Stratificazione del rischio nelle cardiomiopatie (dilatativa, ipertrofica e displasia aritmogena) mediante RMN
di Camilla Cavallaro intervista G. Pontone
10 Ottobre 2021

C. Cavallaro: Prof Pontone qual è il ruolo della RMC nella stratificazione del rischio di morte improvvisa nei pazienti con cardiomiopatia?

G. Pontone: La risonanza magnetica cardiaca (RMC) è una metodica di imaging che consente una completa caratterizzazione tissutale del miocardio, permettendoci di identificare e quantificare delle aree di fibrosi che spesso costituiscono il substrato per le aritmie ventricolari responsabili della morte cardiaca improvvisa (MCI). Per questo motivo la RMC nei pazienti con cardiomiopatia è uno strumento indispensabile nell’inquadramento diagnostico, nella predizione del rischio aritmico e nel processo decisionale per l’impianto di un defibrillatore cardiaco (ICD).  

C. Cavallaro: Nei soggetti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica (CMPD-NI), come potrebbe la RMC migliorare la stratificazione prognostica?

G. Pontone: In questa categoria di pazienti la risonanza cardiaca potrebbe aiutarci a selezionare meglio i pazienti che potrebbero trarre beneficio dalle terapie elettriche con ICD. Soltanto 1/5 dei pazienti con morte cardiaca improvvisa infatti, ha una FE ≤ 35% e  ben l’80% dei pazienti con FE ≤ 35% e CMPD-NI portatore di ICD non presenta al follow-up a 5 anni alcun intervento del dispositivo per tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare. E’ noto invece, come la fibrosi miocardica e la derivante disomogeneità tissutale, rappresentino un potenziale substrato per l’innesco di aritmie ventricolari minacciose.    Diversi studi hanno provato l’esistenza di una forte correlazione fra LGE, eventi aritmici ventricolari e la SCD. La presenza di fibrosi miocardica e la localizzazione di quest’ultima (il LGE a livello del setto interventricolare è maggiormente associato al rischio di MCI e mortalità totale) consentono quindi una migliore selezione dei pazienti candidati ad impianto di ICD.

C. Cavallaro: Nella valutazione della cardiomiopatia ipertrofica (CMI) quali sono i vantaggi della RMC rispetto all’ecocardiografia?

G. Pontone: La risonanza cardiaca permette di caratterizzare in maniera dettagliata il fenotipo del paziente ipertrofico, fornendo un grande contributo nella diagnosi differenziale con altre condizioni quali l’amiloidosi cardiaca ed il cuore d’atleta.  La RMC si è inoltre dimostrata capace di identificare aree di ipertrofia del ventricolo sinistro non facilmente caratterizzabili con l’ecocardiografia, in particolare a livello dell’apice e della parete anterolaterale del ventricolo sinistro; inoltre nelle forme apicali, la presenza di aneurismi, associata ad un maggiore rischio di MCI, non viene identificata frequentemente dall’ecocardiografia.

C. Cavallaro: Nei pazienti con CMI la presenza o assenza di LGE è sufficiente per individuare i pazienti più a rischio di morte improvvisa?

G. Pontone: Non proprio; circa il 50% dei soggetti con questa patologia presenta LGE, occorre quindi quantificarne l’estensione. La percentuale di tessuto fibrotico rispetto alla massa miocardica  rappresenta, in questo contesto, un marker molto più potente di rischio aritmico rispetto alla sola presenza di LGE.  In particolare, la presenza di un’estensione di LGE superiore al 15% della massa miocardica è associata ad un rischio 2 volte maggiore di SCD.

C. Cavallaro: Parliamo ora del ruolo della RMC nella cardiomiopatia aritmogena (CA)

G. Pontone: La RMC è diventata la metodica di riferimento per la valutazione del paziente con sospetta cardiomiopatia aritmogena; secondo i criteri della task force del 2010, tuttora largamente utilizzati per la diagnosi della patologia, i criteri di imaging per la diagnosi prevedono l’identificazione di alterazioni della funzione del ventricolo destro regionali o globali, associate o meno ad anomalie del ventricolo sinistro. La RMC oltre ad essere il gold standard per la valutazione delle dimensioni e funzione biventricolare, permette la caratterizzazione del tessuto miocardico. Per queste ragioni nel 2020 sono stati proposti i “Padua criteria” per la diagnosi di CA, che includono la valutazione del LGE in RMC ai fini di identificare l’infiltrazione fibro-adiposa di entrambi i ventricoli.

C. Cavallaro: In che modo la RMC ci aiuterebbe nella decisione di impiantare un ICD nel paziente con cardiomiopatia aritmogena?

G. Pontone: Individuando precocemente gli individui più a rischio di sviluppare eventi aritmici potenzialmente fatali. Uno studio interessante di RMC, pubblicato da Aquaro e colleghi ha dimostrato che le forme di CA in cui si ha un coinvolgimento prevalente del ventricolo sinistro (le cosiddette “left dominant”), con disfunzione sistolica e/o infiltrazione fibroadiposa, spesso con presenza di LGE, sono quelle con prognosi peggiore rispetto alle forme biventricolari o in cui si ha un coinvolgimento isolato del ventricolo destro. Questi pazienti presentano un rischio maggiore di MCI, arresto cardiaco abortito ed interventi appropriati dell’ICD; sulla base di questi dati, gli autori suggeriscono sempre l’impianto di ICD nel caso di coinvolgimento del ventricolo sinistro.

C. Cavallaro: Ultimamente sentiamo molto parlare di T1 mapping, T2 mapping ed ECV, in che modo potremmo avvalerci di queste tecniche per valutare i pazienti affetti da cardiomiopatia?

G. Pontone: Grazie alle sequenze parametriche di T1 e T2 mapping, la RMC riesce a riconoscere la presenza a livello tissutale di edema, fibrosi focale e diffusa, metaplasia adiposa, sovraccarico marziale oltre a fornire la possibilità di misurare un’eventuale espansione del volume extracellulare (ECV).   Con il T1 mapping posso rendere ancora più accurata la caratterizzazione tissutale, andando ad identificare la fibrosi tissutale non solo focale ma anche diffusa. Lavori recenti hanno dimostrato inoltre come l’ECV migliori significativamente l’accuratezza dell’identificazione del paziente con CMI di andare incontro a sincope ed aritmie ventricolari. Saranno sicuramente necessari studi più ampi per standardizzare queste misurazioni ma nel frattempo la ricerca si può già avvalere di questi preziosi strumenti.