non palliativi, anche la chinidina aveva un possibile effetto indesiderato, da tenere nella massima considerazione: allunga il QT e, se viene data a dosi alte o inadeguate per un paziente con QT già ampio di suo, rischia quelle aritmie pericolose, legate appunto al QT lungo. Lo sapevano tutti e tutti prendevano le dovute precauzioni, ma quando i nordamericani lo scopersero in un loro trial, peraltro male impostato, si è scatenato nel mondo farmaceutico un ingrato ripensamento. Una specie di incauta guerra del Vietnam, con meno decessi per fortuna, ma che devo paradossalmente richiamare solo per dare l’idea di una certa loro periodica “superficialità e presunzione”. Poiché la conseguenza di quell’allarmismo, diffuso come pericolosità del farmaco (quando viene somministrato senza le dovute precauzioni), il suo basso costo di vendita e la poca richiesta commerciale, visto che non serve per abbassare il colesterolo, è stata di non essere conveniente continuare a produrlo. Ed è così che scomparve dalle farmacie di molti paesi e che il sottoscritto, assieme a pochi altri, che da 50 anni (!) lo usa con successo per prevenire o troncare una fibrillazione atriale, deve ricorrere alla farmacia del Vaticano, che lo importa dal Sudamerica. Ma recentemente non più.
La storia non avrebbe il suo giusto epilogo se non vi aggiungessi un codicillo meraviglioso: un farmacista di Trieste, di quelli che ricordano ancora la ricettazione galenica dei tempi di Maria Teresa d’Austria, udite le mie difficoltà, si è offerto di confezionare lui stesso la chinidina in capsule, al dosaggio richiesto e al solo costo della materia prima. Avrei potuto tentare in altri paesi come la Francia dove ancora si produce, ma il fascino antico di quella proposta e la gentilezza dell’amico triestino mi hanno conquistato, e sfacciatamente ho detto di sì.


Eligio Piccolo
Cardiologo