Il problema scompenso cardiaco è di non poco conto: si stima che nel mondo circa 26 milioni di persone ne siano affette, in occidente l’1-2% della popolazione adulta con una prevalenza che raggiunge il 10% sopra i 70 anni; sono pazienti che attraversano fasi di instabilità e sono ad alto rischio di eventi.
Abbiamo fatto molti progressi in passato nella cura dello scompenso. Dal 1995 al 2009 la mortalità ad un anno – grazie alla cosiddetta terapia medica ottimizzata a base di Ace–inibitori, sartani, beta-bloccanti e anti aldosteronici – era passata dal 15% al 6%. Poi… ci eravamo fermati.
Fino a che nel 2014 viene pubblicato su New England Journal of Medicine lo studio PARADIGM-HF, una nuova rivoluzione, una nuova classe di farmaci che vengono brevemente indicati con il nome di ARNI, il cui capostipite è il sacubitril-valsartan. Nome difficile questo principio attivo, costituito da un inibitore della neprilisina, il sacubitril appunto e un sartano il valsartan. Il razionale è stato quello di utilizzare un farmaco che agisse sul sistema dei peptidi natriuretici ANP-BNP-CNP che agiscono da contro regolatori sui sistemi che sono stati finora oggetto di blocco nella terapia dello scompenso, ossia il sistema renina-angiotensina-aldosterone e il sistema nervoso simpatico. I peptidi natriuretici promuovono riduzione della pressione arteriosa, riduzione del tono simpatico, diuresi/natriuresi, riduzione dell’aldosterone e dei meccanismi di rimodellamento sfavorevole del ventricolo sinistro caratterizzati da fibrosi e ipetrofia.
Ma lasciamo perdere i complicati meccanismi dei sistemi neuro-ormonali che interagiscono nella condizione di scompenso e torniamo al PARADIGM-HF: trial clinico randomizzato in doppio cieco che ha messo a confronto la terapia – un braccio era trattato con enalapril vecchio ace-inibitore e, l’altro appunto, con sacubitril valsartan – in una popolazione di pazienti con scompenso cronico sintomatico nonostante la terapia medica ottimizzata, e ridotta frazione di eiezione. Lo studio ha incluso circa 8400 pazienti e per farla breve diciamo subito che per gli outcome favorevoli nel braccio sacubitril valsartan è stato precocemente interrotto e ha condizionato le posizioni delle società scientifiche sia europee, sia americane che nel 2016 hanno prodotto un aggiornamento delle linee guida. E’ stato inserito il nuovo farmaco che nel PARADIGM HF ha ridotto del 20% la mortalità cardiovascolare, del 20% la re-ospedalizzazione per scompenso, del 16% la mortalità globale e via dicendo, farmaco che, da marzo 2017 è in regime di rimborsabilità del nostro SSN con prescrivibilità regolamentata.
Si tratta di un nuovo farmaco quindi che ha la potenzialità di migliorare in modo significativo la terapia dello scompenso cardiaco e speriamo possa migliorare sempre di più anche la qualità della vita di questi pazienti.
Ma chi è il “paziente PARADIGM?”, fermo restando che le generalizzazioni sono sempre pericolose e bisogna trattare e curare l’individuo come si sosteneva in un’altra newsletter (Un’ antica questione… trattare l’individuo e non il paziente “medio”..).
Per sintetizzare è un paziente affetto da scompenso cardiaco cronico, in fase di stabilità, in terapia medica ottimizzata (dose beta bloccante, anti aldosteronico, digitale, ICD/CRT se indicati), che tollera dosi standard di Ace inibitore o sartano, con un età compresa tra i 18-75/80 anni, con una frazione di eiezione del ventricolo sinistro <35%, in classe NYHA II meno NYHA III, con valori di NTproBNP >400/600 pg/ml, con una filtrazione glomerulare > 30ml/min. e indipendentemente da : pregresso IMA o ricoveri per HF, diabete, fibrillazione atriale.
Ma è solo l’inizio di una lunga strada.
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma