STIMOLAZIONE CARDIACA DEL FASCIO DI HIS CONTRO STIMOLAZIONE VENTRICOLARE DESTRA TRADIZIONALE: CAMBIO DI PARADIGMA?
di Marco De Giusti
21 Giugno 2022

Nei pazienti affetti da bradiaritmie, che devono essere sottoposti ad impianto di pacemaker, l’elettrocatetere ventricolare destro viene solitamente inserito e fissato a livello dell’apice ventricolare. Tale posizione, oltre ad essere a rischio di perforazione cardiaca durante l’impianto, provoca, con la stimolazione elettrica, a lungo andare, la comparsa di dissincronia intra ed interventricolare (1,2), un’aumentata incidenza di fibrillazione atriale, scompenso cardiaco e infine della mortalità (3-5). Lo studio MOST (3) ha mostrato che pazienti con una percentuale di pacing ventricolare destro maggiore del 40%, avevano un rischio 2,6 volte aumentato di andare incontro ad ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Lo studio DAVID ha mostrato anche un aumento della mortalità in questi pazienti (6).

Alcuni studi hanno mostrato che è sufficiente anche una stimolazione dell’apice ventricolare destro del 20% per innescare gli eventi avversi appena mostrati (7, 8).

Sono stati quindi messi in atto degli sforzi per cercare siti alternativi di stimolazione a quella tradizionale in apice del ventricolo destro, per evitare di peggiorare la prognosi dei pazienti.

Nel 2000, Deshmukh et al (9) hanno per la prima volta posizionato l’elettrocatetere ventricolare destro sul fascio di His anziché in apice in pazienti affetti da cardiomiopatia dilatativa e da allora gli studi clinici sulla fattibilità e la sicurezza dell’impianto in tale sede si sono moltiplicati (10-12), dimostrando che la stimolazione ventricolare dal fascio di His evita la dissincronia intra ed interventricolare ed è un’alternativa più fisiologica alla classica stimolazione in apice del ventricolo destro.

Abdelraham M. et al. hanno arruolato nel loro studio (13) 765 pazienti con indicazione ad impianto di pacemaker, di età media 75,7 ± 11 anni (55,8% individui di sesso maschile e 44,2% femmine). Il campione è stato quindi suddiviso in due gruppi: gruppo di pazienti sottoposti a stimolazione dal fascio di His (332 pazienti: 43,4%) e gruppo di pazienti sottoposti a stimolazione ventricolare destra tradizionale (433 pazienti: 56,6%). In entrambi i gruppi, la frazione di eiezione ventricolare sinistra media, all’impianto, era di 54,5 ± 9,5% senza differenza statisticamente significativa e la durata media del QRS all’elettrocardiogramma era di 104,5 ±  24,5 msec nel gruppo fascio di His vs 110,5 ± 28,4 millisecondi nel gruppo stimolazione apicale destra (p < 0,01). Il 28,8% dei pazienti aveva inoltre un’anamnesi positiva per scompenso cardiaco, senza differenza tra i due gruppi, mentre il 56,9% aveva un’anamnesi positiva per fibrillazione atriale nel gruppo fascio di His e il 44,6% nel gruppo stimolazione destra tradizionale (p < 0,01).

Le indicazioni all’impianto di pacemaker erano nel 35% dei pazienti una malattia del nodo del seno e nel 65% una malattia del sistema di conduzione atrioventricolare.

Il follow-up medio per tutti i pazienti è stato di 725 ± 423 giorni (pari a 1,9 ± 1,1 anni).

Il tasso di successo nell’impianto di elettrocatetere sul fascio His è stato del 91,6% (pari a 304 pazienti su 332): in 115 pazienti (37,8%) è stato possibile ottenere una cattura dell’His selettiva, mentre nei rimanenti 189 è stata ottenuta una cattura non selettiva (62,2%). In quei 28 pazienti (8,4%) in cui non è stato possibile posizionare il catetere sul fascio di His, si è effettuata una stimolazione ventricolare destra su un sito diverso dall’apice (setto interventricolare). In 8 casi l’elettrocatetere non è stato posizionato sul fascio di His per impossibilità a localizzarlo, in 17 pazienti con blocco atrioventricolare avanzato sottohissiano, non si è riusciti con l’elettrocatetere a superare il blocco o si è riusciti a superarlo, ma ottenendo soglie di stimolazione elevate.

Nei pazienti invece con impianto di elettrocatetere in ventricolo destro, il pacing dall’apice del ventricolo è stato ottenuto nel 40,6% dei casi (176 su 433 pazienti), mentre il pacing in altre zone del ventricolo destro è stato ottenuto nel 59,4% (257/433 pazienti).

La durata media della procedura era di 70 ± 34 minuti nell’impianto hissiano e di 55 ± 25 minuti in quello ventricolare tradizionale, con 10 ± 7 minuti e 7 ± 5 minuti di tempo di scopia rispettivamente (p < 0,01). Ciò evidenzia che in generale nell’impianto hissiano si allungano significativamente i tempi procedurali e di fluoroscopia.

La soglia media di cattura del fascio di His era significativamente più alta: 1,30 ± 0,85 V contro 0,59 ± 0,42 V dell’impianto ventricolare (p < 0,01).

L’end-point primario dello studio (end-point combinato di mortalità per tutte le cause, ricovero per scompenso cardiaco, upgrading del pacemaker da bicamerale a biventricolare) si è verificato nel 25% dei pazienti con stimolazione del fascio di His e nel 31,6% dei pazienti con stimolazione ventricolare destra tradizionale (p = 0,02).

Stratificando i pazienti in due gruppi in base alla quantità di battiti stimolati (maggiore o minore del 20%), è stato visto che, per i pazienti con pacing > 20%, l’incidenza dell’end-point primario era del 25,3% nei pazienti con stimolazione del fascio di His e del 35,6% dei pazienti con stimolazione ventricolare tradizionale (Hazard Ratio 0,650, p = 0,02). Nei pazienti invece con pacing < 20%, non sono state riscontrate differenze statisticamente significative nell’end point primario tra i due gruppi. Nei pazienti con pacing > 80%, l’end-point primario si è verificato nel 25% dei pazienti con stimolazione hissiana vs. il 34,3% dei pazienti con stimolazione ventricolare tradizionale (HR 0,669, 95% CI 0,449 – 0,999, p = 0,049).

Durante il follow-up, ci sono state 117 ospedalizzazioni per scompenso cardiaco: il numero di ospedalizzazioni per scompenso era inferiore nei pazienti con stimolazione del fascio di His (41 pazienti su 332, pari al 12,4% del campione vs 76 pazienti su 433, pari al 17,6% (Hazard Ratio 0,633 p = 0,02).

Nei soggetti con ridotta frazione di eiezione (99 pazienti, FE media 36 ± 8%) si è osservato un trend nella riduzione dell’end-point primario per la stimolazione hissiana paragonata alla stimolazione ventricolare classica (38% vs. 53%, HR 0,384, 95% CI 0,146 – 1.013).

La larghezza del QRS stimolato è risultata significativamente inferiore nei soggetti sottoposti ad impianto hissiano rispetto all’impianto tradizionale (128 ± 27 msec vs. 166 ± 22 msec), p < 0,01).

I risultati di questo studio mostrano che la stimolazione permanente del fascio di His si associa ad una riduzione importante e significativa di ricoveri per scompenso cardiaco, mortalità e riduzione delle procedure di upgrading a resincronizzazione cardiaca. Tale evidenza aumenta nei soggetti che hanno una quantità di battiti stimolati > 20%

BIBLIOGRAFIA

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  3. Sweeney MO, Hellkamp AS, Ellenbogen KA, et al., for the MOde Selection Trial Investigators. Adverse effect of ventricular pacing on heart failure and atrial fibrillation among patients with normal baseline QRS duration in a clinical trial of pacemaker therapy for sinus node dysfunction. Circulation 2003;107:2932–7.
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  13. Abdelrahman M, Subzposh FA, Beer D, Durr B, Naperkowski A, Sun H, Oren JW, Dandamudi G, Vijayaraman P. Clinical Outcomes of His Bundle Pacing Compared to Right Ventricular Pacing. J Am Coll Cardiol. 2018 May 22;71(20):2319-2330.