Un caso di cardiopatia congenita più unico che raro
di Ciro Pollio Benvenuto
02 Maggio 2023

Introduzione

La Trasposizione Congenitamente Corretta delle Grandi Arterie (ccTGA) rappresenta meno dell’1% delle cardiopatie congenite ed è caratterizzata da un insolito meccanismo di compenso in cui la discordanza atrio-ventricolare e ventricolo-arteriosa si bilanciano reciprocamente, al punto da permettere ai pazienti non operati di rimanere asintomatici fino all’età adulta: infatti, oltre ad essere presente la trasposizione dei grossi vasi, condizione per cui il sangue passa dal ventricolo morfologicamente sinistro all’arteria polmonare e dal ventricolo morfologicamente destro all’aorta, è presente anche “un’inversione” degli atri per cui il sangue passa dall’atrio morfologicamente destro, attraverso la valvola mitrale, al ventricolo morfologicamente sinistro e dall’atrio morfologicamente sinistro, attraverso la valvola tricuspide, al ventricolo morfologicamente destro. L’effetto finale è che la circolazione resta in serie (e non in parallelo come nel caso della classica Trasposizione delle Grandi Arterie) ed è quindi bilanciata, di modo da permettere la fisiologica ossigenazione del sangue nel circolo polmonare ed il successivo trasporto del sangue ossigenato ai vari tessuti: tutto ciò però a discapito del ventricolo destro e della valvola tricuspide che sono costretti a sostenere la circolazione sistemica; ne consegue che il disturbo può rimanere silente fino all’età adulta, ma prima o poi (generalmente nella quarta e quinta decade di vita) i pazienti finiranno per sviluppare disfunzione ventricolare destra ed insufficienza della valvola tricuspide sistemica.
Infine, gran parte dei pazienti presenta anomalie associate, quali difetto del setto interventricolare, stenosi del tratto di efflusso polmonare e anomalie della valvola tricuspide, per lo più di “tipo Ebstein”; tali anomalie possono essere presenti singolarmente o in associazione tra loro, complicando ulteriormente la fisiopatologia di tale condizione.

Presentazione del caso

In quest’articolo viene presentato il caso clinico di un giovane uomo di 47 anni, proveniente dall’India, che si è presentato alla nostra attenzione per dispnea e dolore toracico per sforzi lievi, a carattere ingravescente, con diagnosi già nota di ccTGA, Destrocardia, Difetto del Setto Interventricolare e severa stenosi del tratto di efflusso polmonare, per cui era stato sottoposto ad intervento chirurgico con posizionamento di tubo valvolato tra il ventricolo morfologicamente sinistro e l’arteria polmonare.

La storia cardiologica del nostro paziente è iniziata all’incirca cinque anni fa, quando, inconsapevole della propria cardiopatia, dopo numerosi accessi in PS per dispnea e dolore toracico, è stata finalmente scoperta la cardiopatia congenita del paziente, attraverso l’imaging ecocardiografico; dopodiché, alla luce del riscontro di severa limitazione della capacità funzionale al test da sforzo cardio-polmonare e di severa ostruzione del tratto di efflusso polmonare (100 mmHg di gradiente pressorio) al cateterismo, il caso clinico veniva discusso in sede multidisciplinare di Heart Team, presso il nostro Centro, con indicazione ad ulteriore approfondimento mediante RM che documentava buona funzionalità contrattile del ventricolo morfologicamente destro, di normali dimensioni, e del ventricolo morfologicamente sinistro, anch’esso di normali dimensioni, in assenza di ulteriori vizi valvolari di rilievo: si decideva quindi di ricorrere alla chirurgia posizionando un condotto valvolato tra l’apice del ventricolo morfologicamente sinistro e l’arteria polmonare. L’intervento è riuscito in assenza di complicanze ed il decorso operatorio è stato regolare; alla dimissione il paziente riferiva completa remissione della sintomatologia.

Tuttavia, anni dopo, a dispetto della benignità delle ultime visite di controllo, per ricomparsa di dolore toracico e dispnea per sforzi lievi, a carattere ingravescente, il paziente si è presentato nuovamente alla nostra attenzione: si dava quindi indicazione al ricovero per ulteriori accertamenti.

La terapia domiciliare del paziente era composta da ASA, ACE-inibitore e Beta-bloccante. L’ECG mostrava ritmo atriale ectopico, con segni di ipertrofia ventricolare destra (fig.1), mentre al monitoraggio telemetrico durante il ricovero non si sono riscontrate pause né aritmie ventricolari maligne, ma solo sporadici BEV monomorfi.

Fig.1 ECG del paziente documentante ritmo atriale ectopico ed ipertrofia ventricolare destra.

Nel sospetto di ostruzione trombotica del condotto precedentemente impiantato, veniva eseguita una TC con mdc che ne mostrava la pervietà; collateralmente, veniva studiato anche il circolo coronarico evidenziando un singolo ramo coronarico, originante dal seno di Valsalva sinistro, privo di stenosi, triforcato, dal quale originavano i tre principali rami epicardici, anch’essi pervi e indenni da stenosi (fig. 2).

Fig.2 Coro-TC documentante di un ramo coronarico della lunghezza di 1 cm circa e triforcato, dal quale originano i tre principali rami epicardici, pervi e indenni da stenosi.


L’ecocardiogramma invece mostrava: “Medio-severa dilatazione (LL/2 42 mm) e significativa disfunzione contrattile (RVFAC = 20%; TAPSE = 12 mm) del ventricolo sistemico, morfologicamente destro e posto a destra (fig.3). Ventricolo morfologicamente sinistro, posto a sinistra, in posizione sotto-polmonare, con normale funzione contrattile globale e acinesia dell’apice in corrispondenza del condotto. Condotto extra-cardiaco a partenza dall’apice ventricolare sinistro, angolato nella sua porzione prossimale, dove si campionano: G. max/medio di 36/21 mmHg. Ostruzione severa a livello del tratto di efflusso sotto- polmonare nativo (G. max di 86 mmHg dalla finestra sottocostale), con insufficienza polmonare di lieve entità. Lievi insufficienze delle valvole atrio-ventricolari.”

Fig.3 Ecocardiogramma che documentava la disfunzione ventricolare destra.

È quindi emersa come principale problematica del paziente l’insufficienza cardiaca da disfunzione del ventricolo destro sistemico, per cui, alla luce di alcuni dati incoraggianti presenti in letteratura, si è deciso di sostituire l’ACE-inibitore con l’ARNI (impostando terapia diuretica durante lo switch farmacologico e monitorando la pressione arteriosa e la funzionalità renale). Si è così assistito ad un miglioramento del quadro clinico, con parziale remissione della sintomatologia come confermato anche alla successiva rivalutazione ambulatoriale.

Discussione

I pazienti con ccTGA senza anomalie associate possono sopravvivere eccezionalmente anche oltre la quinta decade di vita, anche se, generalmente, a partire dalla quarta decade di vita, tendono a verificarsi l’insufficienza della valvola atrio-ventricolare sistemica (tricuspide) e del ventricolo morfologicamente destro sistemico, oltre all’insorgenza di tachiaritmie atriali: il risultato finale è lo sviluppo di insufficienza cardiaca caratterizzata da dispnea e intolleranza allo sforzo.
Attualmente la terapia medica dell’insufficienza cardiaca, secondaria a malattie acquisite e non a cardiopatie congenite, è stata rivoluzionata dall’introduzione della combinazione farmacologica di Valsartan, inibitore del Recettore dell’Angiotensina, e di Sacubitril, inibitore della Neprilisina: in particolare il trial PARADIGM-HF ha dimostrato una netta riduzione della mortalità e delle ospedalizzazioni per scompenso, oltre che un importante miglioramento della qualità della vita.
Attualmente è in corso un trial randomizzato multicentrico, PANORAMA-HF, per valutare l’utilizzo di Sacubitril/Valsartan nei pazienti pediatrici affetti da cardiopatie congenite complesse; tuttavia, dati in merito all’utilizzo di questa classe farmacologica nei pazienti adulti sono limitati a piccoli registri e case series.
Appadurai et al. hanno utilizzato l’ARNI in cinque pazienti adulti affetti da cardiopatie

congenite complesse, tutti precedentemente trattati chirurgicamente, con risultati promettenti, soprattutto nei due pazienti con ventricolo destro sistemico, che hanno mostrato un miglioramento dei sintomi e della propria classe funzionale: nel primo caso si è osservata anche una riduzione del burden di tachiaritmie atriali; nell’altro, il test da sforzo cardiopolmonare ha dimostrato un incremento del consumo di ossigeno e della capacità funzionale, al punto che non è stato più necessario ricorrere alla terapia diuretica e di risincronizzazione ventricolare.
Analogamente, Goodwin et al., nel loro studio retrospettivo di 8 pazienti, di cui 5 con ventricolo destro sistemico e 3 con circolazione sostenuta da una sola camera ventricolare, non hanno osservato alterazioni della funzionalità renale in corso di trattamento con ARNI, mostrando inoltre una riduzione dei livelli di NT-proBNP ed un miglioramento dei sintomi.

Infine, Zandstra et al. hanno condotto uno studio monocentrico di coorte su 20 pazienti affetti da insufficienza cardiaca (FE < 35%) secondaria a disfunzione del ventricolo destro sistemico, di cui un terzo affetto da ccTGA, dimostrando un miglioramento dei parametri ecocardiografici di funzionalità ventricolare destra, una riduzione dei livelli di NT-proBNP ed un miglioramento della qualità della vita, oltre che della capacità funzionale valutata al 6MWT, in un follow up di 6 mesi.

Nel complesso, benché limitati dalla bassa numerosità del campione di pazienti, questi dati suggeriscono che la terapia con ARNI possa dare risultati positivi nei pazienti con insufficienza cardiaca da disfunzione del ventricolo destro sistemico.

Conclusioni

Il caso clinico riportato mette in evidenza come, nell’ambito delle cardiopatie congenite dell’adulto, a fronte di un sostanziale incremento della popolazione di pazienti, anche affetti da cardiopatie complesse, manchino linee guida ufficiali che possano orientare le scelte terapeutiche dei curanti. In assenza di trial randomizzati multicentrici, è possibile far riferimento alle esperienze dei singoli centri e ai dati disponibili in letteratura, al fine di personalizzare sul singolo paziente l’iter diagnostico-terapeutico ottimale.

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