Timing dell’ablazione della TV: la PARTITA è aperta
di Filippo Stazi
20 Dicembre 2022

Una precoce procedura di ablazione della tachicardia ventricolare (TV) dopo il primo shock erogato dal defibrillatore impiantabile (ICD) potrebbe essere clinicamente vantaggioso. Questo è quanto sembra emergere dall’analisi dei dati del recente PARTITA Trial (1).

Al momento, in ossequio alle vigenti linee guida internazionali, l’ablazione della TV è indicata nei pazienti con cardiopatia strutturale, portatori di ICD e con episodi recidivanti di TV responsabili di shock appropriati erogati dal dispositivo. E’ però noto che l’erogazione di shock appropriati da parte dell’ICD si ripercuote negativamente su prognosi e qualità di vita dei pazienti (2). Alcuni studi retrospettivi (3), inoltre, hanno rilevato che un’ablazione precoce della TV, sia nelle forme ischemiche che non ischemiche di cardiomiopatia, riduce il rischio di recidive aritmiche. Altri dati (4), sempre retrospettivi, hanno, infine, evidenziato come l’assenza di recidive di TV dopo ablazione sia associata ad un miglioramento della sopravvivenza. Alla luce di tutto ciò il posticipare la procedura di ablazione potrebbe aumentare il rischio di recidive aritmiche ed inficiare dunque negativamente sull’evoluzione del quadro clinico. Il PARTITA Trial è stato perciò condotto proprio per verificare il significato prognostico di un’ablazione della TV già dopo il primo episodio di recidiva aritmica responsabile di intervento appropriato da parte dell’ICD.

Nello studio 47 pazienti con cardiomiopatia sia ischemica che non ischemica, portatori di ICD, impiantato sia in prevenzione primaria che secondaria,  e con una recidiva di TV responsabile di shock appropriato erogato dal dispositivo, sono stati randomizzati ad ablazione della TV od a terapia standard.  L’età media dei pazienti era 68 anni, l’81% aveva un pregresso infarto ed il 74% aveva ricevuto l’ICD in prevenzione primaria. I due gruppi non presentavano differenze significative tra loro sebbene vi fosse un trend per una maggiore età nel gruppo sottoposto ad ablazione (p = 0.059). Lo studio è stato interrotto precocemente dopo un follow up mediano di 24 mesi, al momento di un’analisi intention to treat ad interim, in quanto l’endpoint primario (un composito di  morte per ogni causa o peggioramento dello scompenso cardiaco comportante ospedalizzazione) si verificava in misura significativamente minore nel gruppo ablato: 1 paziente vs 10, 4% vs 42%, p = 0.010. La differenza si manteneva anche dopo l’esclusione delle morti non cardiache: 1 vs 6, 4% vs 25%, p = 0.053. 5 pazienti del gruppo ablazione non avevano in realtà eseguito la procedura a differenza di 1 componente del gruppo destinato a terapia standard che aveva invece ricevuto il trattamento interventistico a seguito dell’occorrenza di uno storm aritmico. Relativamente agli end points secondari l’ablazione riduceva significativamente sia il rischio di  morte per tutte le cause (0 vs 33%, p = 0.004) che le recidive di shock appropriati per TV (9 vs 42%, p = 0.039). Si osservava poi un trend verso la riduzione delle morti cardiache (0 vs 13%, p = 0.087) mentre nessuna differenza era rilevata riguardo a ospedalizzazioni per peggioramento dello scompenso (4 vs 17%, p = 0.159), recidive di TV di qualsiasi tipo (30 vs 50%, p = 0.434), recidive di TV trattate efficacemente con terapie antitachicardiche (ATP) (30 vs 46%, p = 0.639) o, infine, occorrenza di storm elettrico (0 vs 8%, p = 0.280). Nessuna complicanza correlata alle procedure ablative veniva registrata durante lo studio.

Il limitato numero di pazienti arruolati nello studio non consente ovviamente di sancire categoricamente la strategia terapeutica valutata nel PARTITA ma ciò nonostante tale condotta appare ragionevole. Essa, infatti, suggerisce una maggiore aggressività terapeutica in una categoria di pazienti ad alto rischio clinico ma al contempo limita la procedura ablativa a coloro che hanno già sperimentato una recidiva aritmica dopo l’impianto del defibrillatore e per tale motivo a rischio ulteriormente aumentato. Limitazione condivisibile anche alla luce del pericolo di complicanze procedurali dell’ablazione che, sebbene non registrate nel trial in esame, sono comunque possibili e temibili. Inutile dire che altri studi di più cospicue dimensioni saranno necessari per stabilire definitivamente il corretto timing dell’ablazione delle TV.

Bibliografia

  1. Della Bella P, Baratto F, Vergara P et al. Does Timing of Ventricular Tachycardia Ablation Affect Prognosis in Patients With an Implantable Cardioverter Defibrillator? Results From the Multicenter Randomized PARTITA Trial. Circulation. 2022;145:1829–1838
  2. Moss AJ, Greenberg H, Case RB et al. Long-term clinical course of patients after termination of ventricular tachyarrhythmia by an implanted defibrillator. Circulation. 2004;110:3760–3765.
  3. Frankel DS, Mountantonakis SE, Robinson MR et al. Ventricular tachycardia ablation remains treatment of last resort in structural heart disease: argument for earlier intervention. J Cardiovasc Electrophysiol. 2011;22:1123–1128.
  4. Tung R, Vaseghi M, Frankel DS et al. Freedom from recurrent ventricular tachycardia after catheter ablation is associated with improved survival in patients with structural heart disease: An International VT Ablation Center Collaborative Group study. Heart Rhythm. 2015;12:1997–2007.