A tutti i perduti cuori.
Tra scarsità d’occasioni di frequentazione, di tempo e di buona disposizione d’animo, l’incontro di due cuori compatibili è sempre stato un miracolo. A tale regime di penìa oggi si cerca di ovviare con la tecnologia. Esistono on line agenzie specializzate che offrono, quanto meno, la possibilità di essere visti in un proprio profilo creato apposta e, ovviamente, l’opportunità di poter vedere i profili e le presentazioni degli altri. Nonostante il grande ampliamento dei contatti, in questo caso virtuali, offerti anche dai social media, l’incontro con la persona giusta resta un miraggio e, come tale, irraggiungibile. Se, poi, si ha la fortuna di entrare in contatto con qualcuno di “interessante” sotto l’aspetto di attrazione e conciliabilità, gli ostacoli dovuti agli impegni, ai tempi che non coincidono quasi mai, alle distrazioni cui il mondo moderno ci sottopone, svolgeranno egregiamente il loro ruolo di “sabotatori” e “dirottatori” dell’incontro. Il risultato è una landa desolata e sterminata di cuori perduti che vagano, muovendosi incessantemente, con la speranza, un giorno, di vedersi presentare al proprio cospetto la persona interessante e sensibile e, soprattutto, compatibile, frutto dei loro sogni più intimi.
Nondimeno, il campo in questione è minato. Ammesso che avvenga il miracolo dell’incontro, la cosa più difficile poi sarà quella di riuscire a mantenerlo. L’educazione al sentimento è il grande assente della nostra cultura e troppo di frequente, dalle prime fasi euristiche eccitate, si passa, in un tempo più o meno breve, a periodi più prosaici dove gli argomenti più pratici, se non addirittura più cinici, prendono il sopravvento. Ognuno chiuso nelle proprie “gabbie mentali e sociali” prova ad evadere, ma frequentemente, dopo un breve volo inebriante, si ritrova ad atterrare nella stessa cella dalla quale era partito. A volte non proprio la stessa, ma qualcosa di molto simile, tanto che riesce anche difficile distinguerla. A rendere ancora più arduo l’imbattersi nell’altro giusto ci si mette l’ansia, se non il terrore, di ammettere alla corte del proprio Io una psicologia, per quanto sia, diversa, che ha le sue esigenze e limita inevitabilmente le scelte e le decisioni personali. L’abitudine alla libertà, dovuta alla condizione ormai dilagante del singolismo, non agevola la partita. A volte basta una frase interpretata male, un atteggiamento troppo carico o la semplice noia dovuta a momenti con i quali non siamo più usi confrontarci, a decretare l’allontanamento di chi, fino a pochi istanti prima, magari anche per anni, avevamo accolto come persona straordinaria e magnifica.
Il cuore perduto a questo modo non lo si ritrova più, salvo il fatto che farà capolino nelle pieghe dei nostri ricordi più felici per tormentarci con i sensi di colpa relativi a ciò che avremmo potuto fare e, invece, non abbiamo fatto, per ignoranza, pigrizia o impreparazione. Soltanto una volta svanita la relazione con qualcuno che, comunque, ci ha resi felici si può comprendere l’importanza che aveva.
L’attenzione, la premura, la generosità, la disponibilità, il vero interesse oblativo nei confronti della nostra persona e la certezza della presenza di chi ci ama sono i veri tesori della vita.
Purtroppo, spesso per superficialità, per distrazione, per incapacità a gestire la relazione, sicuramente per immaturità, ma soprattutto per timore, smarriamo ciò che di prezioso l’esistenza ci aveva concesso di avere. Allora, un altro cuore perduto si andrà ad aggiungere nell’oceano di quelli che navigano soli e che sperano di poter un giorno incontrare una persona adatta che possa renderli ancora felici.
La speranza, dicevano gli antichi Romani, è l’ultima Dea e nella vita non si può mai dire. L’incontro appropriato è sempre dietro l’angolo. Non dobbiamo scordarci, però, che da questa parte del cantone ci siamo noi con i nostri limiti e i nostri difetti, con la nostra personalità influenzata da modelli genitoriali e da imprinting infantili a volte non del tutto positivi. Saranno essi che, se non ne prendiamo coscienza nel tentativo di risolverli, contribuiranno molto al fallimento della fortuita coincidenza. L’amore non è cieco, ci vede eccome!
Gli antichi Greci lo sapevano benissimo. Soltanto nel rinascimento Eros era rappresentato con una benda sugli occhi. In realtà, i ciechi, siamo noi e la benda sugli occhi sovente assume il nome di paura. Il tempo, vero signore di ogni relazione, ne scandirà la durata. Per quelle che resistono una vita dovrà rassegnarsi all’attesa; per quelle terminate in qualsiasi modo ne ingiallirà il ricordo, senza alcun potere, però, nei confronti della rievocazione voluta o fortuita. Avrà soltanto la facoltà di offuscare la memoria, attenuando la gioia e il dolore, stampandoci sul volto un sorriso a volte ancora felice a volte tristemente melanconico senza la possibilità di sottrarci al rimpianto o, più raramente, ad una sensazione di sollievo.
Ivan Battista
Psicologo, psicoterapeuta, docente presso la Scuola Medica Ospedaliera,
Ospedale Santo Spirito, Roma