Risonanza magnetica e cuore
di Alessandra Cinque
20 Agosto 2021

Con l’avanzare della tecnologia, metodiche di imaging nuove hanno trovato spazio nella diagnostica delle patologie cardiovascolari. L’ecocardiografia conserva un ruolo centrale e di prima scelta nella diagnosi e nel follow-up di molte patologie cardiache per la rapidità di esecuzione e per l’ampia diffusione della metodica; la risonanza magnetica cardiaca può essere considerata una sua complementare, utile per una migliore caratterizzazione anatomo-funzionale nei casi in cui l’ecocardiografia non sia conclusiva. 
Dal punto di vista tecnico la risonanza magnetica cardiaca ha diversi vantaggi: è una metodica innocua e sicura, che non espone il paziente a radiazioni ionizzanti, consente di ottenere immagini in qualsiasi piano con un’ottima risoluzione spaziale, rende possibile caratterizzazione tissutale e studio dei flussi. Tuttavia la collaborazione del paziente è fondamentale al fine di ottenere delle immagini adeguate: è necessario che il paziente mantenga l’apnea durante l’acquisizione delle sequenze (approssimativamente per 15 secondi) e tolleri il decubito supino per tutta la durata dell’esame (quasi sempre superiore ai 30 minuti). Inoltre, l’esame non può essere eseguito nei pazienti portatori di pacemaker o defibrillatore cardiaco impiantabile, dispositivi acustici impiantati, clip cerebrovascolari, gravidanza, claustrofobia; nei pazienti con insufficienza renale e velocità di filtrazione glomerulare < 30 ml/min/m2 è controindicato l’utilizzo di gadolinio, il mezzo di contrasto utilizzato in risonanza magnetica. 
Le indicazioni alla risonanza magnetica cardiaca vanno via via ampliandosi con la migliore conoscenza della metodica. 

Ha una elevata sensibilità nella diagnosi di miocardite: sequenze specifiche consentono di individuare l’edema tipico delle fasi acute del processo infiammatorio; anche in recenti studi relativi allo studio del processo infiammatorio miocardico da infezione da SARS CoV2, la risonanza magnetica cardiaca è stata la metodica di imaging di riferimento (Maria Boylan et al. Recovery of a critically ill patient with COVID-19 myocarditis. Ir J Med Sci. 2021 Jun 16;1-5)

È indicata nello studio delle cardiomiopatie: miocardiopatia ipertrofica, soprattutto nelle forme ad interessamento apicale (gli spessori della porzione apicale del ventricolo sinistro sono difficilmente valutabili in ecocardiografia), displasia aritmogena del ventricolo destro, emocromatosi. Nella miocardiopatia ipertrofia sono stati descritti dei pattern specifici di ritenzione del mezzo di contrasto paramagentico ed è stata documentata una correlazione tra l’entità di tale ritenzione ed il profilo di rischio del paziente. Nell’emocromatosi la risonanza magnetica cardiaca è validata per la diagnosi e per la valutazione dell’efficacia del trattamento chelante; nella displasia aritmogena permette di valutare adeguatamente la funzione del ventricolo destro e di identificare le aree di infiltrazione adiposa, mediante le sequenze di soppressione del grasso. 

È considerata il gold standard nella valutazione della funzione sistolica del ventricolo sinistro e destro, essendo altamente riproducibile; permette inoltre un’ottimale valutazione della cinesi distrettuale, grazie all’elevata risoluzione spaziale. 

Consente di valutare la vitalità miocardica prima della rivascolarizzazione, attraverso l’analisi della ritenzione del gadolinio. 

Permette la diagnosi differenziale tra forme idiopatiche ed ischemiche di miocardiopatia dilatativa, essendo la ritenzione di gadolinio tipicamente subendocardica nelle forme ischemiche ed intramiocardica nelle forme primitive. 

Ha indicazione anche nello studio delle masse cardiache (grazie alla possibilità della caratterizzazione tissutale), della patologia pericardica, valvolare e vascolare. 

Consente uno studio ottimale delle vene polmonari, importante nella pianificazione di un’ ablazione di fibrillazione atriale o nella valutazione di eventuali complicanze della suddetta. 

Infine, è una metodica fondamentale nella completa caratterizzazione delle cardiopatie congenite, anche complesse. 

Pertanto questa metodica, tuttora in fase di studio e continua evoluzione, con introduzione di sequenze sempre più mirate, è una delle tecniche più promettenti per lo studio della patologia cardiaca congenita ed acquisita. 

Alessandra Cinque
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma