Semaglutide, diabete ed insufficienza renale: i risultati del FLOW trial
di Laura Gatto
04 Giugno 2024

Nei pazienti con diabete tipo II e con malattia renale cronica la somministrazione di semaglutide riduce in modo significativo il rischio di eventi renali clinicamente importanti ed il rischio di morte per cause cardiovascolari: sono questi i risultati principali del FLOW (Evaluate Renal Function with Semaglutide Once Weekly) trial, recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine ed interrotto precocemente proprio per l’enorme beneficio dimostrato dalla semaglutide [1].

Si tratta di uno studio multicentrico, randomizzato in doppio cieco con controllo placebo, che ha incluso pazienti con diabete di tipo 2 (livello di emoglobina glicata ≤ 10%) e con contemporanea presenza di malattia renale cronica ad alto rischio già in trattamento con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAS) [ACE-inibitori o Sartani]. La malattia renale è stata definita dalla velocità di filtrazione glomerulare (eGFR) stimata con la formula CKD-EPI tra 25 e 75 ml/minuto per 1,73 m2 di superficie corporea, con un rapporto albumina/creatinina urinario compreso tra 300 e 5000 se eGFR ≥ 50 ml/min/1,73 m2 o con un rapporto albumina/creatinina urinario compreso tra 100 e 5000 se eGFR > 25 e < 50 ml/min/1,73 m2. I pazienti non in trattamento, per intolleranza, con inibitori del RAS erano comunque arruolabili nello studio.

I pazienti eleggibili sono stati randomizzati con un rapporto 1 a 1 a semaglutide o placebo con un programma di “escalation” della dose in otto settimane: si iniziava con un dosaggio di 0.25 mg/settimana per le prime 4 settimane, successivo incremento a 0.5 mg/settimana per le successive quattro settimane fino al raggiungimento della dose di mantenimento di 1 mg/settimana. In caso di eventi avversi gli intervalli di incremento della dose potevano essere ampliati, la somministrazione del farmaco poteva essere temporaneamente interrotta o si poteva continuare con una dose di mantenimento più bassa. 

L’endpoint primario dello studio è stato un evento renale maggiore, definito come il composito di insufficienza renale terminale (inizio di dialisi a lungo termine, trapianto di rene o riduzione dell’eGFR a <15 ml/min/1,73 m2 per almeno 28 giorni), riduzione sostenuta (per ≥28 giorni) dell’eGFR di almeno il 50% rispetto al basale e morte per cause renali o cardiovascolari. Sono stati, inoltre, presi in considerazione, tre endpoint secondari valutati in modo gerarchico: lo “slope” globale dell’eGFR (definito come il tasso di variazione annuale dell’eGFR dalla randomizzazione fino alla fine dello studio), gli eventi cardiovascolari maggiori (composito di infarto miocardico non fatale, ictus non fatale o morte per cause cardiovascolari) e la morte per qualsiasi causa. Per la sicurezza del farmaco sono stati considerati gli eventi avversi gravi, qualsiasi evento avverso abbia comportato la sospensione del farmaco e gli aventi avversi di particolare interesse.

L’arruolamento è stato portato avanti in 387 siti in 28 paesi in due anni dal Giugno 2019 a Maggio 2021; la popolazione finale ha compreso 3533 pazienti: 1767 randomizzati a semaglutide e 1766 randomizzati a placebo. Le caratteristiche cliniche dei partecipanti sono risultate ben bilanciate tra i due gruppi. L’età media è stata di 66,6 anni, con circa il 30% di donne. L’eGFR media è stata di 47,0 ml/min/per 1,73 m2 e il rapporto mediano albumina-creatinina urinario è stato di 567,6; circa il 22% aveva una storia di pregresso infarto o ictus ed il 19% di scompenso cardiaco. Secondo il calcolatore del rischio del Chronic Kidney Disease: Improving Global Outcomes (CKD: Improving Global Outcomes) il 68% dei pazienti arruolati presentava un rischio molto alto di progressione della malattia renale, di insufficienza renale, di eventi cardiovascolari o di morte.

Nell’ottobre 2023, dopo il verificarsi di 570 eventi dell’endpoint-primario, è stata effettuata un’analisi ad interim in seguito alla quale lo studio è stato interrotto precocemente per efficacia dopo un follow-up medio di 3.4 anni. L’endpoint primario si è verificato meno frequentemente nel gruppo semaglutide rispetto al gruppo placebo: 331 primi eventi [5,8 per 100 pazienti/anno] contro 410 primi eventi [7,5 per 100 pazienti/anno], con una riduzione del rischio relativo del 24% (HR 0,76; P = 0,0003) e con un number needed to treat (NNT) a tre anni pari a 20. Con la semaglutide si è anche osservato un rischio inferiore per il composito dei componenti renali dell’endpoint primario (HR 0,79) e per la morte per cause cardiovascolari (HR 0,71). I risultati sono stati confermati in tutti i sottogruppi pre-specificati.

Sono stati osservati benefici per tutti tre gli endpoint secondari testati in modo gerarchico, il gruppo semaglutide ha infatti dimostrato, rispetto al placebo, una diminuzione più lenta dell’eGFR (-2,19 vs. -3,36 ml/min/1,73 m2 all’ anno; P<0,001), un rischio minore del 18% di eventi cardiovascolari maggiori (212 vs. 254 eventi; HR 0,82; 95% CI, P=0,029) ed un rischio minore del 20% di morte per qualsiasi causa (227 vs.279 eventi; HR 0,80; P=0,01), con un NNT a tre anni di 45 per la prevenzione di un evento cardiovascolare e di 39 per la prevenzione di una morte per qualsiasi causa.  

In merito ai risultati aggiuntivi di efficacia: dopo 104 settimane il rapporto albumina-creatinina nelle urine si è ridotto del 12% nel gruppo placebo, contro il 40% nel gruppo semaglutide; nei pazienti trattati con il GLP1 agonista la perdita di funzionalità renale, misurata mediante eGFR basata sulla cistatina C, è risultata inferiore di 3,39 ml/min/1,73 m2. Sempre alla settimana 104, nel gruppo semaglutide si sono documenti, rispetto al placebo, una maggiore riduzione del peso corporeo (circa 4 Kg), dell’emoglobina glicata e della pressione arteriosa sistolica.  

In merito alla sicurezza, gli eventi avversi gravi si sono verificati meno frequentemente nel gruppo semaglutide rispetto al gruppo placebo (877 vs. 950), per il minor tasso di eventi infettivi e cardiovascolari. I disturbi oculari giudicati seri sono stati più frequenti nel braccio semgalutide (53 vs 30), in assenza, tuttavia, di differenze significative nell’incidenza di retinopatia diabetica. Eventi avversi che hanno portato alla sospensione permanente del farmaco, sono stati più comuni nel gruppo semaglutide rispetto al (233 vs. 211) soprattutto per il verificarsi di disturbi a carico del tratto gastro-intestinale.

Gli autori dello studio hanno quindi concluso che in pazienti con diabete tipo II e con malattia renale la semaglutide, alla dose di 1.0 mg una volta a settimana, riduce significativamente il rischio di eventi renali maggiori, di eventi cardiovascolari maggiori e di morte per qualsiasi causa, rallentando anche la perdita annuale di funzionalità renale. Il meccanismo di protezione renale dimostrato dalla semaglutide è probabilmente multifattoriale. Sebbene il miglioramento di alcuni fattori di rischio come il diabete e l’ipertensione possa contribuire al beneficio osservato, precedenti evidenze hanno dimostrato che tale effetto sulla protezione renale è in realtà molto modesto [3]. Infatti, sulla base di modelli sperimentali e di dati sui biomarcatori, è stato dimostrato un effetto diretto degli agonisti del recettore GLP-1 sul rene che possono includere la riduzione dell’ infiammazione, dello stress ossidativo e della fibrosi. Sia le cellule renali intrinseche che quelle del sistema immunitario esprimono il recettore GLP-1 e gli agonisti di questo recettore possono agire localmente inibendo l’espressione cellulare di mediatori pro-infiammatori e pro-fibrotici [4-5].

I risultati del Flow trial evidenziano benefici importanti della semaglutide sulla funzione renale, sul sistema cardiovascolare e sulla sopravvivenza nei pazienti ad alto rischio aggiungendo forza e concretezza alle altre evidenze sul miglioramento dell’outcome cardiovascolare che la semaglutide ha dimostrato in diversi importanti trial clinici randomizzati pubblicati nel corso dell’ultimo anno. Tali benefici, unitamente al profilo di sicurezza favorevole, supportano il ruolo terapeutico di tale farmaco nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare.

Bibliografia di riferimento:

  1. Perkovic V, Tuttle KR, Rossing P, Mahaffey KW, Mann JFE, Bakris G, Baeres FMM, Idorn T, Bosch-Traberg H, Lausvig NL, Pratley R; FLOW Trial Committees and Investigators. Effects of Semaglutide on Chronic Kidney Disease in Patients with Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2024 May 24. doi: 10.1056/NEJMoa2403347. Online ahead of print.
  2. Rossing P, Baeres FMM, Bakris G, et al. The rationale, design and baseline data of FLOW, a kidney outcomes trial with once-weekly semaglutide in people with type 2 diabetes and chronic kidney disease. Nephrol Dial Transplant 2023; 38:2041-51.
  3. Mann JFE, Buse JB, Idorn T, et al. Potential kidney protection with liraglutide and semaglutide: exploratory mediation analysis. Diabetes Obes Metab 2021; 23: 2058-66.
  4. Alicic RZ, Cox EJ, Neumiller JJ, Tuttle KR. Incretin drugs in diabetic kidney disease:biological mechanisms and clinical evidence. Nat Rev Nephrol 2021; 17: 227-44
  5. Alicic RZ, Neumiller JJ, Tuttle KR. Mechanisms and clinical applications of incretin therapies for diabetes and chronic kidney disease. Curr Opin Nephrol Hypertens 2023; 32: 377-85