Dopo circa 20 anni dal pioneristico intervento eseguito dal professor Alain Cribier, recentemente scomparso, in un paziente non operabile chirurgicamente nel 20021, l’impianto trans-catetere di valvola aortica (TAVI) rappresenta ormai una valida alternativa per il trattamento di numerosi pazienti con stenosi aortica severa.
In seguito alla pubblicazione dei risultati di numerosi trials che hanno dimostrato la non-inferiorità dell’intervento di TAVI rispetto alla chirurgia tradizionale in pazienti con rischio chirurgico elevato e non solo, le ultime linee guida europee 2021 sul management delle valvulopatie raccomandano la TAVI in classe IA per tutti i pazienti di età uguale o maggiore di 75 anni o non idonei all’intervento chirurgico(STS-PROM/EuroSCORE II >8%)2. Nelle più recenti linee guida americane del 2022 il limite minimo di età è stato fissato a 65 anni3. Entrambe le linee guida internazionali concordano nel sottolineare l’importanza di bilanciare l’aspettativa di vita del paziente con la durabilità della valvola bioprotesica. La chirurgia è ancora raccomandata per i pazienti più giovani principalmente poiché la durata a lungo termine delle valvole cardiache transcatetere rimane poco nota. Tuttavia, poiché la TAVI rappresenta un trattamento meno invasivo, un numero crescente di pazienti giovani viene sempre più frequentemente trattato con questa metodica. Negli Stati Uniti circa la metà dei pazienti di età inferiore a 65 anni trattati per stenosi aortica isolata viene sottoposto a TAVI, ponendo il problema sulla durabilità della bioprotesi data la maggior aspettativa di vita4.
In passato, gli studi hanno riguardato esclusivamente pazienti a rischio estremo o elevato, in genere in età avanzata, conducendo a una mancanza di dati con un follow-up a lungo termine. Gli studi su gruppi di pazienti a rischio intermedio e basso, con aspettativa di vita maggiore,s offrono la possibilità di fare maggiore luce su questo tema. Tuttavia, la maggior parte degli studi pubblicati ad oggi presenta un follow-up a breve o medio termine. I dati a 10 anni del trial NOTION, recentemente pubblicati sulla rivista European Heart Journal5, sono tra i primi a confrontare in un periodo temporale così esteso gli outcomes dei pazienti sottoposti a TAVI vs. sostituzione chirurgica tradizionale (SAVR).
Nello studio, 280 pazienti sono stati arruolati in 3 centri del nord Europa, senza definire alcun profilo di rischio specifico come criterio di inclusione. Ciò ha comportato l’arruolamento di pazienti soprattutto anziani, con età media pari a 79 anni, ma a basso rischio chirurgico, con oltre l’80% dei pazienti con un punteggio STS-PROM basso (<4%) e comorbidità limitate. I pazienti randomizzati a TAVI hanno ricevuto una bioprotesi autoespandibile di prima o seconda generazione. Il follow-up a lungo termine ha confermato i dati che erano stati pubblicati ad un anno6, riportando nessuna differenza tra TAVI e SAVR per quanto riguarda l’endpoint primario morte per qualsiasi causa, ictus o infarto del miocardio a 10 anni di follow-up (TAVI 65.5% and SAVR 65.5%, HR 1.0; 95%CI 0.7–1.3, p=0.9)5. Esaminando le complicanze singolarmente, i ricercatori hanno inoltre riscontrato tassi comparabili di morte cardiovascolare, ictus, attacco ischemico transitorio e infarto miocardico tra i due gruppi.
Gli investigatori del NOTION trial hanno indagato direttamente la durabilità della valvola biologica, utilizzando i criteri proposti dalla Valve Academic Research Consortium (VARC)-37. In accordo con questi criteri, sono stati valutati gli endpoint di disfunzione (definito come deterioramento strutturale e non-strutturale della valvola, trombosi o endocardite) e failure della protesi (definito come morte correlata alla valvola o re-intervento della valvola aortica dopo grave disfunzione emodinamica della valvola). A 10 anni di follow-up, gli investigatori hanno riscontrato una minore incidenza di failure della valvola nel gruppo TAVI rispetto alla chirugia tradizionale, seppur questa differenza non ha raggiunto una differenza statisticamente significativa (TAVI 9.7% and SAVR 13.8%, HR, 0.7; 95%CI 0.4–1.5, p=0.4). Inoltre il gruppo TAVI presentava un rischio di degenerazione della valvola definito come gradiente medio all’ecocardiografia trans-toracica (≥30 mmHg secondo i criteri VARC-3), significativamente inferiore (1.5% vs 10%, p=0.004).
I risultati, in linea con quelli recentemente pubblicati sul follow-up a 5 e 4 anni del PARTNER 38 e dell’EVOLUTE trial9, sono complessivamente incoraggianti e aprono nuovi scenari per il trattamento di pazienti con stenosi aortica severa e lunga aspettativa di vita. Tuttavia, alcuni aspetti importanti non devono essere trascurati prima di raccomandare l’intervento di TAVI a pazienti in età più giovanile. L’età media dei pazienti nel NOTION trial, l’unico al momento con un follow-up a 10 anni, era superiore ai 75 anni. Inoltre, la maggior parte dei pazienti con stenosi aortica severa in età più giovanile presentano più spesso una bicuspidia, una particolare anatomia spesso esclusa dai grandi trials (incluso il NOTION). La valutazione della TAVI nei pazienti più giovani deve anche tenere conto del fatto che la loro aspettativa di vita più lunga potrebbe richiedere future multiple procedure coronariche, valvolari o entrambe.
In conclusione, la pubblicazione di risultati a lungo termine confermano gli ottimi risultati mostrati dalla TAVI a breve e medio termine. In considerazione degli aspetti emersi sino ad ora, sembra ragionevole affermare che la scelta riguardo la tipologia di intervento da offrire ai soggetti con stenosi aortica severa e lunga aspettativa di vita deve tenere conto di numerosi fattori clinici, anatomici e delle preferenze del singolo individuo, mantenendo come priorità una gestione ‘’lifetime’’ non solo della valvola ma del paziente stesso.
Bibliografia
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