Un altro cambio di paradigma per Sacubitril-Valsartan: anche poco è meglio di niente!
di Vittoria Rizzello
27 Dicembre 2022

Nel trial randomizzato PARADIGM, sacubitril-valsartan (S-V) al dosaggio di 97/103 mg bid ha dimostrato di ridurre, rispetto ad enalapril, in maniera significativa e consistente sia l’end-point primario composito di mortalità totale e ospedalizzazioni per scompenso che molteplici end-point secondari, tra cui la morte aritmica e la qualità di vita (1).

Nella pratica clinica però il dosaggio target di S-V viene difficilmente raggiunto. Nonostante ciò, un importante miglioramento clinico viene spesso osservato anche in pazienti che assumono i dosaggi basso e intermedio di S-V. Questa osservazione comune tra i cardiologi che seguono i pazienti con  scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (SCrFE) ha generato un “sentore” diffuso che anche piccole dosi di S-V siano meglio di niente.

Tale “sentore” è stato recentemente confermato e  “nobilitato” dalla pubblicazione su JACC di una sotto-analisi dello studio PROVE-HF (2) che ha confermato su un numero consistente di pazienti quanto i singoli cardiologi sperimentano nella propria pratica clinica.

Mohebi R e coll hanno studiato i 794 pazienti con SCrFE  inclusi nello studio PROVE-HF (3), uno studio di fase-4, open-label, a singolo gruppo, multicentrico, in cui è stato valutato l’effetto di S-V su diversi parametri bioumorali e di rimodellamento ventricolare (3).

Poiché nello studio PROVE-HF il S-V veniva titolato nel corso delle visite di follow-up, gli autori di questa recente sottoanalisi hanno analizzato l’effetto di S-V in 3 differenti gruppi di pazienti, ossia: Gruppo 1: dose media di S-V di 112 mg, Gruppo 2: dose media di 342 mg e Gruppo 3: dose media di 379 mg die.

Al basale e a  12 mesi sono stati valutati: i livelli sierici di NT-pro-BNP, di troponina T ad alta sensibilità (hs-Tn T), di ST-2 solubile e di ANP, i livelli urinari di GMP ciclico e il punteggio del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ). Inoltre, sono stati valutati la FE del ventricolo sinistro, i volumi ventricolari indicizzati, il volume atriale sinistro e l’E/e’.

Le modifiche nei livelli sierici e urinari di tutti i biomarker analizzati  sono state simili nei 3 diversi gruppi di dosaggio di S-V; il guadagno in termini di KCCQ è stato altresì analogo; il miglioramento mediano di FE del ventricolo sinistro è stato del 9.3%, 8.7% e 10.2% rispettivamente nel Gruppo a bassa, media e alta dose di S-V; un simile miglioramento nei volumi atriali e ventricolari e nell’E/e’ è stato documentato nelle tre diverse categorie di dosaggio.

Considerazioni

Questo recente studio su S-V rappresenta sicuramente una conferma solida e importante a quanto viene frequentemente osservato nella pratica clinica quotidiana. Tale effetto benefico di S-V ha rappresentato una sorpresa nel management dei pazienti con SCrFE, in cui per anni siamo stati sollecitati dalle  precedenti linee-guida a titolare fino alla massima dose i farmaci raccomandati, per garantire un beneficio clinico ai nostri pazienti.

La dimostrazione che anche dosi basse di S-V si traducono in un miglioramento clinico, bioumorale e strutturale nei pazienti con SCrFE ben si accorda con indicazioni delle più recenti linee-guida che prevedono un approccio iniziale con tutti e 4 i farmaci pilastri della terapia dello SCrFE, senza particolare enfasi sul raggiungimento delle dosi target. L’utilizzo di dosi basse di S-V è infatti sicuramente più tollerato rispetto alle dosi più alte, facilitando anche l’implementazione di beta-bloccanti, anti-aldosteronici e gliflozine.

L’effetto benefico delle dosi basse di S-V non deve però rappresentare una motivazione per non titolare S-V; al contrario, in tutti i pazienti che tollerano il farmaco, la dose target deve essere perseguita e raggiunta, in quanto il beneficio sulla mortalità e le ospedalizzazioni per SC sono state dimostrate solo per la dose più alta del farmaco. Tuttavia, nei pazienti che non riescono a raggiungere le dosi testate nel PARADIGM, i dati di questo studio dimostrano che in questi pazienti vale la pena mantenere il farmaco perché anche dosi piccole possono conferire un vantaggio clinico.

Chiaramente, le conclusioni dello studio di Mohebi e coll andrebbero confermate in uno studio randomizzato in cieco e con un gruppo di controllo, in cui vengano vangano valutati gli effetti delle dosi basse e intemedie di S-V. Tuttavia, dopo i risultati dello studio PARADIGM, è altamente improbabile che un tale studio venga intrapreso; pertanto, i dati di Mohebi e coll rappresentano un’evidenza rilevante che può influenzare in maniera significativa e autorevole il management dei pazienti con SCrFE.

REFERENCES

  1. McMurray JJ, Packer M, Desai AS, Gong J, Lefkowitz MP, Rizkala AR, Rouleau JL, Shi VC, Solomon SD, Swedberg K, Zile MR; PARADIGM-HF Investigators and Committees. Angiotensin-neprilysin inhibition versus enalapril in heart failure. N Engl J Med. 2014;371(:993-1004.
  2. Mohebi R, Liu Y, Piña IL, Prescott MF, Butler J, Felker GM, Ward JH, Solomon SD, Januzzi JL Jr. Dose-Response to Sacubitril/Valsartan in Patients With Heart Failure and Reduced Ejection Fraction. J Am Coll Cardiol. 2022;80:1529-1541
  3. Januzzi JL, Butler J, Fombu E, Maisel A, McCague K, Piña IL, Prescott MF, Riebman JB, Solomon S. Rationale and methods of the Prospective Study of Biomarkers, Symptom Improvement, and Ventricular Remodeling During Sacubitril/Valsartan Therapy for Heart Failure (PROVE-HF). Am Heart J. 2018;199:130-136.