REPETITA JUVANT
di Eligio Piccolo
12 Luglio 2018

Non c’è dubbio che l’arteriosclerosi sia legata all’età, e come questa irreversibile; che l’indurimento delle arterie e le loro calcificazioni non siano rimediabili con il botulino o il silicone, come gli zigomi e le poppe; e che gli interventi medici e chirurgici per prevenire le minacce di ischemia o per sanare le patologie prodotte da questa siano  rimedi e non la “restitutio ad integrum”. Come diceva l’espressione di quel popolo antico che amava tanto la sintesi e poco le illusioni.
In epoca positivista, fine ‘800 e primi ‘900, i biologi e i patologi di illusioni ce ne avevano trasmesse poche, anzi ci avevano piuttosto abituati a guardare la realtà delle malattie con una certa crudezza, benché poi il medico curante, ricco di empatia, sapesse parlare al paziente con umanità e dire anche la “bugia pietosa”.

Gli anglosassoni, più addestrati ai rigori della scienza rispetto a noi latini controriformisti, avevano raggiunto convinzioni tali sulla irreversibilità del processo arteriosclerotico che ne accettarono subito il rimedio idraulico di aggirare l’ostacolo con il bypass e poi con il palloncino e lo stent. Nel 1968 rimasero increduli di fronte al caso di un signore sulla quarantina, avvocato in Miami, ricoverato per angina e poi diagnosticato di un pericoloso restringimento coronarico, cui proposero il bypass (allora agli inizi e ancora conteso), che il paziente rifiutò, ma chiese ai medici un’alternativa. Gli proposero la sospensione del fumo, dimagrire 20 kg, fare attività fisica e usare alcuni farmaci, che accettò e ritornò dopo un anno completamente ristabilito nel fisico e nei disturbi. I nuovi ECG e la coronarografia mostrarono la scomparsa della stenosi coronarica.

Il caso fu pubblicato su una rivista importante proprio per la sua incredibilità. La stessa di quando un italiano 10 anni dopo dimostrerà che le coronarie potevano chiudersi anche per un semplice spasmo, cioè in modo funzionale, non organico per le “incrostazioni”. Vi fu una certa resistenza ad accettare questa specie di rivoluzione concettuale, ma poi l’evidenza prevalse e fu anche successivamente cavalcata da nuove osservazioni sull’importanza dello stress, dei betabloccanti per ridurlo, di un inadeguato intervento delle piastrine e del loro antidoto, l’aspirina, e perfino del ruolo di certe infiammazioni dentarie o di altra origine nello sviluppare della malattia che porta all’infarto. Tutte ipotesi affascinanti, che stanno ancora seguendo il radioso cammino alla ricerca per ottenere maggiori certezze.

Ciò che mi ha indotto a questa rimembranza è la pubblicazione sul New England del 6 aprile 2017, quasi 50 anni dopo il caso sopra riferito, di uno simile, relativo a un paziente, anch’egli sulla quarantina, con familiarità per malattie coronariche, colesterolo alto e che da quattro mesi soffriva di angina pectoris sotto sforzo. Una angiotomografia del cuore, una specie di TAC che oggi si usa al posto della coronarografia, mostrò una severa stenosi di una coronaria, la circonflessa, considerata tra le meno pericolose. E dato questo minor rischio i medici decisero di non applicare il palloncino e lo stent, ma solo correggere i grassi con le statine, usare i betabloccanti e l’aspirina, oltre a una dieta e attività fisica adeguate. Quattro anni dopo un decorso di tutta soddisfazione gli venne rifatta quella specie di TAC, che mostrò la scomparsa delle pregresse anomalie.
Ho scritto all’autore se mi poteva fornire i risultati dell’ECG a riposo e sotto sforzo prima e dopo la cura, come si era documentato nel primo caso e come anche oggi si usa. Mi ha risposto a stretto giro e laconicamente che quegli esami non erano stati eseguiti. Certo i tempi e le tecniche sono cambiati, ho pensato, ma cancellare del tutto quanto ci può ancora dire l’attività elettrica del cuore forse è stato eccessivo, oltre ad avvertire una personale delusione e perplessità. E incerto se convenire su quanto io sia invecchiato e obsoleto o se alcuni colleghi modernisti siano un po’ troppo proiettati verso il nuovo che cancella il vecchio, new is good dicono loro, incuranti di certe basi formative, non ancora rottamabili, e nella mia “infinita cattiveria”, come avrebbe detto bonariamente il compianto Gigi Prati, ho anche pensato che certe disinvolte avanguardie fanno venire alla mente gli snob o le esibizioni di alcuni politici nostrani, che oramai nessuno se li fila, i quali per apparire importanti pretendono la scorta mentre farebbe loro tanto bene andare a piedi.

Eligio Piccolo
Cardiologo