Un cuore da gigante…
di Vera Elena Bottari
15 Giugno 2020

Un paziente maschio di 30 anni giungeva presso il nostro pronto soccorso per dolore retrosternale intenso e fisso, associato a marcata astenia insorta da circa 24 ore; riferiva inoltre nei giorni precedenti episodio febbrile.

In anamnesi nessun precedente cardiologico degno di nota, praticava regolare attività sportiva (pesistica).

All’ingresso al pronto soccorso, il paziente presentava febbricola con temperatura corporea di 37,7°C. Gli esami ematici risultavano nella norma, ad eccezione di un modesto rialzo della troponina I (6,75 ng/ml vn<0,05). L’ECG mostrava ritmo sinusale, FC 95 bpm, con anomalie aspecifiche della fase di ripolarizzazione ventricolare (Figura 1).

All’ecocardiogramma il ventricolo sinistro presentava aumentati spessori parietali (SIVd 14 mm, PPd 14 mm), risultando normale per dimensioni cavitarie, cinetica parietale e funzione sistolica globale (FE 60%); veniva segnalato un minimo scollamento pericardico circonferenziale privo di significato emodinamico.

Nell’ipotesi di una miopericardite, il paziente veniva ricoverato presso la nostra UTIC e veniva impostata terapia con anti-infiammatori ed antibiotici ad ampio spettro; sono stati quindi avviati i test sierologici per la ricerca di potenziali cause infettive o immunologiche.

Nella prima giornata di ricovero, il paziente sebbene in condizioni di compenso emodinamico, lamentava persistenza del dolore toracico per lo più respiro-fasico. L’ECG risultava immodificato.  Agli esami i valori di troponina I risultavano in lento ma costante incremento (picco 27 ng/ml), così come gli indici di flogosi (proteina C reattiva 2.17 mg/dl, vn <0,6).

L’ecocardiogramma di controllo mostrava un significativo incremento degli spessori parietali del ventricolo sinistro soprattutto a livello del setto interventricolare e della parete antero-laterale (max 20 mm) che risultavano ipocinetiche rispetto al controllo precedente; la funzione sistolica globale risultava comunque conservata; persisteva il minimo scollamento pericardico circonferenziale. (Figura 2).

Veniva eseguita pertanto una Risonanza Magnetica Cardiaca che ha mostrato un quadro compatibile con flogosi acuta diffusa del miocardico con iniziale riduzione della funzione sistolica ventricolare sinistra (FE 44%), minimo versamento pericardico e collateralmente presenza di versamento pleurico basale bilaterale (Figura 3).

Veniva pertanto impostata terapia per lo scompenso cardiaco con ACE-inibitore, diuretico e beta-bloccante a basso dosaggio.

Nella giornata successiva (II giornata di ricovero) si è assistito ad un rapido peggioramento delle condizioni di compenso emodinamico, associato a marcata bradicardia ed inversione delle onde T nelle derivazioni precordiali (Fig 4).

L’ecocardiogramma mostrava peggioramento della cinetica parietale a livello settale e della parete anteriore, estensione delle asinergie in sede inferiore e ulteriore riduzione della funzione sistolica del ventricolo sinistro (FE 40%) (Figura 5).

Viste le condizioni di instabilità emodinamica ed elettrica, si procedeva all’esecuzione di coronarografia e contestuale biopsia endomiocardica. Allo studio coronarografico l’albero coronarico risultava privo di lesioni aterosclerotiche.

I risultati della biopsia endomiocardica sono stati fondamentali per mettere in atto il corretto approccio terapeutico. L’esame istologico evidenziava la presenza di un massivo infiltrato infiammatorio interstiziale costituito prevalentemente da linfociti, plasmacellule, neutrofili, eosinofili con evidenza di cellule giganti multinucleate disperse con contesto dell’infiltrato infiammatorio senza figure riferibili a granulomi.

Tali reperti istologici risultano diagnostici di miocardite idiopatica a cellule giganti. E’stata inoltre documentata la presenza in più punti di alterazioni necrotico-degenerative miocellulari, marcato edema interstiziale e focolai multipli di tessuto di granulazione.

Su indicazione dello specialista immunologo veniva quindi prescritta terapia immunosoppressiva di combinazione con l’associazione di prednisone (alla posologia iniziale di 1 mg/kg/die in monosomministrazione giornaliera), azatioprina (alla posologia iniziale di 2 mg/kg/die in monosomministrazione giornaliera) e ciclosporina (alla posologia iniziale di 3 mg/kg/die).

Già a partire dal secondo giorno di trattamento, si è assistito ad un rapido e significativo miglioramento dello stato di compenso, riduzione degli spessori parietali e ripresa della contrattilità del ventricolo sinistro che risultava normalizzata già dopo 6 giorni dall’inizio della terapia immunosoppressiva (Figura 6 D-E-F).

Il paziente veniva dimesso in buon compenso emodinamico, con indicazione a proseguire la terapia sotto stretto follow-up clinico-strumentale sia cardiologico che immunologico.

La RM cardiaca di controllo a 3 mesi dall’esordio ha dimostrato completa remissione del quadro infiammatorio miocardico, normale funzione biventricolare e minimo scollamento pericardico (Figura 7).

A 33 mesi dalla dimissione, il follow-up cardiologico ed immunologico è stato privo di complicanze di rilievo.

La miocardite è rimasta persistentemente in remissione (assenza di recidive) e il paziente, sempre rimasto asintomatico, ha ben tollerato il trattamento immunomodulante di combinazione associato ad ACE-inibitore a basso dosaggio.

 

DISCUSSIONE

La miocardite gigantocellulare è una rara forma di miocardite, rapidamente progressiva e frequentemente complicata da insufficienza cardiaca acuta con elevata mortalità.

Il modello patogenetico più accreditato è quello dato dalla disregolazione dell’immunità T-cellulare e dall’intervento degli autoanticorpi anti miosina.

La terapia immunosoppressiva rappresenta il gold standard, dimostrandosi in grado di ridurre la mortalità nei due terzi dei pazienti; risulta pertanto di fondamentale importanza la formulazione di una tempestiva diagnosi di certezza al fine di poter instaurare in tempi rapidi un corretto ed efficace trattamento (1).

La risonanza magnetica cardiaca rappresenta una metodica diagnostica di comprovata rilevanza nel percorso diagnostico delle patologie del miocardio (2), consentendo non solo una diagnosi differenziale (ad esempio nei confronti del danno miocardico di natura ischemica), ma anche una stratificazione prognostica basata sulla valutazione della presenza ed dell’estensione dell’edema e della fibrosi miocardica (3), destinata ad essere sempre più precisa grazie anche alle più recenti metodiche quali il T1 e il T2 mapping (4).

Resta comunque, soprattutto in alcuni casi, la necessità di una precisa diagnosi eziologica che solo la biopsia endomiocardica è in grado di fornire (5).

E’questo il caso del nostro paziente, in cui la presenza di instabilità emodinamica/elettrica ha reso necessaria la ricerca di una diagnosi eziologica di certezza, consentendoci così di impostare la terapia corretta e mirata in tempi brevi.

 

Bibliografia

  1. Riina Kandolin et al. Diagnosis, Treatment, and Outcome of Giant-Cell Myocarditis in the Era of Combined Immunosuppression Circulation: Heart Failure. 2013;6:15–22.
  2. Alida L. P. Caforio et al Current state of knowledge on aetiology, diagnosis, management, and therapy of myocarditis: a position statement of the European Society of Cardiology Working group on Myocardial and Pericardial disease. European Heart Journal.2013; 34: 2636-2648.
  3. Stefan Biesbroek et al. Additional diagnostic value of CMR to the European Society of Cardiology (ESC) position statement criteria in a large clinical population of patients with suspected myocarditis. European Heart Journal of Cardiovascular Imaging 2017;00, 1–1.1
  4. Vanessa M Ferreira et al. Cardiovascular Magnetic Resonance in Nonischemic Myocardial Inflammation: Expert Recommendations. J Am Coll Cardiol. 2018;72:3158-3176
  5. The Role of Endomyocardial Biopsy in the Management of Cardiovascular Disease A Scientific Statement From the American Heart Association, the American College of Cardiology, and the European Society of Cardiology 2007;116:2216–2233