Supporto nutrizionale nello scompenso cardiaco: stavamo dimenticando qualcosa?
di Camilla Cavallaro
18 Maggio 2021

Sebbene nella prevenzione primaria e secondaria delle patologie cardiovascolari su base aterosclerotica venga riconosciuta l’importanza di un’alimentazione corretta e promossa una dieta specifica associata ad una valutazione dello stato nutrizionale, nell’ambito dello scompenso cardiaco (SC) non viene mai menzionata l’importanza di questo argomento; le linee guida e le ultimissime raccomandazioni ACC 2021 si limitano a consigliare un ridotto introito di sale (1).

Il supporto nutrizionale personalizzato, nei pazienti adulti ricoverati per SC cronico ad alto rischio nutrizionale, sembrerebbe ridurre la mortalità e gli eventi cardiovascolari avversi quando confrontato con gli alimenti ospedalieri standard.

Questa importante scoperta, già emersa nel corso di una precedente metanalisi (2) è stata ora approfondita da un gruppo di ricercatori svizzeri, in un interessante studio che ha posto l’attenzione sul controllo dello stato nutrizionale dei pazienti ricoverati per SC (3). Ci sono una serie di fattori di rischio riconosciuti che contribuiscono a determinare lo stato di malnutrizione: età, comorbidità, edema intestinale che causa malasorbimento, stato infiammatorio, dispnea. Gli  autori hanno identificato una categoria “a rischio” ovvero, caratterizzata da perdita di peso, di massa muscolare, sarcopenia etc. legato al deficit nutrizionale; tali individui, che risultano essere il 40% dei pazienti ricoverati per SC, sembrerebbero trarre un gran beneficio da un supporto dietetico personalizzato (a base di cibo energetico, micronutrienti e proteine).

L’interessante lavoro sopracitato è stato pubblicato questa settimana su JACC, si tratta di un’analisi secondaria del trial randomizzato EFFORT (Effect of Early Nutritional Therapy on Frailty, Functional Outcomes and Recovery of Undernourished Medical Inpatients Trial)(4); Hersberger L  e colleghi in questa sottoanalisi che ha coinvolto 8 ospedali svizzeri, hanno  valutato nello specifico, i pazienti che presentavano un rischio nutrizionale elevato. Questi erano identificati mediante il Nutritional Risk Screening (NRS) score che tiene conto di diversi fattori: BMI<20 kg/m2, la perdita di peso registrata nell’ultimo mese, il ridotto introito di cibo nell’ultima settimana, il ricovero in terapia intensiva (5); venivano inclusi, poiché considerati ad alto rischio di malnutrizione, i pazienti con NRS>3.

I 645 pazienti arruolati (età media 78 anni, 52% uomini) con diagnosi di scompenso cardiaco cronico (di cui 36% con recente riacutizzazione), sono stati randomizzati 1:1 a ricevere un supporto nutrizionale personalizzato elaborato da un nutrizionista (a base di sostanze energetiche, proteine e micronutrienti ) vs cibo ospedaliero standard (gruppo di controllo). L’end point primario è stata la mortalità per tutte le cause a 30 gg, ulteriori dati sulla mortalità sono stati raccolti anche al follow up a 180 giorni. Endpoint secondario è stata la valutazione degli eventi CV a 30 giorni.

Dopo un mese nel gruppo che riceveva un supporto nutrizionale adeguato la mortalità è risultata significativamente ridotta: 8.4% vs 14.8% registrato nel gruppo di controllo (p = 0.002); tali risultati sono rimasti significativi anche al follow up a 180 giorni, dove è risultato che il grado di malnutrizione correlava significativamente con l’aumentata mortalità (OR per 1-point increase in Nutritional Risk Screening 2002 score: 1.65; 95% CI: 1.21 to 2.24; p = 0.001). Stando ai risultati dello studio quindi poi, pazienti identificati come a rischio molto elevato elevato, con NRS score >4 sono stati quelli che hanno beneficiato maggiormente del supporto nutrizionale. Nel gruppo con supporto nutrizionale si è verificato inoltre una significativa riduzione degli eventi CV maggiori a 30 giorni (17.4% vs. 26.9%; PR: 0.50; p = 0.001)

I pazienti ospedalizzati per scompenso cardiaco che presentano compromissione dello stato nutrizionale possono quindi trarre notevole beneficio dal supporto nutrizionale personalizzato, rispetto alla alimentazione ospedaliera standard, tale beneficio si esplica in termini di riduzione della mortalità e degli eventi cardiovascolari. Questi dati supportano l’importanza di uno screening all’ingresso in ospedale e l’inserimento all’interno dell’heart team della figura del dietologo/nutrizionista.

 Un limite importante di questo studio è legato al fatto che non è stato possibile determinare la severità dello scompenso cardiaco (BNP misurato in < 50% della popolazione studiata).

L’aspetto nutrizionale è un elemento trascurato nella gestione del paziente con scompenso cardiaco. Questo lavoro, sicuramente innovativo, mette in luce questa tematica. Occorreranno altri studi  sull’argomento ed un eventuale riconoscimento dell’importanza del deficit nutrizionale da parte di linee guida per migliorare ulteriormente il percorso di cura del paziente con scompenso cardiaco.

 

References:

  1. Maddox TM, Januzzi JL Jr., et al. 2021 update to the 2017 ACC expert consensus decision pathway for optimization of heart failure treatment: answers to 10 pivotal issues about heart failure with reduced ejection fraction: a report of the ACC Solution Set Oversight Committee. J Am Coll Cardiol 2021;77: 772–810.
  2. Bilgen F, Chen P, et al. Insufficient calorie intake worsens post-discharge quality of life and increases readmission burden in heart failure. J Am Coll Cardiol HF 2020;8:756–64.
  3. Hersberger L, Dietz A, et al. Individualized Nutritional Support for Hospitalized Patients with Chronic Heart Failure; J Am Coll Cardiol. 2021 May, 77 (18) 2307–2319.
  4. Schuetz, Philipp et al. Individualised nutritional support in medical inpatients at nutritional risk: a randomised clinical trial. The Lancet, Volume 393, Issue 10188, 2312 – 2321.
  5. Kondrup J, Højgaard R H, and an Ad Hoc ESPEN working group. Nutritional risk screening (NRS 2002): a new method based on an analysis of controlled clinical trials. Clin Nutr 2003;22:321–36.