SCEGLIERE QUALI PAZIENTI CON SCOMPENSO CARDIACO CANDIDARE AD IMPIANTO DI DEFIBRILLATORE IN PREVENZIONE PRIMARIA: LO SCORE MADIT-ICD
di Marco De Giusti
31 Maggio 2022

Le più recenti linee guida europee sulla gestione dei pazienti affetti da scompenso cardiaco (1) raccomandano l’impianto di defibrillatore (implantable cardioverter-defibrillator: ICD) nei pazienti con frazione di eiezione ventricolare sinistra severamente ridotta (< 35%) in prevenzione secondaria (classe I A), ovvero a seguito della comparsa di un’aritmia ventricolare con instabilità emodinamica, oppure in prevenzione primaria, cioè senza evidenza alcuna di aritmie ventricolari, ma in presenza di scompenso cardiaco refrattario a terapia farmacologica massimale con eziologia su base ischemica (classe I A) o non-ischemica (classe IIa A). Il defibrillatore automatico è indispensabile per evitare a questi pazienti la morte improvvisa. Spesso però sono presenti altre importanti comorbidità (insufficienza renale, diabete mellito, neoplasie, ecc…) che peggiorano la prognosi dei pazienti indipendentemente dalla presenza o meno del defibrillatore (i pazienti muoiono per cause non-aritmiche). E’ evidente che in questi pazienti fragili, il beneficio di impiantare un ICD è notevolmente ridotto e potrebbe esporli, al contrario, ad un rischio aumentato di complicanze post-impianto (infezione della tasca, shock inappropriati, ecc…).

Ecco allora che si rende necessario selezionare quei pazienti prevalentemente a rischio di morte improvvisa, che beneficerebbero quindi maggiormente di un impianto di defibrillatore rispetto a pazienti più fragili, con più comorbidità e quindi a maggior rischio di morte non-aritmica e per i quali impiantare un ICD comporterebbe un vantaggio ridotto se non addirittura nullo.

Lo studio condotto da Younis et al (2) su 4531 pazienti arruolati, tra il 1997 ed il 2011, negli studi MADIT-II (3), MADIT-CRT (4), MADIT-RIT (5) e MADIT-RISK (6), ha prodotto, come vedremo, un punteggio, che è stato poi validato su una coorte di pazienti esterna, appartenente ad un altro studio, il RAID (Ranolazine in High-Risk ICD Patients) con 669 pazienti (7).

La creazione del MADIT-ICD Score ha richiesto tre passaggi: nel primo, sono stati calcolati i predittori di rischio aumentato di sviluppare una tachicardia ventricolare (TV) e/o una fibrillazione ventricolare (FV); nel secondo, sono stati calcolati i predittori di rischio di mortalità non-aritmica (pazienti deceduti senza precedenti episodi di TV/FV) e nell’ultimo  campione è stato stratificato, integrando i primi due punteggi, in pazienti ad alto rischio aritmico e basso rischio di mortalità non-aritmica, oppure pazienti a rischio intermedio, sia aritmico che non-aritmico ed infine pazienti a rischio aritmico basso (pazienti a basso rischio aritmico ed alto rischio di mortalità per cause non-aritmiche).

L’età media dei 4503 pazienti era di 64 ± 11 anni, il 24% (1081 pazienti) erano donne. Circa il 66% dei pazienti era affetto da cardiopatia dilatativa su base ischemica e presentava una frazione di eiezione media del 25 ± 6%. 2700 pazienti (60%) sono stati impiantati con un ICD ed i restanti 1831 con una CRT-D (40%). La coorte di validazione dello studio RAID prima menzionato consisteva  di 669 pazienti anch’essi con età media 64 ± 10 anni, il 24% donne, il 51% con cardiopatia dilatativa post-ischemica ed il 53% portatori di CRT-D.

Per il calcolo del punteggio inerente il rischio aritmico (VT/VF Score) sono stati considerati 8 predittori: sesso maschile, età < 75 anni, storia di aritmie atriali, storia di aritmie ventricolari non sostenute, frazione di eiezione < 25%, pressione arteriosa sistolica < 140 mmHg, storia di infarto miocardico e frequenza cardiaca > 75 bpm all’arruolamento.

Per il calcolo del punteggio di rischio di mortalità per cause non-aritmiche sono stati invece usati 7 predittori: classe NYHA > II, età > 75 anni, BMI < 23 Kg/m2, storia di aritmie atriali, frazione di eiezione < 25%, presenza di diabete mellito ed impianto di CRT-D. Quest’ultimo predittore, secondo l’analisi statistica multivariata con modelli di Fine e Gray, è risultato in grado di ridurre la mortalità non-aritmica.

Una volta ottenuto il punteggio MADIT-ICD (il calcolatore è raggiungibile collegandosi al sito: https://redcap.urmc.rochester.edu/redcap/surveys/index.php?s=3H888TJ8N7), ciascun paziente è stato seguito per 3 anni per la comparsa di aritmie ventricolari (tachicardie ventricolari a frequenza > 200 bpm che hanno richiesto l’intervento dell’ICD). Al termine del follow-up, è emerso che i pazienti con punteggio MADIT-ICD alto avevano un rischio tre volte maggiore di sviluppare aritmie pericolose rispetto al gruppo con basso punteggio (20% vs. 7% p < 0,001). Nel gruppo intermedio, come ci si attendeva, il rischio aritmico diminuiva, pur rimanendo preponderante, ma aumentavano a 3 anni anche le cause di mortalità non aritmiche (16% vs. 11%, p < 0,01). Infine, nel gruppo a più basso rischio aritmico, le differenze tra i due gruppi non erano più significative (11% rischio aritmie vs. 13% rischio non-aritmico, p = 0,55).

Per quanto riguarda la validazione del modello, la validazione interna ha mostrato un C-index di 0,71 per lo score TV/FV e di 0,68 per lo score non-aritmico. Punteggi simili sono stati ottenuti con la coorte di validazione esterna ottenuta dallo studio RAID.

Questo punteggio si propone quindi come strumento ulteriore per selezionare i pazienti candidati ad impianto di ICD individualizzando la decisione sulla base di molteplici caratteristiche del paziente e non solo sulla frazione di eiezione e/o della risposta alla terapia. Bisogna ricordare infatti che i pazienti con bassa frazione di eiezione costituiscono un gruppo eterogeneo con diversi gradi di rischio aritmico e non-aritmico, in cui le comorbidità giocano un ruolo fondamentale e che fondamentalmente esiste una competizione tra rischio di mortalità per cause aritmiche e non aritmiche che deve essere attentamente valutato.

Esistono già punteggi per valutare se candidare o meno un paziente ad impianto di ICD non basandosi solo sulla frazione di eiezione, come il Seattle Heart Failure Score (8). Tale punteggio però è stato validato su coorti di pazienti per la maggior parte con cardiopatia ischemica e non ha mai considerato l’impiego della resincronizzazione cardiaca (CRT), come anche il MADIT-II ICD Score.

Quale strategia adottare sulla base del punteggio ottenuto? In caso di MADIT-ICD Score alto, si può impiantare l’ICD appena possibile, in quanto si tratta di pazienti con un rischio aritmico molto più alto di quello non aritmico. In caso di punteggio intermedio, è opportuno cercare di trattare adeguatamente le comorbidità, così da ridurre il rischio non-aritmico e rendere l’impianto di ICD più vantaggioso. Infine, in caso di punteggio basso, bisogna valutare caso per caso l’impianto di defibrillatore, in quanto si tratta di pazienti con maggiore probabilità di morire per cause non aritmiche. Anche qui in ogni caso il trattamento delle comorbidità è una strada sicuramente da percorrere per massimizzare il beneficio dell’impianto di ICD.

BIBLIOGRAFIA

  1. Theresa A McDonagh, Marco Metra, Marianna Adamo, ESC Scientific Document Group, 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure: Developed by the Task Force for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure of the European Society of Cardiology (ESC) With the special contribution of the Heart Failure Association (HFA) of the ESC, European Heart Journal, Volume 42, Issue 36, 21 September 2021, Pages 3599–3726.
  2. Younis A, Goldberger JJ, Kutyifa V, Zareba W, Polonsky B, Klein H, Aktas MK, Huang D, Daubert J, Estes M, Cannom D, McNitt S, Stein K, Goldenberg I. Predicted benefit of an implantable cardioverter-defibrillator: the MADIT-ICD benefit score. Eur Heart J. 2021 May 1;42(17):1676-1684.
  3. Colquitt JL, Mendes D, Clegg AJ, Harris P, Cooper K, Picot J, Bryant J. Implantable cardioverter defibrillators for the treatment of arrhythmias and car- diac resynchronisation therapy for the treatment of heart failure: systematic re- view and economic evaluation. Health Technol Assess 2014;18:1–560.
  4. Moss AJ, Zareba W, Hall WJ, Klein H, Wilber DJ, Cannom DS, Daubert JP, Higgins SL, Brown MW, Andrews ML; Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial III. Prophylactic implantation of a defibrillator in patients with myocardial infarction and reduced ejection fraction. N Engl J Med 2002;346: 877–883.
  5. Moss AJ, Hall WJ, Cannom DS, Klein H, Brown MW, Daubert JP, Estes NA 3rd, Foster E, Greenberg H, Higgins SL, Pfeffer MA, Solomon SD, Wilber D, Zareba W; MADIT-CRT Trial Investigators. Cardiac-resynchronization therapy for the prevention of heart-failure events. N Engl J Med 2009;361:1329–1338.
  6. Moss AJ, Schuger C, Beck CA, Brown MW, Cannom DS, Daubert JP, Estes NA 3rd, Greenberg H, Hall WJ, Huang DT, Kautzner J, Klein H, McNitt S, Olshansky B, Shoda M, Wilber D, Zareba W; MADIT-RIT Trial Investigators. Reduction in inappropriate therapy and mortality through ICD programming. N Engl J Med 2012;367:2275–2283.
  7. Zareba W, Daubert JP, Beck CA, Huang DT, Alexis JD, Brown MW, Pyykkonen K, McNitt S, Oakes D, Feng C, Aktas MK, Ayala-Parades F, Baranchuk A, Dubuc M, Haigney M, Mazur A, McPherson CA, Mitchell LB, Natale A, Piccini JP, Raitt M, Rashtian MY, Schuger C, Winters S, Worley SJ, Ziv O, Moss AJ; RAID Trial Investigators. Ranolazine in high-risk patients with implanted cardioverter- defibrillators: the RAID trial. J Am Coll Cardiol 2018;72:636–645.
  8. Bilchick KC, Wang Y, Cheng A, Curtis JP, Dharmarajan K, Stukenborg GJ, . Shadman R, Anand I, Lund LH, Dahlstro ̈m U, Sartipy U, Maggioni A, Swedberg K, O’Conner C, Levy WC. Seattle heart failure and proportional risk models predict benefit from implantable cardioverter-defibrillators. 2017;69:2606–2618.