Strategie per velocizzare la riperfusione in pazienti con STEMI
di Simone Budassi
02 Aprile 2024

La rapida riperfusione dei pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI)  è essenziale per preservare cellule miocardiche vitali e quindi migliorare la prognosi [1].

Importanti sono stati gli sforzi fatti fin ora per potenziare la rete dell’infarto e quindi ridurre i tempi di accesso al laboratorio di emodinamica per una rapida riperfusione. Poco studiate sono invece le strategie intraprocedurali che potrebbero ridurre ulteriormente i tempi di riperfusione.

In questo trial monocentrico randomizzato [2] Nir Levi e colleghi hanno arruolato 216 pazienti, 186 inclusi nell’analisi intention-to-treat finale, 90 sono stati sottoposti angioplastica primaria (PPCI) prima di completare la coronarografia, 94 pazienti invece venivano sottoposti a PCI primaria dopo la coronarografia. L’endpoint primario era un tempo dalla puntura alla riperfusione minore o uguale a 10 minuti. Gli endpoint secondari includevano la necessità di supporto emodinamico durane la PCI, la necessità di ventilazione invasiva o non invasiva ed il tasso di PCI fallite.

L’endpoint primario è stato raggiunto nel 51.1% di pazienti del gruppo PPCI prima della coronarografia e nel 19.1% del gruppo che aveva fatto coronarografia prima della PPCI (odds ratio, 4.4 [95% CI, 2.2-9.1]; P <0.001). In particolare il tempo puntura-riperfusione medio era 11.4 min nel primo gruppo e 17.3 minuti nel secondo  (P < 0.001). Il tempo dall’arrivo in sala alla puntura così come il tempo procedurale totale erano simili. Inoltre pazienti sottoposti a PPCI prima della coronarografia avevano una pressione arteriosa media più alta alla fine della procedura (93.6 [16.6] vs 87.6 [18.9] mm Hg; P = 0.04). Un possibile svantaggio di questa strategia potrebbe presentarsi ad esempio in caso di STEMI inferiore e/o posteriore dove sia la coronaria destra che la circonflessa potrebbero essere le lesioni culprit. Gli operatori coinvolti nel trial hanno sbagliato l’identificazione della lesione culprit all’ECG nel 10% dei pazienti del gruppo PPCI prima della coronarografia e nel 7.4% del gruppo coronarografia prima della PPCI. Anche in caso di STEMI inferiore e/o posteriore la strategia PPCI prima della coronarografia è stata superiore in termini di rapidità della riperfusione.  La popolazione esaminata nello studio era troppo esigua per valutare outcomes clinici hard come la mortalità, ma precedenti studi hanno dimostrato come  ogni 10 minuti di ritardo nella riperfusione, nel corso di un infarto miocardico, si ha un aumento dell’8% della mortalità intraospedaliera ed un  aumento del 6% della mortalità a 6 mesi [3]. Si potrebbe quindi ipotizzare che anche una riduzione seppur relativamente modesta del tempo dalla puntura alla riperfusione potrebbe portare ad altrettanti importanti effetti clinici. Secondario ma non meno importante, nel gruppo coronarografia seguita da PCI si è osservato un più alto tasso di crossover da radiale a femorale (5.6% [5 of 90] vs 14.9% [14 of 94]; P = 0.04), che nella maggior parte dei casi è stato dovuto  allo spasmo provocato dal passaggio del primo catetere (quello della coronarografia). Questa potrebbe essere un’ulteriore causa di aumento dei tempi di riperfusione che potrebbe conseguentemente peggiorare gli outcomes clinici [4]. Fare la coronarografia prima dell’angioplastica permetterebbe però di conoscere l’anatomia coronarica e quindi individuare quei soggetti che potrebbero beneficiare dalla rivascolarizzazione chirurgica mediante bypass. In realtà studi precedenti hanno mostrato alta mortalità in pazienti con STEMI inviati a bypass urgente, tant’è che le attuali linee guida suggeriscono una rivascolarizzazione ibrida, mediante PPCI del vaso culprit ed eventualmente poi una rivascolarizzazione chirurgica elettiva in pazienti con malattia trivasale e/o del tronco comune  [5].  Potrebbe, in conclusione, essere vantaggioso iniziare subito il trattamento del vaso che ipotizziamo culprit in base all’ECG, ma per avere risposte più definitive in termini di outcomes clinici, saranno necessari studi randomizzati con una più ampia popolazione in esame.

Bibliografia:

[1] Park J, Choi KH, Lee JM, et al; KAMIR-NIH (Korea Acute Myocardial Infarction Registry–National Institutes of Health) Investigators. Prognostic implications of door-to-balloon time and onset-to-door time on mortality in patients with ST-segment–elevation myocardial infarction treated with primary percutaneous coronary intervention.J Am Heart Assoc. 2019;8(9):e012188. doi:10.1161/JAHA.119.012188

[2] Levi N, Wolff R, Jubeh R, et al. Culprit Lesion Coronary Intervention Before Complete Angiography in ST-Elevation Myocardial Infarction: A Randomized Clinical Trial. JAMA Netw Open. 2024;7(3):e243729. doi:10.1001/jamanetworkopen.2024.3729

[3] Nallamothu BK, Normand SLT, Wang Y, et al. Relation between door-to-balloon times and mortality after primary percutaneous coronary intervention over time: a retrospective study. Lancet. 2015;385(9973):1114-1122. doi:10.1016/S0140-6736(14)61932-2

[4] Şahinkuş S, Aksoy MNM, Aydin E. Predictors and clinical outcomes of crossover from radial to femoral access during primary percutaneous coronary intervention. Angiology. 2020;71(9):847-852. doi:10.1177/ 0003319720940128.

[5] Lawton JS, Tamis-Holland JE, Bangalore S, et al; Writing Committee Members. 2021 ACC/AHA/SCAI guideline for coronary artery revascularization: executive summary: a report of the American College of Cardiology/ American Heart Association Joint Committee on Clinical Practice Guidelines.J Am Coll Cardiol. 2022;79(2):197-215. doi:10.1016/j.jacc.2021.09.005