Trattamento dell’ipertensione polmonare tromboembolica cronica: una nuova sfida per il cardiologo interventista
di Vittoria Rizzello
01 Luglio 2025

Il tromboembolismo cerebrale è la complicanza più temuta della fibrillazione atriale (FA). La terapia anticoagulante orale riduce il rischio di ictus del 60%, portando ad un’incidenza assoluta di appena l’1-2% all’anno, per lo meno nei gruppi di intervento degli studi clinici randomizzati. Tuttavia, nella pratica clinica, la recidiva di ictus nella FA nonostante terapia di prevenzione ottimale rappresenta un problema emergente e insoddisfatto. Recenti studi dimostrano infatti come l’ictus nonostante terapia anticoagulante orale rappresenti ormai quasi il 40% degli ictus correlati alla FA (1). È inoltre ampiamente riconosciuto che un pregresso ictus è il fattore di rischio più importante per un futuro ictus nei pazienti con FA. Nonostante ciò, esistono dati limitati sul rischio residuo di recidiva di ictus in questo contesto clinico. Per avere una migliore comprensione, anche numerica, del problema McCabe e collaboratori hanno condotto una metanalisi su 23 studi condotti sull’argomento per un totale di 140.307 pazienti (2). L’outcome primario era la prima recidiva di ictus ischemico durante il follow-up. Gli outcomes secondari erano invece costituiti dalla recidiva di ictus di qualsiasi tipo (ischemico o emorragico) e dalla comparsa di emorragia intracranica.

L’incidenza complessiva di recidiva di ictus ischemico è stata del 3,75% all’anno (IC al 95%, 3,17%-4,33%), con una sostanziale eterogeneità statistica (I2 = 97%). Il tasso di incidenza di recidiva di qualsiasi ictus è stato del 4,88% all’anno (IC al 95%, 3,87%-5,90%), sempre con una sostanziale eterogeneità statistica tra gli studi (I2 = 98%). Complessivamente, il rischio di emorragia intracranica è risultato dello 0,58% all’anno (IC al 95%, 0,43%-0,73%; I2 = 88,7%).

Nel sottogruppo di pazienti che avevano avuto il precedente ictus mentre erano già in terapia anticoagulante il tasso di incidenza cumulativo dell’outcome primario è stato del 7,20% all’anno (IC 95%, 5,05%-9,34%; I2 = 97%). Il rischio di recidiva di qualsiasi ictus durante il follow-up è risultato dell’8,96% all’anno (IC 95%, 8,25%-9,67%; 2 studi) con un rischio di emorragia intracranica dell’1,40% all’anno (IC 95%, 0,40%-2,40%; I2 = 93%; 3 studi).

Sulla base di questi dati il rischio cumulativo a 5 anni di prima recidiva d’ictus ischemico nei pazienti con FA è stato dunque stimato al 17,4% mentre quello di qualsiasi ictus (ischemico o emorragico) al 22,1%. Nei pazienti che avevano sperimentato il precedente ictus nonostante la terapia anticoagulante, il rischio di recidiva ischemica o di qualsiasi altro ictus era previsto essere rispettivamente del 31,2% e del 37,5%.

I dati salienti di questa analisi sono i seguenti: 1) nonostante l’elevato utilizzo di anticoagulanti orali, il rischio residuo di ictus ischemico ricorrente è di circa il 4% l’anno. Di conseguenza 1 paziente con FA su 6 svilupperà un ictus ischemico ricorrente a 5 anni; 2) il rischio di recidiva d’ictus è 2 volte maggiore di quanto segnalato nei trial randomizzati; 3) i pazienti con FA che hanno un ictus nonostante la terapia anticoagulante rappresentano un gruppo a rischio molto elevato, con una probabilità di recidiva di ictus che si avvicina al 9% all’anno.

Nel complesso, questi dati indicano che l’attuale paradigma di trattamento per la prevenzione secondaria dell’ictus nella FA non è ottimale. Sono urgentemente necessarie ulteriori ricerche per identificare i pazienti a maggior rischio e sviluppare nuove strategie terapeutiche per ridurre questo rischio residuo. Queste possono prevedere l’aggiunta alla terapia anticoagulante dell’occlusione percutanea dell’auricola sinistra, il posizionamento di un filtro carotideo, una maggiore aggressività nel controllo precoce del ritmo e, infine, l’introduzione di terapie farmacologiche mirate ai pathways infiammatori. Studi randomizzati già in fase di progettazione ci daranno probabilmente in futuro risposte in merito. Nel frattempo non bisogna dimenticare che dal 24% al 35% delle recidive nei pazienti con FA riconoscono un’eziologia differente da quella aritmica e che tra queste i meccanismi aterosclerotici predominano (3-4) Le cause delle recidive d’ictus nonostante terapia anticoagulante sono dunque complesse ed è pertanto obbligatorio un approccio individualizzato all’assistenza del paziente. Quel che al momento appare chiaro dai dati esistenti, peraltro non randomizzati, è che il passaggio da una terapia anticoagulante orale a un’altra non è efficace nel ridurre le recidive e che l’aggiunta di antiaggreganti piastrinici è non solo inefficace ma anche dannosa perché aumenta il rischio emorragico (5).

Bibliografia:

  1. Meinel TR, Branca M, De Marchis GM et al. Investigators of the Swiss Stroke Registry. Prior anticoagulation in patients with ischemic stroke and atrial fibrillation. Ann Neurol. 2021;89(1):42-53. doi:10.1002/ana.2591
  2. McCabe JJ, Cheung Y, Foley M et al. Residual Risk of Recurrent Stroke Despite Anticoagulation in Patients with Atrial Fibrillation. A Systematic Review and Meta-Analysis JAMA Neurol. doi:10.1001/jamaneurol.2025.1337
  3. Herlekar R, Sur Roy A, Hajiev S, et al. The contribution of competing mechanisms in stroke despite anticoagulation in patients with atrial fibrillation. Eur Stroke J. 2023;8(2):541-548. doi:10.1177/23969873231168367
  4. Polymeris AA, Meinel TR, Oehler H, et al. Aetiology, secondary prevention strategies and outcomes of ischaemic stroke despite oral anticoagulant therapy in patients with atrial fibrillation. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2022;93(6):588-598. doi:10.1136/jnnp-2021-328391
  5. Mota Telles JP, Cenci GI, Marinheiro G, et al. Anticoagulation strategy for patients presenting with ischemic strokes while using a direct oral anticoagulant: a systematic review and meta-analysis. Int J Stroke. 2025;20(1):42-52. doi:10.1177/17474930241270443