Rianimazione cardiopolmonare: tra fiction e realtà
di Andrea Viceré
05 Agosto 2022

L’intensa attività ospedaliera e la vita e la psicologia dei medici sempre più frequentemente sono oggetto di serie televisive e film, a dimostrazione di un crescente interesse del pubblico alle tematiche riguardanti la salute, un mondo spesso poco accessibile per la difficoltà e la specializzazione dei temi trattati.
Da una parte ciò genera una maggiore consapevolezza e attenzione, dall’altra rischia di semplificare eccessivamente tematiche complesse, potendo portare alla comunicazione di informazioni errate o incomplete.
Tra i principali argomenti trattati la rianimazione cardiopolmonare (RCP) è sicuramente tra i più attraenti, in considerazione della frequenza con la quale durante la vita ci si può imbattere in questa temibile situazione, che spesso, purtroppo, esita nel decesso della persona soccorsa e dunque in un sentimento di impotenza da parte di coloro che, in tale contesto, vorrebbero poter essere d’aiuto.


Fondamentale è allora analizzare se questa procedura risulta essere “dipinta” in maniera realistica, sia da un punto di vista statistico-epidemiologico sia da un punto di vista pratico da programmi trasmessi ogni giorno in televisione.
Approfondendo il primo argomento, la RCP risulta essere tra i più frequenti temi medici mostrati in televisione1.
Diversamente da quanto avviene nella vita reale, la maggior parte dei casi di arresto cardiocircolatorio (ACC) seguito da rianimazione, risultano coinvolgere nelle serie TV persone di giovane età, molto frequentemente interessate da traumi fisici1,2,3. Attualmente invece la gran parte dei casi di ACC è secondaria a patologie cardiovascolari e riguarda individui di età avanzata4,5.
Questa alterata percezione della categoria di persone interessate e delle cause che sottendono al temibile evento è spesso associata ad incorrette percentuali di sopravvivenza: secondo diversi studi2,6,7 le serie televisive dipingono un quadro eccessivamente ottimistico di sopravvivenza, probabilmente per interessi legati all’intrattenimento del pubblico, rischiando di illudere coloro che nella vita reale si trovano purtroppo a doversi confrontare con tale grave, spesso mortale, problematica. Secondo altri studi invece le percentuali di sopravvivenza vengono mostrate tutto sommato in maniera realistica1,3,. Questa diversità di risultati dipende molto probabilmente dalle serie televisive analizzate, non tutte infatti, si fanno attrarre da questo pericoloso modo di fare spettatori.
Per quanto riguarda invece il secondo argomento, la corretta modalità di esecuzione della RCP, quasi tutti i lavori pubblicati sono concordi nel criticare i gravosi errori mostrati da serie televisive e film.
Un esempio calzante riguarda uno studio americano8, il quale ha previsto l’utilizzo di questionari somministrati a 170 studenti di quattro diversi college e ha evidenziato come la visione di tanti film e fictions abbia cambiato la loro percezione della RCP, portandoli alla scelta di utilizzare lo shock del defibrillatore in pazienti in asistolia, un comunissimo errore mostrato nella quasi totalità delle serie televisive.
Inoltre interessanti sono i risultati di altri due studi. Il primo, il TVMD26, mostra come la profondità e la frequenza delle compressioni venisse mostrata in una bassa percentuale di casi, rispettivamente il 32% e il 44.3%. Il secondo, uno studio inglese di Colwill et al.9, evidenzia una profondità delle compressioni mostrata, variabile tra gli 1.5 e i 7.5 cm e una frequenza tra le 60 e le 204 compressioni per minuto. Tutti questi dati sottolineano come l’intento di questi programmi non possa essere assolutamente istruttivo: non mostrando o mostrando in maniera inappropriata le procedure da mettere in atto durante la RCP.
Tutti i lavori pubblicati hanno messo in evidenza che le serie televisive attualmente non vanno considerate attendibili per quanto riguarda la formazione in rianimazione cardiopolmonare, in quanto comunicano informazioni troppo spesso inesatte e fuorvianti, che possono indurre in errore uno spettatore inesperto, anche se va riconosciuto che possono sensibilizzare la popolazione a tale problematica.
Qualora ci si volesse far trovare pronti ed essere d’aiuto nell’assistenza di una persona in arresto cardiocircolatorio, aumentando così le sue chances di sopravvivenza, non ci si stancherà mai di raccomandare invece l’esecuzione di corsi BLSD (Basic Life Support and Defibrillation), corsi aperti e consigliati non solo al personale sanitario ma anche e soprattutto a laici.
Tutti possiamo essere d’aiuto, facciamoci trovare pronti.

Fonti

(1) P N Gordon, S Williamson, P G Lawler: As seen on TV: observational study of cardiopulmonary resuscitation in British television medical dramas; BMJ 1998.

(2) Susan J. Diem et al.: Cardiopulmonary resuscitation on television; NEJM.

(3) Dylan Harris, Hannah Willoughby: Resuscitation on television: realistic or ridiculous? A quantitative observational analysis of the portrayal of cardiopulmonary resuscitation in television medical drama; Resuscitation 2009.

(4) Christopher X. Wong et al.: Epidemiology of Sudden Cardiac Death: Global and Regional Perspectives; Heart Lung Circ. 2019.

(5) Martin Porzer et al.: Out of Hospital Cardiac Arrest; Biomed Pap Med Fac Univ Palacky Olomouc Czech Repub. 2017.

(6) Luz Ramirez et al.; Cardiopulmonary resuscitation in television medical dramas: results of TVMD2 study; Am J Emerg Med 2021.

(7) Jan J M Van den Bulck; The impact of television fiction on public expectations of survival following inhospital cardiopulmonary resuscitation by medical professionals; Eur J Emerg Med 2002.

(8) Abdullah Alismail et al.: CPR in medical TV show: non-health care student perspective; Advances in Medical Education and Practice.

(9) Michael Colwill et al.: Cardiopulmonary resuscitation on television: are we miseducating people?; Post Grad Med J 2017.





Andrea Viceré
Medico in formazione specialistica in Malattie dell’apparato cardiovascolare
Fondazione Policlinico Gemelli IRCSS – Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma