FORSE NON TUTTI SANNO CHE… LA DIETA MEDITERRANEA
di Antonella Labellarte
30 Maggio 2012

Già nel 1614 un italiano, Giacomo Castelvetro, modenese, scriveva un “Brieve racconto di tutte le radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti che crudi o cotti in Italia si mangiano.” Precettore, diplomatico, insegnante di italiano pubblicò il suo libro in Inghilterra, sottolineando l’utilizzo di verdure e insalate, cercando anche di spiegare le ragioni del fatto che “gl’Italiani mangino più erbaggi e frutti che carne“:
– La prima è che la bella Italia non è tanto doviziosa di carnaggi quanto è la Francia e questa isola [l’Inghilterra]; perciò a noi fa di mestieri ingegnarci per trovare altre vivande da nutrir cotanta smisurata quantità di persone che si trovano in così piccolo circuito di terra. L’altra [ragione], non men potente di quella già addotta, è per lo caldo grande che nove mesi dell’anno vi fa, che ci fa in guisa venire a noia la carne.– Sottolineava anche l’uso dell’olio d’oliva a condimento.

Pochi anni più tardi anche un dotto medico aquilano, Salvatore Massonio, scriveva “Archidipno, ovvero dell’insalata, e dell’uso di essa”, un’opera in cui descriveva l’utilità delle insalate, i tipi, le quantità e i condimenti da usare.

Arriviamo a giorni del ‘900 a noi più vicini, siamo negli anni ’50: il professor Ancel Keys, statunitense, effettua uno studio, il Seven Countries Study, che porta agli onori della “medicina basata sulle evidenze” (la evidence based medicine) il valore della dieta mediterranea. Si tratta di uno studio comparativo di diversi regimi alimentari condotto su un ampio campione di popolazione in sette Paesi (Finlandia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia). Il risultato è che una dieta ricca in frutta, verdura, cereali, pane, pesce, olio di oliva assicura una migliore condizione cardiovascolare. Peggio andavano gli abitanti dei paesi del Nord Europa il cui regime alimentare era ricco di molti grassi saturi (burro, strutto, carne rossa..). Si dice che Ancel Keys gradisse molto, durante il suo soggiorno a Salerno, la nostrana mozzarella e i pomodori.

Gli americani poi, nel 1993, presentano ad una conferenza presso la Harvard School of Public Health la “Piramide Alimentare” che detta i suggerimenti da seguire per una corretta alimentazione secondo le regole della dieta mediterranea. La piramide ha subito diversi cambiamenti nel corso degli anni, ma il concetto è rimasto. Oggi sul sito del dipartimento americano per l’agricoltura (ChoseMyPlate.gov) compare in bella vista Michelle Obama, la First Lady, accanto ad un piatto suddiviso in quattro sezioni (frutta, vegetali, cereali e proteine) con a lato una piccola porzione di prodotti caseari.
Si, proprio loro, gli stessi americani che hanno sdoganato il “Junk Food”, cibo spazzatura, in tutto il mondo.

Ma sappiamo che sul Mediterraneo si affacciano più di venti Paesi e ciascuno con la propria identità culturale e le proprie tradizioni culinarie: pizza e spaghetti italiani, humus del Magreb, baccalà in Portogallo, tagine marocchino, cosa hanno in comune?
Sicuramente gli ingredienti, principe dei quali è l’olio di oliva. Ma ciò che è ancora più importante è lo “stile di vita” che è sotteso alla tradizione mediterranea: la “siesta”, gli ingredienti freschi, i prodotti locali, la cura nella cucina, le piccole porzioni.
Mentre oggi assistiamo a tutto il contrario: globalizzazione versus prodotti regionali, fast food versus slow food, industrializzazione del cibo, prodotti conservati, porzioni “king”. Forse qualcosa inizia a cambiare, ma c’è da riflettere per tutti.

Si deve ad un dotto cardiologo italiano l’ interessante riflessione e ricostruzione del “concetto di dieta mediterranea”.

Fonte R Ferrari. The Mediterranean Diet. Eur Heart J (2011) 32. 2917-18

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma