Tumore al seno e fibrillazione atriale: causalità o casualità?
di Filippo Stazi
14 Dicembre 2021

Tumore al seno e fibrillazione atriale sono due patologie in costante aumento. Un recente studio, basato su 85.423 ultrasessantaseienni pazienti incluse nel registro SEER-Medicare, solleva il sospetto che le due condizioni siano tra loro associate. 9.425 di queste pazienti (età mediana 81 anni), l’11% del totale aveva fibrillazione atriale già prima della diagnosi di neoplasia mammaria. 2.993 soggetti (età mediana 78 anni), il 3,9% dell’intero gruppo, sviluppava, invece, l’aritmia nel primo anno successivo alla diagnosi di tumore rispetto all’1,8% del gruppo di controllo, costituito da soggetti affini per caratteristiche cliniche ma senza neoplasia. In particolare, lo 0,6% sviluppava l’aritmia nei primi 30 giorni dopo la diagnosi oncologica e il 2,1% dopo i primi sei mesi, con un’incidenza mensile a partire dal secondo mese di 0,3%. Il gruppo senza fibrillazione atriale era più giovane di quello con l’aritmia (età mediana 74 anni). Inoltre l’incidenza di fibrillazione atriale insorta dopo la diagnosi oncologica era maggiore nelle pazienti che non venivano sottoposte in prima battuta al trattamento chirurgico (23,5% vs 10,4%, p < 0.001, HR 4,39) o alla radioterapia (66,5% vs 52,3%, p < 0.001, HR 1,46) ed in quelle con malattia neoplastica avanzata rispetto a quello con neoplasia in fase iniziale (14,8% vs 6,3%, p < 0.001), con un aumento del rischio del 300% nello stadio IV di malattia rispetto allo stadio I. Fattori di rischio per la comparsa dell’aritmia erano, inoltre, una storia d’ipertensione, di diabete e di pregresso stroke ma anche la concomitante presenza di depressione (HR 1,21) e anemia (HR 1,46). L’assunzione, a qualsiasi titolo, di betabloccanti, ACE inibitori, Sartani ed antialdosteronici riduceva la probabilità di comparsa della fibrillazione. Nell’ambito delle pazienti trattate chirurgicamente, più l’intervento era complesso (mastectomia radicale vs semplice vs lumpectomia), maggiore era il rischio di aritmia. Il rischio di nuova insorgenza di aritmia, infine, era minore in chi veniva sottoposto a brachiterapia rispetto alla radioterapia tradizionale (HR 0,51).

Confrontando la mortalità ad un anno nel gruppo con fibrillazione atriale insorta nei primi 30 giorni dopo la diagnosi di neoplasia, con quella del gruppo che era già aritmico prima di tale diagnosi, si è osservato un andamento peggiore nel primo (sopravvivenza rispettivamente del 62,2% vs 85%). Tale differenza era dovuta ad un aumento della mortalità cardiovascolare (HR 3,0 vs 1,36 rispettivamente nei due gruppi) ma non di quella legata al tumore. Le cause di morte cardiovascolare erano principalmente costituite da scompenso (63,3%), embolie sistemiche (16,7%), stroke ischemico (16,7%) e aritmie (13,3%). L’uso di terapie cardiologiche (betabloccanti, ACE inibitori, Sartani ed antialdosteronici) riduceva, come detto, il rischio della comparsa dell’aritmia ma una volta che questa era insorta non conferiva alcun effetto protettivo in termini di sopravvivenza.

Lo studio non chiarisce se il tumore favorisca l’insorgenza della fibrillazione atriale direttamente o indirettamente come risultato delle terapie attuate. Il fatto che l’incidenza dell’aritmia sia maggiore nei primi due mesi dopo la diagnosi, periodo in cui si concentrano le terapia oncologiche (chemioterapia, radioterapia, chirurgia), tutte possibili cause di stress ed infiammazione, a loro volta legate alla comparsa dell’aritmia, è sicuramente degno di nota. Si può però anche ipotizzare che l’aumentata incidenza di fibrillazione atriale dopo la scoperta di un tumore al seno possa dipendere direttamente dallo stato proinfiammatorio e dagli squilibri idroelettrolitici indotti dal tumore, così come dalle alterate condizioni di salute generali conseguenti alla presenza della malattia oncologica. Studi clinici e preclinici hanno poi dimostrato la presenza di fibrosi cardiaca negli stati avanzati di neoplasia mammaria che può giustificare, ad esempio, l’aumentata incidenza dell’aritmia nei tumori più gravi. Il dato del maggior rischio aritmico nei soggetti non inizialmente trattati con la chirurgia o la radioterapia potrebbe invece riflettere l’importanza della severità della malattia oncologica, in quanto i pazienti più gravi sono più spesso trattati inizialmente con la sola chemioterapia. Anche la maggior incidenza di aritmie nei casi chirurgici più complessi è probabilmente conseguenza di una malattia neoplastica più severa che richiede una chirurgia più demolitiva, sebbene non si possa escludere un nesso con una maggiore perdita di sangue o con più significativi squilibri elettrolitici dovuti alla maggiore durata dell’intervento chirurgico. La minore frequenza di fibrillazione dopo brachiterapia rispetto alla radioterapia tradizionale, infine, potrebbe invece dipendere dalla minore dose di radiazioni assorbite dal cuore.

In letteratura non sono al momento disponibili molti dati specifici sull’effetto della terapia anticoagulante nei vari tipi di cancro e non è quindi chiaramente definito se il beneficio della terapia anticoagulante nei pazienti fibrillanti neoplastici sia sovrapponibile a quello della popolazione generale. Il rischio tromboembolico della fibrillazione, infatti, potrebbe essere potenziato dal tumore così come, d’altro canto, anche il rischio di emorragie maggiori, indotto dalla terapia anticoagulante, potrebbe in questa popolazione essere maggiore che in quella generale. In questo studio è stata condotta un’analisi solo esplorativa che sembra però evidenziare una riduzione della mortalità totale nei soggetti trattati con la terapia anticoagulante orale (HR 0,43). Purtroppo non è specificato il numero di pazienti trattati con tale terapia né se l’embolia sistemica era meno frequente in questi senza un significativo incremento delle emorragie. E’ comunque da notare come i sanguinamenti non rientrino tra i principali determinanti della mortalità totale.

In conclusione l’incidenza di fibrillazione atriale è significativamente più alta dopo la diagnosi di tumore al seno e il rischio di tale aritmia aumenta parallelamente alla gravità del tumore. Non è certo se tale associazione sia casuale o, più probabilmente, causale. In questo secondo caso l’aritmia potrebbe dipendere sia dagli effetti diretti della neoplasia che dalle conseguenza delle terapie oncologiche. In ogni caso la comparsa di fibrillazione atriale determina un significativo aumento della mortalità cardiovascolare e, di conseguenza, di quella totale. Per tale motivo ogni sforzo deve essere attuato per cercare di prevenirne la comparsa.

Bibliografia

  1. Guha A, Fradley MG, Dent SF et al. Incidence, risk factors and mortality of atrial fibrillation in breast cancer: a SEER-Medicare analysis. Eur H J 2021; 00: 1-13
  2. Muhlfeld C, Das SK, Heinzel FR et al. Cancer induces cardiomyocyte remodeling and hypoinnervation in the left ventricle of the mouse heart. PLoS One 2011;6:e20424