ASPIRINA A BASSO DOSAGGIO IN PREVENZIONE PRIMARIA
di Claudio Ferri
09 Aprile 2020

Recentemente, Aimo e De Caterina sono tornati sul problema della prescrizione di acido acetilsalicilico a basso dosaggio nel paziente in prevenzione primaria [Aimo A, De Caterina R. Eur Heart J. 2019;40(34):2922-2923 e Aimo A, De Caterina R Anatol J Cardiol. 2020;23(2):70-78]. Come è noto, questa definizione è fuorviante in molti casi: il paziente diabetico, ad esempio, è sempre caratterizzato da un rischio cardiovascolare almeno moderato, anche in prevenzione primaria, ricadendo però nel rischio cardiovascolare elevato o molto elevato nella grande maggioranza dei casi, ad esempio per la presenza di proteinuria oppure di ipertrofia ventricolare sinistra. In questo ambito, Aimo e De Caterina hanno valutato il rischio cardiovascolare dei pazienti reclutati in diversi studi sull’uso di acido acetilsalicilico a basso dosaggio in prevenzione primaria. Tra questi studi figura anche l’A Study of Cardiovascular Events iN Diabetes (ASCEND), nel quale 15.480 pazienti diabetici senza malattia cardiovascolare hanno ricevuto aspirina 100 mg al giorno oppure placebo. Orbene, come mostra molto bene anche la figura principale prodotta da Aimo e de Caterina, il rischio cardiovascolare del tipico paziente ASCEND era decisamente basso in quasi la metà (40%) dei pazienti reclutati e, comunque, nella media globale dei pazienti (questo, peraltro, è chiaramente scritto anche dagli stessi autori del report principale su ASCEND).

Malgrado ciò, l’outcome composito primario (infarto miocardico non fatale, ictus cerebri non fatale di tipo non emorragico/attacco ischemico transitorio, oppure morte cardiovascolare non dovuta ad ictus emorragico confermato) è stato osservato in 658 pazienti (8.5%) in trattamento con aspirina ed in 743 (9.6%) in trattamento con placebo (rapporto di rischio = 0.88, intervallo di confidenza al 95% 0.79–0.97; p=0.01). I sanguinamenti maggiori, invece, erano pari al 4.1% (n=314) nel gruppo acido acetilsalicilico a basso dosaggio ed al 3.2% (n=245) in quello placebo (rapporto di rischio = 1.29, intervallo di confidenza al 95% 1.09–1.52; p=0.003). Ciò ha spinto gli autori di ASCEND verso la prudenza nei confronti dell’uso di acido acetilsalicilico a basso dosaggio nel paziente diabetico in prevenzione primaria. Malgrado questo, a ben guardare i dati tabellari è facile rilevare come i sanguinamenti maggiori correlabili all’uso di aspirina siano stati nel 41.3% dei casi a carico dell’apparato gastrointestinale (nel 62.3% a livello di stomaco o duodeno). Gli eventi emorragici fatali, invece, erano osservati equanimemente in entrambi i gruppi [n=19 pazienti (0.2%) nel gruppo acido acetilsalicilico e n=16 pazienti (0.2%) in quello placebo]. Lo stesso dicasi per quelli intracranici [n=25 pazienti (0.3%) nel gruppo acido acetilsalicilico e n= 26 pazienti (0.3%) in quello placebo].
Pertanto, hanno a nostro avviso ragione Aimo e de Caterina nel suggerire che, a ben guardare, la prescrizione di acido acetilsalicilico a basso dosaggio in prevenzione primaria non vada affatto “non raccomandata”, ma semplicemente individualizzata, bilanciando rischio emorragico e rischio ischemico.

Prof. Claudio Ferri
Direttore della Scuola di Medicina Interna
Università degli Studi L’Aquila