La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia cardiaca sostenuta più comune nel mondo [1] ed è associata ad un aumentato rischio di stroke, demenza e bassa qualità di vita (QOL) [2].
La patogenesi della demenza potrebbe essere correlata sia agli effetti emodinamici della fibrillazione atriale, da riferirsi principalmente alla riduzione dell’output cardiaco e quindi all’ipoperfusione cerebrale, che alla micro e macro embolia. Se da un lato gli effetti emodinamici possono essere mitigati con strategie di controllo del ritmo, gli effetti tromboembolici vengono trattati con la terapia anticoagulante, che rimane una strategia fondamentale nei pazienti con fibrillazione atriale indipendentemente dal mantenimento o meno del ritmo sinusale [3].
L’osservazione autoptica ed ecocardiografica che più del 90% dei trombi, in corso di FA, si formi nell’auricola sinistra ha portato allo sviluppo di dispositivi di occlusione dello stessa per ridurre il rischio di tromboembolia. Questi device trovano ancora relativamente poco spazio nella pratica clinica, venendone confinato l’utilizzo prevalentemente a pazienti in cui vi è controindicazione all’utilizzo della terapia anticoagulante.
Nel loro studio prospettivo Mohanty e colleghi [4] hanno valutato 98 pazienti consecutivi con FA sottoposti ad ablazione transcatetere e a chiusura transcatetere di auricola sinistra (LAAO group) o terapia anticoagulante (OAC group). L’indirizzo terapeutico non subiva un processo di randomizzazione ma si basava sulla scelta del paziente e del medico. Gli autori hanno valutato lo stato cognitivo applicando il Montreal Cognitive Assessment (MoCA) al baseline (prima della LAAO o dell’ablazione di FA) e ad un anno. Un valore > 26 indicava un livello cognitivo normale, un valore tra 18 e 26 lieve demenza, mentre un valore < di 17 demenza conclamata. Una modifica del MoCA score di 1.7 punti veniva considerata significativa. Anche la qualità di vita è stata valutata al baseline e ad un anno con il questionario AFEQT (Atrial Fibrillation Effect on QualiTy-of-life. Il punteggio era valutato da zero a cento, una modifica in senso positivo o negativo di cinque punti era considerata un cambiamento significativo della salute generale del paziente.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ablazione transcatetere della fibrillazione atriale. Nel gruppo LAAO si è poi proceduto con la chiusura dell’auricola con dispositivo Watchman. Per quanto riguarda la strategia anticoagulante e antiaggregante dei pazienti del gruppo LAAO, sono stati mantenuti ad OAC fino al primo follow up con ecografia transesofagea a 45 giorni. In caso di completa occlusione dell’auricola veniva continuata terapia anticoagulante con inibitori diretti per sei mesi a dose dimezzata e poi solo aspirina. Unica eccezione riguardava i pazienti con atrio sinistro dilatato o moderato/denso smoke effect atriale che continuavano anticoagulanti orali ad azione diretta (DOAC) a dose dimezzata. Se al controllo transesofageo ad un anno veniva riscontrato leak periprotesico ≥ 5 mm era raccomandata chiusura percutanea con coil. Nel gruppo OAC dopo l’ablazione transcatetere veniva continuata la terapia anticoagulante orale (DOAC 83.3% e Warfarin 16.7%).
Le caratteristiche basali erano simili nei due gruppi, eccetto che per il CHA2DS2-VASc score e l’età ≥ 75 anni che erano significativamente più alti nel gruppo LAAO. Il MoCA al baseline era simile in entrambi i gruppi [gruppo LAAO 26.18 (25.47–26.89) e gruppo OAC 26.08 (25.38–26.78) (P=0.846)] e diminuiva di 2.74 punti nel gruppo OAC ad un anno [-2.74 (95% CI, -3.61 to -1.87; p <0.0001)]. Nel gruppo LAAO non si è osservata una riduzione del punteggio dello score MoCA 0.79; 95% IC, -0.06 to 1.64; p= 0.07. Andando ad analizzare meglio i dati 32 (64%) pazienti nel gruppo LAAO e 29 (60.4%) nel gruppo OAC avevano normale funzione cognitiva. Al follow up ad un anno il 55% (16/29) dei pazienti OAC sviluppava lieve demenza, mentre questo avveniva nel 9% (3/32) di quelli sottoposti a LAAO. 18 pazienti del gruppo LAAO (36%) e 19 pazienti del gruppo OAC (39.6%) avevano lieve demenza al baseline e ad un anno un numero maggiore di pazienti del primo gruppo ha mostrato un miglioramento dello score, passando ad una funzione cognitiva normale, rispetto al gruppo OAC (61% vs 26% p 0.03). Inoltre, 1/19 del gruppo OAC ha avuto un peggioramento dello stato cognitivo mentre questo non si è osservato nel gruppo LAAO. Dopo aver corretto per fattori confondenti come età sesso e tipo di FA, mantenere la terapia anticoagulante rimaneva un predittore indipendente di declino della funzione cognitiva (coefficiente di regressione -3.38; 95% CI, -4.75 to -2.02; p < 0,0001). Da un punto di vista della qualità della vita più pazienti nel gruppo LAAO mantenevano un punteggio ADEQT stabile al follow up rispetto a pazienti nel gruppo OAC, mostrando un valore di p complessivo di 0.045.
Il dispositivo Watchman è stato comparato agli antagonisti della vitamina K (VKA) in trials randomizzati che hanno dimostrato la sua non inferiorità in pazienti con FA e rischio moderato di stroke [5,6]. Va comunque sottolineato come questi risultati erano guidati prevalentemente dalla riduzione dello stroke emorragico con una tendenza di aumento degli ictus ischemici. Per questo motivo, nonostante la procedura sia sicura ed efficace [7] trova ancora poco spazio nella pratica clinica, anche in considerazione del costo comparato a quello della terapia anticoagulante cronica. Nel trial randomizzato PRAGUE 17 si è dimostrata non inferiorità della LAAO anche contro DOAC nel prevenire gli eventi cardio embolici, la morte cardiovascolare e i sanguinamenti [8]. Non vi sono studi randomizzati controllati di superiorità tali da giustificare il costo della procedura rispetto ai DOAC che rimane infatti consigliata in classe IIB in pazienti in cui è controindicata la terapia anticoagulante orale a lungo termine nelle linee guida ESC 2020. D a notare come In studi real world si sia osservata invece una più bassa incidenza sia di eventi ischemici che emorragici [9].
Nel loro interessante articolo, gli autori hanno dimostrando una riduzione dello stato cognitivo significativamente maggiore nel gruppo OAC (83% faceva DOAC) rispetto al gruppo LAAO. Non è chiaro se l’associazione FA demenza sia legata al caso, a modifiche emodinamiche o legata a problemi vascolari. Una spiegazione potrebbe trovarsi nei micro-sanguinamenti: è possibile che occludendo la principale fonte di formazione dei trombi si vadano a ridurre gli ictus causati da micro/macro embolia, senza però subire l’altra faccia della medaglia e quindi i micro/macro sanguinamenti cerebrali che potrebbero aumentare in corso di terapia anticoagulante cronica [10,11]. Micro embolia e micro-sanguinamenti sono entrambe situazioni potenzialmente causa di demenza. In questo studio l’assenza di controllo alla risonanza magnetica cerebrale rende impossibile comprendere quale meccanismo sia stato alla base del peggioramento delle funzioni cognitive. Altri fattori precedentemente associati a demenza come l’uso di farmaci anticolinergici, beta bloccanti o i livelli di peptide natriuretico erano simili nelle popolazioni in esame.
Tra i limiti di questo vi sono tra gli altri il numero di pazienti e il disegno non randomizzato, anche se va sottolineato che i pazienti del gruppo LAAO avevano CHA2DS2-VASc score più alto ed erano più anziani, entrambi fattori che dovrebbero peggiorare gli outcome del gruppo LAAO. Inoltre, la popolazione in esame non riflette pienamente il real world, essendo composta da soggetti che erano stati sottoposti ad ablazione transcatetere di FA. Forse introducendo una terza popolazione di pazienti in cui oltre alla chiusura dell’auricola si manteneva la terapia anticoagulante si potrebbe stabilire meglio il contributo delle micro-embolie rispetto ai micro-sanguinamenti. Ulteriori studi sull’argomento sono necessari: infatti se è vero che da un lato la procedura è costosa, dall’altro la riduzione della demenza in pazienti con fibrillazione atriale porterebbe al miglioramento della salute della popolazione generale e ad un risparmio in termini economici senz’altro superiore ai costi della procedura in sé.
Bibliografia
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