Tachicardie ventricolari ricorrenti: challenge nella diagnosi e nel trattamento
di Camilla Cavallaro
06 Aprile 2021

Un uomo di 61 anni, con storia di pregresso TIA (2018), ipertensione ed abitudine tabagica si presentava in Pronto Soccorso per palpitazioni e forte debolezza. In anamnesi riferiva diversi episodi di sincope occorsi negli anni precedenti. L’elettrocardiogramma eseguito al momento dell’accesso in Ospedale mostrava tachicardia ventricolare sostenuta (SVT) a 210 bpm (Figura 1).

 

Figura 1: L’ECG all’ingresso in PS, in corso di cardiopalmo, evidenziava una tachicardia ventricolare a 210 bpm

 

Il paziente dopo poco è andato in arresto cardiocircolatorio e sono state subito messe in atto manovre di rianimazione cardio-polmonare che risultavano efficaci. L’ECG post arresto presentava un ritmo sinusale con diffuse anomalie della ripolarizzazione ventricolare, mentre all’ecocardiogramma si evidenziava una lieve disfunzione ventricolare sinistra (frazione d’eiezione stimata al 40%), ma in assenza di chiare alterazioni della cinetica segmentaria. Veniva quindi eseguita una coronarografia in emergenza che mostrava un albero coronarico esente da stenosi significative.

Esclusa quindi la genesi ischemica delle tachicardie, il paziente è stato ricoverato presso la nostra UTIC per il proseguimento delle cure. I principali esami ematici eseguiti risultavano nella norma; si rilevava un minimo ed aspecifico incremento della troponina ultra-sensibile con curva piatta. Anche gli indici di flogosi, VES e proteina C reattiva, si mostravano nei limiti e questo rendeva molto poco probabile la possibilità di una miocardite. L’ecocardiogramma ripetuto in Unità Coronarica confermava tuttavia la disfunzione ventricolare sinistra, e pertanto si è deciso di continuare l’approfondimento diagnostico mediante l’esecuzione di una risonanza magnetica cardiaca.

Lo studio RM mostrava ipertrofia ventricolare sinistra, confermando la moderata disfunzione sistolica (FE 45%); le immagini acquisite dopo la somministrazione di mezzo di contrato indicavano la presenza di fibrosi miocardica a pattern misto (subepicardica e transmurale) a livello della porzione basale della parete infero-laterale (Figura 2). Per spiegare questo tipo di reperto sono state ipotizzate altre eziologie come la Malattia di Fabry e la sarcoidosi cardiaca. Per tale motivo il paziente veniva sottoposto al dosaggio dell’alfa-galattosidasi che risultava nei limiti e ad una PET che escludeva la presenza di fissazione anomale del 18-Fluoro-desossi-glucosio.

Figura 2: La RMN cardiaca ha mostrato ipertrofia del ventricolo sinistro; dopo la somministrazione di mezzo di contrato evidenza di fibrosi miocardica a pattern misto (subepicardica e transmurale) a livello della porzione basale della parete infero-laterale

 

In assenza di una chiara diagnosi eziologica, il paziente è stato sottoposto a studio elettrofisiologico (Figura 3) durante il quale è stata indotta tachicardia ventricolare sostenuta sintomatica per sincope. Pertanto, in considerazione dell’anamnesi e dell’evidenza di tachicardie ventricolari sostenute, spontanee ed inducibili, si è deciso di procedere con impianto di defibrillatore  ed il paziente veniva dimesso con indicazione a proseguire in terapia betabloccante.

 

Figura 3: durante lo studio elettrofisiologico inducibilità della tachicardia ventricolare sostenuta sintomatica per sincope

 

Dopo circa un mese dalla dimissione, il paziente si ripresentava in Pronto Soccorso a causa di ripetuti episodi di tachicardie ventricolari appropriatamente riconosciute ed interrotte dal defibrillatore. Inizialmente si provava a titolare la terapia betabloccante, strategia che si rivelava  però insufficiente per interrompere le tachicardie.

Si decideva, quindi, di sottoporre il paziente a mappaggio elettroanatomico (figura 4) che mostrava bassi voltaggi a livello della parete infero-laterale basale e media, sulla base di questi risultati si procedeva con un’ablazione epicardica con radiofrequenza, ed al termine della procedura il circuito risultava interrotto senza induzione di ulteriore ricorrenza di episodi di tachicardia.

 

Figura 4: il mappaggio elettro-anatomico ha evidenziato bassi voltaggi a livello della parete infero-laterale basale e media e tale zona è stata sottoposta ad una procedura di ablazione epicardica con radiofrequenza

 

Quattro mesi dopo la nuova dimissione il paziente aveva un nuovo episodio di tachicardia ventricolare sostenuta; a questo punto si decideva di procedere con una simpatectomia bilaterale (D2-D5).

Il paziente veniva quindi dimesso in terapia betabloccante e amiodarone e durante questi ultimi sette mesi di  follow-up non ha presentato ulteriori episodi di aritmia.

Questo caso clinico è risultato particolarmente “challenging” sia per quanto riguarda la diagnosi, sia per il trattamento. Inizialmente, infatti, nella diagnosi differenziale sono stati presi in considerazione diversi tipi di miocardiopatie: infarto del miocardio pregresso, miocardite, sarcoidosi cardiaca, malattia di Fabry, cardiomiopatia ipertrofica e displasia del ventricolo sinistro (tabella).

 

Diagnosi Test diagnostico Risultato Interpretazione
Infarto Miocardico (MI) Coronarografia Non aterosclerosi significativa No MI
Sarcoidosi Cardiaca 18F-FDG -PET Assenza di fissazione di 18F-FDG Esclusione Sarcoidosi
Malattia di Fabry Dosaggio

α-galattosidasi

>13 nmol/ml/h Normale attività:

 No Fabry

Miocardiopatia Ipertrofica

(HCM)

RM Cardiaca SIV 13 mm; aspetto inusuale del delayed enhancement No HCM
Displasia isolata del ventricolo sinistro RM Cardiaca Non infiltrazione adiposa Poco probabile
Miocardite RM Cardiaca delayed enhancement

sub-epicardico/ transmurale

Poco probabile

 

La coronarografia ci ha permesso di escludere rapidamente l’eziologia ischemica; sicuramente un importante contributo nel percorso diagnostico è stato fornito dalla risonanza magnetica cardiaca che ha reso possibile l’individuazione di un’area di fibrosi a localizzazione mista, sia sub-epicardica che transmurale che rendeva poco probabile la diagnosi di miocardite e di displasia isolata del ventricolo sinistro. Il dosaggio dell’alfa-galattosidasi mostrava un normale livello di attività dell’enzima e quindi il paziente non era affetto da una patologia infiltrativa come il Fabry. Il ricorso alla PET e la dimostrazione di assenza di aree patologiche di fissazione del 18-F-desossiglucosio ci permetteva invece di escludere la sarcoidosi. Probabilmente la biopsia endomiocardica in corrispondenza dell’area di fibrosi ci avrebbe permesso una caratterizzazione istologica ed una diagnosi definitiva.

Anche il trattamento degli episodi ricorrenti di tachicardie ventricolari ha richiesto un grande sforzo. A parte l’impianto del defibrillatore automatico in prevenzione secondaria, la terapia farmacologica, sia con beta-bloccanti che con amiodarone, sin da subito si è rivelata insufficiente per controllare l’aritmia. Il ricorso all’ablazione epicardica con radiofrequenza si è dimostrato quindi uno step fondamentale per interrompere il circuito delle tachicardie ventricolari. Tuttavia anche dopo tale procedura, che inizialmente sembrava essere stata risolutiva, la recidiva degli episodi aritmici ha reso necessario il ricorso alla simpatectomia bilaterale,  una procedura che ha dimostrato di ridurre il carico di aritmie ventricolari in un certo numero di pazienti con storm aritmico e suggerendo, quindi, una possibile origine catecolaminergica delle tachicardie ventricolari del nostro paziente.