Quando il lupo si traveste da agnello: morte cardiaca improvvisa nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica
di Camilla Cavallaro
29 Giugno 2021

La morte cardiaca improvvisa (MCI) rappresenta una temibile complicanza della cardiomiopatia ipertrofica, ed una delle più grandi sfide per i ricercatori in questo ambito rappresenta l’individuazione dei pazienti più a rischio, che dovrebbero quindi essere sottoposti ad impianto di ICD in prevenzione primaria.

Attualmente disponiamo di score di rischio proposti dalle società americane ed europee di cardiologia (1;2); questi tengono conto di una serie di fattori (la presenza di TVNS o di episodi sincopali in anamnesi, la storia familiare di MCI, il grado di ipertrofia, l’ostruzione al tratto di efflusso) in base ai quali viene stabilito il rischio in percentuale di MCI a 5 anni. Tuttavia studi recenti hanno dimostrato che molti pazienti ad alto rischio non vengono correttamente individuati dagli score (3).

La fibrosi miocardica, visualizzabile mediante RM cardiaca con mdc (tecnica del late gadolinium enhancement – LGE) rappresenta un substrato per la generazione di aritmie maligne, essendo però presente in più del 50% degli affetti, studi recenti hanno ipotizzato che la quantificazione di questa potrebbe essere un parametro più accurato per la stratificazione del rischio di MCI (4).

Per  fare chiarezza su quale sia la migliore strategia per la stratificazione del rischio di MCI e valutare il ruolo prognostico dell’LGE rispetto all “ESC-HCM SCD risk score” ed ai tradizionali fattori di rischio,  Greulich e colleghi hanno portato a termine un interessante lavoro pubblicato sull’ European Heart Journal, con follow up a lungo termine (5).

Sono stati valutati per lo studio 203 pazienti consecutivi con diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica, al momento dell’arruolamento e dopo un lungo follow up (della durata di 10,4 anni). All’arruolamento tutti i pazienti inclusi nello studio erano considerati a basso rischio secondo l’ “ESC-HCM SCD risk score”  (tutti i pazienti avevano un rischio di MCI  <4%; con un rischio medio di 1.84%). Il LGE era presente nel 70% dei pazienti con un quantitativo medio, rispetto alla massa ventricolare sinistra di 1,6%.

Gli autori hanno confermato in primo luogo la validità dello score, dimostrando che il tasso di MCI in questi pazienti considerati a basso rischio, era del 2.3% (quindi inferiore al 5%). Tuttavia,  prolungando il follow up a 10 e 15 anni, il rischio di MCI aumentava considerevolmente, giungendo al 4.8% a 10 aa ed al 15.7% a 15 aa). Indipendentemente dal modello di rischio utilizzato la mortalità è stata del 2.3% a 5 anni, 4.8% a 10 anni e il 15,7% a 15 anni.

I dati derivanti dall’analisi quantitativa della fibrosi miocardica hanno mostrato che una percentuale di LGE >5% della massa totale del ventricolo sinistro identificava un rischio di MCI del 5% a 5 anni, del 13.0% a 10 anni e del 33.3% a 15 anni. Al contrario, i pazienti che non presentavano LGE o nei quali la percentuale rispetto alla massa risultava essere £ 5%, avevano una prognosi favorevole a lungo termine.Questo ultimo dato, sottolinea l’elevato valore predittivo negativo del cut off di LGE £ 5%, ponendo questi pazienti nella stessa categoria di rischio di quelli senza LGE.

Considerazioni

  • Un punto fondamentale del nostro lavoro di cardiologi è quello di cercare di offrire la migliore strategia di prevenzione per i pazienti con cardiomiopatia ipertrofica. Sappiamo bene che l’impianto di ICD non è scevro da complicanze (scariche inappropriate, complicanze infettive);  per questo motivo è importante selezionare accuratamente i pazienti che potrebbero trarne un beneficio.
  • Gli score di rischio che attualmente abbiamo a disposizione presentano delle limitazioni sempre più evidenti. Poiché la popolazione dei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica è costituita da individui giovani, non possiamo non considerare i dati derivanti da studi con follow up più esteso. Un punto interessante sottolineato da Nuno Cardim nell’editoriale di accompagnamento del lavoro riguarda l’importanza di una costante rivalutazione di questi pazienti, sia nel calcolo del risk score, che come abbiamo visto perde di specificità con il passare degli anni, e sia dal punto di vista della fibrosi; sappiamo infatti che la HCM è una patologia caratterizzata da un continuo rimodellamento (6).
  • La risonanza magnetica cardiaca con valutazione del late enhancement ci consente di individuare pazienti che presentano fibrosi miocardica e quantificare la % di fibrosi rispetto alla massa ventricolare sinistra. Si tratta uno strumento molto valido che ci può aiutare a ridefinire il rischio in quella fascia grigia di pazienti nei quali lo score non è in grado di predire correttamente il rischio. Nell’attesa che ulteriori studi e trial randomizzati confermino questi dati dobbiamo avere particolare attenzione per i pazienti con HCM che presentano una percentuale di LGE ³ 5% e monitorare costantemente i pazienti, tenendo conto di eventuali cambiamenti dello score di  rischio, che si possono verificare nel lungo termine.

References:

  • Al-Khatib SM, Stevenson WG, Ackerman MJ, Bryant WJ, Callans DJ, Curtis AB et al. 2017 AHA/ACC/HRS Guideline for management of patients with ventricular arrhythmias and the prevention of sudden cardiac death: executive summary: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines and the Heart Rhythm Society. Circulation 2018;138:e210–71.
  • Elliott PM, Anastasakis A, Borger MA, Borggrefe M, Cecchi F et al.; 2014 ESC Guidelines on diagnosis and management of hypertrophic cardiomyopathy: the Task Force for the Diagnosis and Management of Hypertrophic Cardiomyopathy of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2014;35:2733–79.
  • Maron BJ, Casey SA, Chan RH, Garberich RF, Rowin EJ, Maron MS. Independent assessment of the European Society of Cardiology sudden death risk model for hypertrophic cardiomyopathy. Am J Cardiol 2015;116:757–64.
  • Bruder O, Wagner A, Jensen CJ, Schneider S, Ong P, Kispert EM et al. Myocardial scar visualized by cardiovascular magnetic resonance imaging predicts major adverse events in patients with hypertrophic cardiomyopathy. J Am Coll Cardiol 2010;56:875–87.
  • Greulich S, Seitz A, Herter D, Gu ̈Nther F, Probst S, Bekeredjian R et al. Long-term risk of sudden cardiac death in hypertrophic cardiomyopathy: a cardiac magnetic resonance outcome study. Eur Heart J Cardiovasc Imaging 2021;22: 732–41
  • Cardim N; Low sudden cardiac death risk in hypertrophic cardiomyopathy: “A wolf in a lamb skin?” European Heart Journal – Cardiovascular Imaging (2021) 22, 742–743