Quando rivascolarizzare l’infarto NSTEMI?
di Filippo Brandimarte
17 Maggio 2022

L’infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST è una condizione clinica che ha oramai un percorso diagnostico e terapeutico  ben definito: i numerosi studi clinici effettuati in materia negli anni, infatti, forniscono delle salde fondamenta per la strategia di rivascolarizzazione rapida (idealmente entro 90 min dall’insorgenza dei sintomi) che ha dimostrato di ridurre diversi endpoint hard tra cui la mortalità. (1) Meno chiaro ancora oggi, invece, è l’atteggiamento di fronte all’infarto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI): i trial clinici sul timing di rivascolarizzazione in questo setting non hanno dato risultati univoci probabilmente a causa dell’utilizzo di diverse definizioni di strategia riperfusiva precoce o tardiva, per l’eterogeneità delle coorti analizzate e, non da ultimo, per l’ampio spettro di condizioni fisiopatologiche alla base di questa sindrome. Di qui la necessità di effettuare un’analisi critica dei dati ad oggi disponibili al fine di chiarire il percorso migliore per questi pazienti. Nel corso degli anni diverse metanalisi sono state pubblicate che sembrano suggerire un mancato beneficio della rivascolarizzazione precoce nell’NSTEMI rispetto ad una rivascolarizzazione tardiva e di conseguenza anche le ultime linee guida ESC del 2020 riservano la strategia precoce solo nei soggetti ad alto rischio. (2-4) Ma tutto ciò è ancora valido oggi?

Nel tentativo di rispondere a questa annosa domanda Kite e colleghi hanno recentemente pubblicato sull’European Heart Journal forse la più ampia metanalisi ad oggi disponibile sull’argomento includendo solo trial randomizzati con un follow-up di almeno 30 giorni. (5) L’endpoint primario è stato la mortalità per tutte le cause, mentre gli endpoint secondari includevano infarto miocardico, ischemia ricorrente, ricovero per scompenso cardiaco, ulteriori rivascolarizzazioni, sanguinamenti maggiori, ictus e durata del ricovero. 17 trial (n= 10.209) avevano i criteri per essere inclusi nella metanalisi con una coorte di 5215 pazienti che ha ricevuto una rivascolarizzazione precoce (mediamente entro 3.43 ore) e 4994 una riperfusione tardiva (mediamente entro 41.3 ore). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad angioplastica coronarica, bypass o terapia medica ad eccezione di 4 studi nei quali è stata effettuata solo la metodica percutanea. Tutti i pazienti sono stati trattati con duplice antiaggregazione prima dell’esame coronarografico ed accezione dello studio EARLY (6) in cui tale terapia è stata somministrata solo dopo la riperfusione. Il follow-up medio tra i trial è stato di 12 mesi.

La metanalisi non ha evidenziato differenze per le due strategie di rivascolarizzazione (precoce vs tardiva) per quanto concerne la mortalità per tutte le cause (RR: 0.90, 95% CI:0.78-1.04).  Inoltre, non è stata evidenziata significativa eterogeneità tra gli studi o bias derivanti da studi di piccole dimensioni, diversi timing di rivascolarizzazione o diversi follow-up. Per quanto riguarda l’endpoint infarto miocardico sono stati inclusi 15 studi nell’analisi (n=10113) e similmente all’endpoint primario non si sono documentate differenze tra le due strategie (RR: 0.86, 95% CI: 0.63-1.16) sebbene sia emersa una significativa eterogeneità fra gli studi. 13 trial (n=8845) sono stati inclusi per l’analisi delle ischemie ricorrenti ed in questo caso la strategia precoce è stata associata ad una riduzione del rischio (RR: 0.57, 95% CI: 040-0.81) con una non trascurabile eterogeneità fra gli studi. Lo studio dei ricoveri per scompenso è stato effettuato solo su 3 studi (n=2684) introducendo pertanto un bias per numero basso di studi coinvolti ma in ogni caso non ha evidenziato differenze nelle due strategie (RR: 066, 95% CI: 0.43-1.03). Ancora, per quanto riguarda le ulteriori rivascolarizzazioni sono stati presi in considerazione 9 studi (n=7100) e nuovamente non è emersa nessuna differenza tra i 2 gruppi (RR: 1.04, 95% CI: 0.88-1.23). Anche i sanguinamenti maggiori (analizzando 13 studi per 7835 pazienti) non sono stati statisticamente diversi nelle due strategie (RR: 0.86, 95% CI: 0.68-1.09). Similmente, anche per gli ictus non sono emerse significative differenze (RR: 0.95, 95% CI: 0.59-1.54) includendo nell’analisi 6 studi (n=6703). Infine, 8 studi sono stati inclusi per l’analisi della durata del ricovero (n=3029) e la strategia precoce è stata associata ad un ricovero più breve di circa 1 giorno (p=0.003).

Anche questa recente metanalisi, pertanto, sembra rafforzare il dato già incorporato nelle ultime linee guida per il quale la strategia di riperfusione precoce non sembra ridurre la mortalità totale, l’infarto miocardico e le ulteriori rivascolarizzazioni nei soggetti con NSTEMI. Tale approccio sembra invece ridurre del 50% circa le ischemie ricorrenti e la durata del ricovero di circa 1 giorno. Questi endpoint non hanno un grande peso e difficilmente potranno da soli cambiare l’approccio attuale, sebbene possano comportare una riduzione dei costi sanitari. Per quanto riguarda gli endpoint di sicurezza sanguinamenti maggiori e ictus non sono state osservate differenze tra i due gruppi. Questi dati giustificano la raccomandazione di Classe IA delle linee guida europee per la quale una strategia di rivascolarizzazione precoce (entro le 24 ore) è giustificata solo nei soggetti con NSTEMI ad alto rischio (GRACE score ≥ 140, incremento importante dei valori di troponina, alterazioni del tratto ST dinamiche o ST in alto transitorio). E’ bene ricordare però che oltre alle note limitazioni che una metanalisi comporta rispetto a studi prospettici, le 2 maggiori criticità che destano perplessità sono l’eterogeneità della definizione di rivascolarizzazione precoce (circa il 30% degli studi presentavano una rivascolarizzazione tardiva entro le 24 ore che può ancora essere considerata precoce) e la presenza di diversi studi condotti prima della diffusione massiccia della troponina ultrasensibile, che avrebbe potuto rilevare ulteriori eventi infartuali spontanei o periprocedurali.

Bibliografia

  1. Ibanez B, James S, Agewall S, et al.  2017 ESC Guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation: The Task Force for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J. 2018 Jan 7;39(2):119-177
  2. Mehta S, Cannon CP, Fox KAA et al. Routine vs selective invasive strategies in patients with acute coronary syndromes: a collaborative meta-analysis of randomized trials. JAMA 2005;293:2908–2917
  3. Bonello L, Laine M, Puymirat E et al. Timing of coronary invasive strategy in non-ST-segment elevation acute coronary syndromes and clinical outcomes: an updated meta-analysis. JACC Cardiovasc Interv 2016;9:2267–2276
  4. Collet JP, Thiele H, Barbato E et al. 2020 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation. Eur Heart J 2021;42:1289-1367
  5. Kite TA, Kurmani SA, Bountziouka V et al. Timing of invasive strategy in non-ST-elevation acute coronary syndrome: a meta-analysis of randomized controlled trials. Eur Heart J 2022 (ahead of print).