F.Prati: C’è molto entusiasmo attorno alle procedure di TAVI. Numerosi studi riportano risultati a medio lungo termine persino migliorativi rispetto a quelli della chirurgia tradizionale. Le complicanze della TAVI inoltre sembrano essersi ridotte in modo marcato rispetto alle prime esperienze. Chiediamo al dottor Saia se è proprio così.
F.Saia: Si le complicanze della TAVI che possono insorgere nella fase immediatamente successiva alla procedura o più avanti nel tempo sono poco frequenti ma comunque importanti per il potenziale impatto prognostico negativo
F.Prati: Ce le puoi riassumere?
F.Saia: Abbiamo le complicanze periprocedurali, che condizionano l’outcome immediato come l’ictus, i sanguinamenti e le complicanze vascolari..
Mi sento di dire che il loro impatto si e’ notevolmente ridotto grazie agli sviluppi tecnologici, all’aumentata esperienza degli operatori , e credo anche all’approccio minimalista che viene ormai effettuato in molti centri
L’ictus tardivo, la trombosi valvolare, l’endocardite infettiva e il declino cognitivo sono invece tra le principali complicanze che possono comparire anche più avanti nella storia clinica del paziente, in forma subclinica o clinicamente manifesta.
F.Prati: Dacci qualche numero
F.Saia: L’ictus periprocedurale si è ridotto in modo drammatico nel tempo scendendo da percentuali che erano comprese tra il 5 ed il 10% nei primi trials per arrivare a percentuali al di sotto dell’ 1% negli studi più recenti. In questo caso la riduzione della complicanza va attribuita non solo ai miglioramenti tecnologici ma anche alla selezione di pazienti sicuramente meno compromessi rispetto alle prime esperienze. Ancora incerto è invece il ruolo dei device di protezione cerebrale. Dall’altro lato, l’incidenza di ictus durante il follow-up, principalmente legato alle comorbilita’ dei pazienti, decorre in parallelo all’incidenza registrata nella popolazione generale a parita’ di fattori di rischio ed e’ quindi da tenere in dovuto conto per impostare una corretta terapia farmacologica.
La trombosi valvolare si attesta su percentuali comprese tra lo 0,6 ed il 2%. Si tratta di percentuali ben più basse rispetto al riscontro ecocardiografico di trombosi subclinica, che viene definita come un ispessimento dei lembi valvolari a bassa ecoriflettenza all’ ecocardiogramma. Il significato di questi reperti subclinici e’ in via di valutazione ma sono ipotizzabili relazioni con disfunzione valvolare precoce e fenomeni ischemici cerebrali.
L’endocardite è stata riportata con incidenza compresa tra lo 0,9 ed il 3,1% e non differisce dai tassi che sono riportati in presenza di sostituzione valvolare chirurgica
F. Prati: I device di protezione embolica posso avere un ruolo ?
F.Saia: Come precedentemente detto,il ruolo di questi device e’ ancora incerto masi è visto che l’impiego di questi sistemi per proteggere il cervello è in grado di ridurre numero ed estensione delle zone di ischemia cerebrale silente rilevate con RMN.
Sono però necessari altri studi per confermare queste osservazioni iniziali e, soprattutto, documentazione di un’efficacia clinica oltre che su parametri strumentali.
F.Prati: Il deterioramento cognitivo lo possiamo considerare un problema della TAVI?
F.Saia: Si e no. Secondo uno studio recente di meta-analisi , a sei mesi dalla procedura il 14% dei pazienti sviluppano un declino cognitivo, ma nel 19% dei casi si assiste ad un miglioramento delle performance cognitive, evidentemente per un migliore irrorazione cerebrale conseguente alla procedura.
F.Prati: Questi sono dei dati che possiamo considerare molto rassicuranti. La TAVI s’impone sempre di più come soluzione nel paziente anziano e non a caso le linee guida ESC la propongono ora per i soggetti di età superiore ai 75 anni.
Il basso tasso di complicazioni della procedura è sicuramente un elemento che favorisce l’uso estensivo della metodica.