Scompenso cardiaco acuto in chirurgia non cardiaca: incidenza, fenotipi, caratteristiche e prognosi.
di Alessandro Battagliese
04 Aprile 2023

L’ospedalizzazione per scompenso cardiaco (SC) sia esso” de novo” o cronico impatta in maniera significativa sulla prognosi.

Poco indagato lo SC acuto post operatorio (pAHF) nella chirurgia non cardiaca.

Piccoli studi retrospettivi documentano una incidenza di pAHF variabile tra 1% ed il 3,8%.

Gualandro DM e coll pubblicano sull’ultimo numero di EJHF, per la prima volta, dati prospettici relativi ad incidenza, fenotipi, caratteristiche ed impatto prognostico dello pAHF su un campione molto vasto di popolazione.

Questa è un’analisi secondaria all’interno dello studio BASEL-PMI, uno studio prospettico in corso, volto a individuare e giudicare le complicanze cardiache a seguito di chirurgia non cardiaca utilizzando un programma di sorveglianza attiva sul danno/infarto miocardico perioperatorio (PMI) in pazienti ad alto rischio con misurazioni di routine delle concentrazioni di troponina cardiaca pre e postoperatoria.

Sono stati arruolati pazienti consecutivi di età ≥ 65 anni o ≥ 45 anni con anamnesi di coronaropatia (CAD), arteriopatia periferica (PAD) o ictus sottoposti a chirurgia maggiore non cardiaca presso l’Ospedale universitario di Basilea o il Kantonsspital Aarau, entrambi in Svizzera e pazienti consecutivi programmati per la chirurgia vascolare arteriosa presso l’Heart Institute di San Paolo in Brasile.

L’arruolamento è stato prospettico prima dell’intervento chirurgico. I pazienti sono stati inclusi se avevano una degenza ospedaliera pianificata superiore a 24 ore dopo un intervento chirurgico non cardiaco (elettivo, di emergenza o urgente). I pazienti con PMI hanno ricevuto una valutazione cardiologica comprendente anamnesi, esame obiettivo, elettrocardiogramma a 12 derivazioni e possibilmente imaging cardiaco per identificare l’eziologia del PMI.

Sono stati arruolati 9164 pazienti per la maggioranza ultra 65enni (85%).

Sono stati individuati 4 sottogruppi: 1) pazienti (pz) che non hanno sviluppato SC (nSC); 2) pz con pAHF de novo senza storia precedente di SC; 3) pz con pAHF e storia di scompenso; 4) (pz) con SC cronico che non hanno avuto eventi nel perioperatorio (cSC).

Obiettivo primario di prognosi la mortalità ad 1 anno; obiettivo secondario le reospedalizzazioni per SC sempre a 12 mesi.

Si sono verificati 283 eventi di pAHF con una incidenza media del 2,5%; l’incidenza di eventi era maggiore per gli interventi effettuati in urgenza/emergenza (4,5%) e complicava prevalentemente interventi di chirurgia vascolare, toracica o ortopedica maggiore. L’incidenza di pAHF negli interventi elettivi era dell’1,8%.

Gli eventi di pAHF si concentravano maggiormente in 2° gg post operatoria con una frequenza simile sia nei pazienti “de novo” che in quelli con SC cronico.

Il fenotipo dominante di SC tra i pazienti “de novo” era a frazione di eiezione (FE) preservata (72%) mentre quello nei pazienti con SC cronico era a FE ridotta.

Relativamente al fenotipo di presentazione clinica quello prevalente era quello caratterizzato da congestione acuta (77%) mentre più rari erano l’edema polmonare, lo SC destro isolato. L’incidenza di shock cardiogeno era dell’8% circa.

I pazienti con pAHF avevano una degenza superiore.

La fibrillazione atriale poteva precedere e causare gli episodi di pAHF (10%) ma anche esserne la conseguenza (45%)

I pazienti che sviluppavano pAHF avevano valori di NT-pro-BNP o BNP e di Troponina C HS  più elevati.

All’analisi multivariata età, storia di SC, fibrillazione atriale (FA), PAD, diabete mellito (DM), anemia, broncopneumopatia cronica (BPCO), danno miocardico cronico, intervento chirurgico in emergenza/urgenza erano i maggiori determinanti per lo sviluppo di pAHF; il tipo di anestesia no.

Ad 1 anno la mortalità è risultata superiore di circa 5 volte nei pazienti con scompenso cardiaco nel perioperatorio rispetto ai pazienti con intervento chirurgico non complicato (44% vs. 11%; HR 5.49 [95% CI 4.5–6.8], p < 0.001).

Circa il 50% dei decessi si è verificato nei primi 5 giorni dalla diagnosi di SC e le curve hanno continuato a divergere fino a 120 giorni dopo.

Dall’analisi per sottogruppi la mortalità ad un anno ha raggiunto il 52% nei pazienti con pAHF e SC cronico e il 36% nei pazienti con pAHF “de novo” (senza storia di scompenso).

La mortalità è risultata più alta nei pazienti senza storia di SC ma che lo sviluppavano nel post operatorio rispetto ai pazienti con SC cronico che non presentavano una instabilizzazione nel periodo perioperatorio (35.6% vs. 24%; HR 1.69 [95% CI 1.22–2.35], p = 0.02).

Relativamente al fenotipo di presentazione la mortalità più alta è stata registrata nei pazienti con shock cardiogeno con percentuali del 67% durante il ricovero e dell’89% ad un anno.

Ovviamente i tassi di mortalità sono risultati  più elevati negli interventi effettuati in regime di urgenza/emergenza rispetto a quelli elettivi.

Anche le ospedalizzazioni per SC ad 1 anno sono risultate superiori di circa 9 volte nei pazienti con pAHF (15.3% vs. 2.6%; HR 9.1 [95% CI 6.1–13.4], p < 0.001).

All’analisi multivariata l’evento SC nel post operatorio è risultato predittore indipendente di morte e ospedalizzazione per scompenso cardiaco ad 1 anno addirittura superiore allo SC cronico.

I pazienti con pAHF “de novo” hanno avuto una incidenza di ospedalizzazione per SC nel primo anno simile a quella dei pazienti con SC cronico che non avevano una riacutizzazione nel post-operatorio.

I pazienti che hanno sviluppato pAHF erano più anziani, più spesso avevano disturbi cardiovascolari noti e comorbilità non cardiovascolari rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato pAHF

Considerazioni:

Questo lavoro analizza per la prima volta in maniera prospettica incidenza, fenotipi, determinanti e peso prognostico dello scompenso cardiaco che complica interventi di chirurgia non cardiaca ed offre molti spunti di riflessione.

L’incidenza di pAHF media è stata del 2,5% con la maggior parte degli episodi occorsi in seconda giornata post operatoria (PO) verosimilmente per effetto dello stress emodinamico  causato dell’intervento chirurgico; modifiche della volemia, anemia, impiego di vasodilatatori o vasopressori, stato infiammatorio con risposta infiammatoria sistemica, aumento del consumo miocardico di ossigeno o la presenza di uno stato di congestione subclinico o non correttamente valutato nel preoperatorio; in tal senso potrebbe essere utile stimare i livelli di peptidi natriuretici prima dell’intervento.

Sorprendentemente il tipo di anestesia non sembrerebbe incidere sul rischio di pAHF.

Circa la metà dei pazienti con pAHF non avevano una storia di SC (gruppo “de novo”) e pertanto andrebbero valutati, nel preoperatorio, con particolare attenzione soprattutto i pazienti con età avanzata, CAD, PAD, diabete, FA, BPCO, anemia, danno miocardico cronico , condizioni queste che hanno dimostrato aumentare il rischio di SC post operatorio; gli score utilizzati dalle linee guida della chirurgia non cardiaca non prendono in considerazione  gran parte di questi fattori di rischio tra cui l’età anemia, la BPCO o la Fibrillazione atriale e pertanto appaiono riduttivi nella stratificazione del rischio chirurgico del paziente.

Il fenotipo dominante  di SC tra i pazienti con pAHF “de novo” è stato quello a FE preservata mentre  nei pazienti con SC cronico è stato quello a FE ridotta, questo probabilmente perché allo SC a FE preservata si associano molto frequentemente anemia, diabete, BPCO, età avanzata tutti predittori di aumentato rischio di pAHF; inoltre lo SC a FE preservata (HFpEF) sembrerebbe più vulnerabile agli stressors perioperatori quali le modificazioni acute di volume, di pressione e di frequenza cardiaca.

La diagnosi di HFpEF è più complessa e le terapie attualmente disponibili sono comunque limitate nonostante i risultati positivi delle gliflozine; questo potrebbe giustificare un trattamento spesso subottimale di questi pazienti a differenza di quelli con SC a FE ridotta (HFrEF).

Il quest’ottica il ricovero per un intervento di chirurgia non cardiaca così come quello per riacutizzazione di SC rappresenta una occasione di puntualizzazione clinica ed ottimizzaizone terapeutica.

Sorprendente è risultata l’elevata mortalità ad un anno dei pazienti con pAHF (pari a circa il 50%);

verosimilmente la causa è da ricercare nell’età avanzata della popolazione (età media 79aa) e nelle numerose comorbilità associate. Le curve di mortalità si separano immediatamente in 5° giornata e continuano a divergere fino a 120 giorni; questo potrebbe giustificare un trattamento aggressivo e precoce dei pazienti con pAHF con l’implementazione della terapia medica ottimale e la necessità di programmi di prevenzione ad hoc in questi pazienti.

Da segnalare la maggior incidenza di morte dei pazienti con aAHF de novo rispetto a quelli con SC cardiaco cronico sottoposti a chirurgia non cardiaca non complicata.

I pazienti con pAHF anche de novo hanno tassi di ospedalizzazione per SC ad un anno (in media 15%) simili ai pazienti con primo ricovero per SC acuto o con SC cronico.

Lo SC post operatorio pertanto è un determinante di prognosi avversa cosi come le reospedalizzazioni nel cronico o gli episodi di AHF de novo nel paziente naive.

il periodo perioperatorio può rappresentare uno stress test per i pazienti con insufficienza cardiaca subclinica. La diagnosi di pAHF andrebbe considerata una “red flag” di alto rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare dopo intervento di chirurgia non cardiaca, che giustificherebbe strategie di gestione aggressive,  precoci e condivise  all’interno di un team multidisciplinare. 

Bibliografia consigliata:

  1. Gualandro DM et al Acute heart failure after non-cardiac surgery: incidence, phenotypes, determinants and outcomes. European Journal of Heart Failure (2023) 25, 347–357
  • McDonagh TA, Metra M, Adamo M, Gardner RS, Baumbach A, Böhm M, et al. 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure: developed by the Task Force for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure of the European Society of Cardiology (ESC). With the special contribution of the Heart Failure Association (HFA) of the ESC. Eur J Heart Fail. 2022;24:4–131.
  • Gualandro DM, Puelacher C, Lurati Buse G, Glarner N, Cardozo FA, Vogt R, et al.; BASEL-PMI Investigators. Incidence and outcomes of perioperative myocardial infarction/injury diagnosed by high-sensitivity cardiac troponin I. Clin Res Cardiol. 2021;110:1450–63.
  • Halvorsen S, Mehilli J, Cassese S, Hall TS, Abdelhamid M, Barbato E, et al.; ESC Scientific Document Group. 2022 ESC Guidelines on cardiovascular assessment and management of patients undergoing non-cardiac surgery. Eur Heart J. 2022;43:3826–924.
  • Andersson C, Gislason GH, Hlatky MA, Søndergaard KB, Pallisgaard J, Smith JG, et al. A risk score for predicting 30-day mortality in heart failure patients undergoing non-cardiac surgery. Eur J Heart Fail. 2014;16:1310–6.