Una massa atriale destra: dobbiamo sempre preoccuparci?
di Giovanna Di Giannuario
20 Aprile 2021

Il caso clinico  che vi presento è quello di una paziente di 78 anni ipertesa, dislipidemica, sovrappeso, senza particolari eventi cardiovascolari, con un’anamnesi cardiologica remota negativa per sintomi di rilievo. Esami Ematochimici nei limiti della norma, Rx torace ed elettrocardiogramma nei limiti.

La paziente è  asintomatica per angor, dispnea e palpitazioni, presenta solo ansia per la riferita diagnosi di una massa nel cuore destro la cui origine è sconosciuta.

La paziente giungeva all’attenzione dell’ambulatorio di diagnostica non invasiva, dopo avere eseguito un esame ecocardiografico transtoracico di routine per un controllo annuale in un ambulatorio esterno ove veniva segnalato il riscontro di una massa aggettante in atrio destro, iper-ecogena  mobile ed adesa nella parete postero-laterale di natura da determinare e di non univoca interpretazione.

Infatti dalle immagini ecocardiografiche bi-dimensionali nelle proiezioni apicale 4 camere (Figura 1A) e parasternale short axis (Figura 1B) si evidenzia tale formazione iper-ecogena, aggettante nella cavità atriale di destra, mobile durante il ciclo cardiaco, che poneva inizialmente diagnosi differenziale tra trombosi, formazione tumorale primitiva o metastatica, endocardite od eventuale residuo embrionale.

Figura 1: Ecocardiografia Transtoracica proiezione apicale 4 camere (1A) e parasternale short axis (1B)

 

Per dirimere la natura della massa atriale destra vengono programmati per la paziente due ulteriori approfondimenti diagnostici non invasivi: un ecocardiogramma trans-esofageo bidimensionale e tridimensionale ed una TAC cardiaca con mezzo di contrasto.

L’ecocardiogramma transesofageo bidimensionale evidenzia la stessa formazione iperecogena a livello della parete laterale e posteriore dell’atrio destro, sia nella proiezione medio-esofagea short axis  (Figura 2A) che bi-cavale (Figura ) identificando una posizione posteriore e laterale di tale formazione, la massa non è mobile di per sè ma aderisce alla parete muovendosi consensualmente.

Figura 2: Ecocardiografia trans-esofagea bidimensionale (2D) proiezione medioesofagea short axis 55° (2A) e bicavale 110° (2B)

 

L’ecocardiografia transesofagea tridimensionale ci ha permesso la ricostruzione tridimensionale di tale formazione con le acquisizioni full volume short (figura 3A) e zoom 3D (figura 3B) nelle proiezioni medio esofagee 4 camere e short axis, ed utilizzando la funzione x-plane (figura 3C) nella proiezione bi-cavale; riuscendo ad evidenziare la sua forma circolare a “C” come un cercine inglobata nella parete atriale compatibile con la diagnosi di ipertrofia della cresta terminale.

 

Figura 3: Ecocardiografia trans-esofagea tridimensionale 3D: acquisizioni medioesofagee full volume 3D (A), Zoom 3D ( B) e x-plane 3D (C)

 

E’ stata eseguita a completamento dell’iter diagnostico una angio-TAC cardiaca con mezzo di contrasto che ha confermato l’assenza di masse all’interno della cavità atriale destra compatibili con trombi o eteroformazioni,  ma non è stata in grado di evidenziare la ipertrofia della parete atriale destra.

 

Discussione

Nel caso di riscontro di masse intracardiache all’interno dell’atrio destro, l’imaging non invasivo e soprattutto il multi-imaging con l’utilizzo dell’ecocardiografia transtoracia (ETT), trans-esofagea (ETE) bidimensionale e tridimensionale, della TAC e della Risonanza Magnetica Cardiaca (RMC)   e del mezzo di contrasto sonovue, sono  tutte tecniche che possono avere un ruolo fondamentale per la diagnosi eziologica.

A volte è necessario studiare il caso clinico con più indagini per raggiungere la diagnosi definitiva iniziando da quelle più semplici, per facilità di accesso all’esecuzione, dette” di primo livello” quali la ecocardiografia transotoracica e trans-esofagea bidimensionale e 3D, l’ecocardiografia con sonovue, fino alle indagini più complesse anche per l’uso di mezzo di contrasto iodato definite “di secondo livello” o di “imaging avanzato”: la tomografia assiale computerizzata cardiaca, la risonanza magnetica nucleare, la tomografia ad emissione di positroni e SPECT che utilizzano traccianti radioattivi.

La diagnosi di questo caso clinico di ipertrofia della cresta terminale, che è un reperto anatomico parafisiologico, essendo la crista terminalis un residuo embrionale localizzato normalmente nella parete posteriore e laterale dell’atrio destro, pone la necessità di diagnosi differenziale con metodiche di imaging non invasivo ETT e ETE,  ma in particolare l’ecocardiografia trans-esofagea tridimensionale come illustrato nel caso clinico, può rappresentare l’esame di scelta e soprattutto conclusivo per la diagnosi nei casi di massa atriale destra da ipertrofia della cresta terminale. In letteratura sono presenti alcuni casi clinici che hanno utilizzato il multi-imaging per la diagnosi di ipertrofia della cresta terminale, che è importante identificare sia come reperto anatomico di massa atriale destra sia perché a volte è coinvolta nella genesi di aritmie sopraventricolari.

L’ecocardiografia 3D è un esame maneggevole, veloce e senza necessità di radiazioni ionizzanti o traccianti radioattivi, è ormai entrata nel campo di utilizzo clinico cardiologico da circa due decenni, diventando uno strumento sempre più diffuso nei laboratori di ecocardiografia sia transtoracica che trans-esofagea.

In mani esperte, come in questo caso clinico, è un supporto diagnostico fondamentale nei casi di cardiopatie congenite, valvulopatie (sia nella valutazione del grading e del planning terapeutico), nell’imaging durante procedure di emodinamica interventistica strutturale, nelle endocarditi, nelle cardiopatie congenite dell’adulto (GUCH), nelle cardiomiopatie e in tutte le principali malattie cardiovascolari.

L’impiego dell’ecocardiografia tridimensionale transtoracica e trans-esofagea aumenta in maniera significativa la capacità diagnostica anatomica in termini di sensibilità e specificità rispetto alle immagini bidimensionali.

 

 

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