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VOYAGER PAD: viaggio nella terapia dell’arteriopatia periferica
di Rocco Giudice e Filippo Stazi
06 Aprile 2020

VOYAGER PAD: viaggio nella terapia dell’arteriopatia periferica

L’ arteriopatia periferica è una patologia frequente (ne sono affetti più di duecento milioni di pazienti nel mondo), che presenta un alto rischio di amputazione degli arti inferiori e disabilità.

Le forme più gravi di arteriopatia periferica,  caratterizzate da severa claudicatio intermittens fino all’ischemia critica degli arti inferiori, vengono in genere trattate con procedure di rivascolarizzazione che, però, sono gravate da un tasso non trascurabile di eventi avversi postprocedurali e ospedalizzazioni talvolta lunghe.

Il VOYAGER PAD, presentato all’ACC 2020 e pubblicato online sul New England Journal of Medicine (1), ha valutato se la terapia con rivaroxaban 2,5 mg x 2, in aggiunta all’aspirina, migliori la prognosi dei soggetti con arteriopatia periferica sottoposti a rivascolarizzazione, sia endovascolare che chirurgica.

Per essere inclusi nello studio i pazienti dovevano avere almeno 50 anni ed essere stati rivascolarizzati non più di 10 giorni prima dell’arruolamento.

6564 pazienti sono stati randomizzati in doppio cieco, in maniera 1:1, a rivaroxaban o placebo e sono stati seguiti per un follow up medio di 28 mesi.

  • Età media 67 anni, diabete nel 40% dei casi , disfunzione renale nel 20%, coronaropatia nota nel 31%, infarto  pregresso nell’11%.
  • Rivascolarizzazione per via endovascolare nel 65% dei casi e rivascolarizzazione chirurgica nel 30% .

L’endpoint primario, una combinazione di ischemia acuta degli arti inferiori, amputazione, infarto miocardico, stroke ischemico e morte per cause cardiovascolari, si è verificato in 508 dei pazienti trattati con rivaroxaban e in 584 di quelli trattati con placebo (17,3% vs 19,9%, p = 0,009).

Figura modificata da Bonaca et al. N Engl J Med 2020

La mortalità totale non ha presentato differenze significative tra i due gruppi. La percentuale di sanguinamenti maggiori è risultata, ovviamente, superiore nel gruppo rivaroxaban rispetto al gruppo placebo (2,65% vs 1,87%), ma non in misura significativa (p = 0, 07).

Le percentuali di emorragie intracraniche o fatali non sono risultate differenti nei due gruppi.

Il primo dato di rilievo che emerge dal trial è la conferma dell’alto tasso di eventi avversi dopo rivascolarizzazione nei pazienti affetti da arteriopatia periferica trattati con la sola aspirina: nel gruppo placebo, infatti, un paziente su 5 aveva uno degli eventi compresi nell’end point combinato. Il secondo dato importante emerso dal VOYAGER PAD è che l’aggiunta del rivaroxaban all’aspirina riduceva tale rischio del 15%. Tale beneficio risultava evidente precocemente già a tre mesi dall’inclusione nello studio, e continuava progressivamente ad accrescersi, senza un aumento significativo delle emorragie intracraniche o fatali. Sulla base dei dati del trial il rivaroxaban alla dose di 2,5 mg x 2 aggiunto all’aspirina potrebbe, ogni 10.000 pazienti trattati, prevenire 181 eventi avversi dell’end point composito, al costo di 29 eventi emorragici.

Dr. Giudice, che cosa prevedono le linee guida in merito alla terapia medica nei pazienti con arteriopatia periferica?

Le attuali linee guida nei pazienti con arteriopatia periferica prevedono l’assunzione dell’aspirina o del clopidogrel in associazione conla statina, indipendentemente dal ricorso o meno alla rivascolarizzazione. Di fatto, l’utilizzo del doppio antiaggregante piastrinico (aspirina + clopidogrel) è, comunque, frequente dopo un intervento di rivascolarizzazione, sebbene a supporto di questa condotta ci siano dati solo osservazionali o estrapolati da trial randomizzati condotti su pazienti con malattia coronarica e non periferica.

Il COMPASS (2), nel 2017, ha dimostrato che l’aggiunta all’aspirina del rivaroxaban alla dose di 2,5 mg due volte al giorno migliora l’outcome dei pazienti con arteriopatia periferica stabile. In realtà l’accettazione da parte del mondo medico dei risultati del COMPASS è stata, però, inferiore a quanto si potesse prevedere. Perché?

Probabilmente per varie ragioni: la “sottovalutazione” del rischio cardiovascolare nel paziente con arteriopatia periferica, la preoccupazione legata al rischio emorragico, l’inerzia terapeutica che rende difficile modificare terapie consolidate negli anni, anche se magari non pienamente supportate da evidenze scientifiche.

Che cosa aggiunge lo studio Voyager a quanto emerso dal COMPASS?

Mi aspetto che la pubblicazione del VOYAGER PAD possa dare ulteriore impulso all’utilizzo del rivaroxaban nei pazienti con arteriopatia periferica. Non è, infatti, un dato trascurabile che l’aggiunta del rivaroxaban all’aspirina, in pazienti con arteriopatia periferica sintomatica sottoposti a rivascolarizzazione, sia in grado di ridurre l’incidenza dell’outcome composito di ischemia acuta degli arti inferiori, amputazione, infarto miocardico, stroke ischemico o morte cardiovascolare, a fronte di un modesto ed accettabile incremento del rischio emorragico.

 

REF

  • Bonaca MP, Bauersachs RM, Anand S et al. Rivaroxaban in peripheral artery disease after revascularization. N Engl J Med 2020 march 28 (Epub in anticipo sulla stampa)
  • Eikelboom JW, Connolly SJ, Bosch J et al for the COMPASS Investigators. Rivaroxaban with or without aspirin in stable cardiovascular disease. N Engl J Med 2017; 377: 1319-1330