PSICOSI, DISTURBO BIPOLARE E RISCHIO CARDIOMETABOLICO: UNA VERA SFIDA TERAPEUTICA
di Antonella Labellarte
29 Aprile 2013

Vi sono due grandi sfide nella cura delle psicosi: il decadimento cognitivo che rappresenta una causa importante di disabilità, spesso precede la prima manifestazione della malattia e progredisce specialmente nelle fasi iniziali, e le alterazioni metaboliche che compaiono prima e dopo l’inizio del trattamento farmacologico e aumentano il rischio cardiometabolico, la morbidità e la mortalità precoce. Va notato che la prevalenza della sindrome metabolica è doppia nei pazienti affetti da psicosi rispetto a quella della popolazione generale.
E’ possibile che questi due fenomeni apparentemente indipendenti siano collegati? Inoltre è possibile individuare dei trattamenti che abbiano un impatto sull’osservazione che l’aspettativa di vita è decisamente ridotta, persino fino a 20 anni in meno, nei soggetti affetti da psicosi?

La riflessione prende origine da una serie di osservazioni che hanno posto in relazione il Body Mass Index, la presenza di obesità o sovrappeso, l’ipertensione e un certo deterioramento della memoria verbale nella schizofrenia ed hanno fatto nascere l’ipotesi che la prevenzione e il trattamento della disregolazione metabolica possa avere un impatto sul miglioramento delle funzioni cognitive. D’altro canto, se la schizofrenia è la malattia meglio studiata da questo punto di vista, una compromissione delle funzioni cognitive è presente in vario modo anche nelle depressioni maggiori e nei disturbi bipolari.

Nei soggetti trattati con i nuovi farmaci antipsicotici di seconda generazione la prevalenza delle tre condizioni avverse obesità, dislipidemia, diabete, varia a seconda del farmaco utilizzato, secondo quanto affermato nella consensus conference tra American Diabetes Association (ADA) e American Psychiatric Association (2004). La clozapina e l’olanzapina sono associati al maggior incremento di peso e a diabete e dislipidemia, il risperidone e la quetiapina sembrano avere effetti intermedi, l’aripiprazolo e lo ziprasidone hanno un effetto molto modesto. Dal 2004 sono stati introdotti nuovi farmaci, ma non vi sono ancora studi randomizzati che consentano di trarre delle conclusioni rispetto all’aumento del rischio metabolico.
Invece l’unico farmaco ad oggi studiato che sembra dare risultati promettenti nel ridurre l’impatto metabolico dei trattamenti antipsicotici è la metformina. I dati però non sono ancora conclusivi.

Vi sono delle evidenze che pongono in relazione i livelli di colesterolo con le funzioni cognitive sia nella popolazione generale sia negli individui affetti da schizofrenia.
Un trial randomizzato (durata 12 settimane) condotto su adulti dislipidemici “trattati” con una dieta povera di grassi, o con la dieta “mediterranea” ha documentato una riduzione nella “capacità di attenzione” associata alla riduzione dei livelli di colesterolo, ma nessuna alterazione sull’umore. Un trial randomizzato (durata sei mesi) condotto su adulti dislipidemici trattati con un farmaco capace di ridurre i livelli di colesterolo, la lovastatina, ha documentato un modesto impatto negativo sulla capacità di attenzione e sulla velocità psicomotoria, ma nessun effetto sulla memoria o sull’umore o su altre misure dell’attività psicologica.
Vi sono, insomma, evidenze crescenti che, almeno nel breve termine, l’elevazione dei lipidi ha un impatto positivo sul miglioramento delle funzioni cognitive. Purtroppo non è chiara né l’entità di tale effetto, né la rilevanza che può avere a lungo termine nel trattamento con statine o con la dieta delle alterazioni metaboliche.
In un trial randomizzato condotto su pazienti schizofrenici in trattamento con clozapina, olanzapina e aloperidolo, un indice cognitivo globale ma soprattutto la memoria verbale hanno mostrato una robusta positiva correlazione con i livelli di colesterolo a digiuno. Tale correlazione è risultata presente in ognuno dei gruppi sottoposti ai tre diversi trattamenti ed è rimasta significativa anche quando corretta per i livelli di glucosio, trigliceridi, effetti anticolinergici dei farmaci, trattamenti ipocolesterolemizzanti.

Tutti questi risultati possono mettere in evidenza il ruolo degli acidi grassi polinsaturi nella sintesi dei neurotrasmettitori e nella composizione delle membrane neuronali.
Vi è quindi ancora molto da scoprire sulla relazione tra metabolismo lipidico, aumento di peso (i farmaci che più ne sono responsabili, clozapina e olanzapina sono considerati antipsicotici molto efficaci) e funzioni cognitive.
Schizofrenia, disturbo bipolare e altre psicosi sono spesso associate ad obesità, ipertensione e dislipidemia, spesso presenti già prima dell’introduzione dei farmaci che hanno essi stessi un impatto negativo sul rischio metabolico.
Poiché attualmente non abbiamo trattamenti efficaci nella cura del deficit cognitivo primario che caratterizza queste malattie, la strategia rimane prevenire i deficit cognitivi secondari.
E’ pertanto importante a tale scopo promuovere la perdita di peso con la dieta e l’esercizio fisico, riportare alla normalità i livelli di pressione arteriosa, l’utilizzo di farmaci a scarso impatto metabolico, incoraggiare attività stimolanti e l’esercizio per la memoria e la neuro genesi dell’ ippocampo.
E’ fondamentale alla luce delle attuali conoscenze un monitoraggio routinario delle funzioni cognitive in questi malati prima dell’inizio del trattamento e ad intervalli annuali regolari al fine di assicurare la cura farmacologica più efficace. Lo studio delle interazioni tra metabolismo lipidico e funzioni cognitive rimane oggetto di ricerche affascinante e di sicuro interesse anche nell’ambito della sola prevenzione cardiovascolare.

Fonti:
Wardle J et al Am J Med 2000; 108:547-553
Muldoon MF et al. Am J Med 2000; 108:538-546
Krakowski M, Czobor P. Schizophr Res 2011; 130:27-33
Nasrallah H. Curr Psychiatry 2012;11:19-20

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma