La tomografia computerizzata coronarica (CCTA) ha progressivamente conquistato un ruolo centrale nella valutazione dei pazienti con dolore toracico, fino a diventare raccomandata come test di prima linea nelle linee guida ESC 2024 sulle sindromi coronariche croniche. Tuttavia, la sua affidabilità nella valutazione dei segmenti stentati è rimasta, fino ad oggi, il tallone d’Achille della metodica. Le cause sono note: artefatti da blooming dei metalli, limitata risoluzione spaziale, difficoltà nel distinguere la neo-intima dal lume residuo.
Negli ultimi anni l’arrivo della photon-counting detector CT (PCD-CT) ha aperto una nuova prospettiva tecnologica, promettendo una risoluzione spaziale nettamente superiore e una riduzione significativa degli artefatti metallici. La tecnologia, basata su rivelatori che convertono direttamente l’energia dei fotoni in segnale elettrico, consente di eliminare il rumore di fondo e di migliorare la definizione dell’immagine. Dopo i primi dati incoraggianti su pazienti senza stent, il gruppo dello St. Francis Hospital & Heart Center di New York ha condotto il primo studio sistematico per valutare l’accuratezza diagnostica della PCD-CT nella rilevazione della restenosi intrastent (ISR).
Lo studio, appena pubblicato su EuroIntervention, ha incluso 171 pazienti consecutivi (età media 67,5 anni; 34% donne; 33% diabetici) con precedente impianto di stent coronarico che avevano eseguito una CCTA con detettore photon-counting e una coronarografia invasiva entro 90 giorni, tra gennaio 2023 e dicembre 2024.
Sono state analizzate 283 lesioni stentate, di cui solo 3 (1,1%) classificate come “indeterminate” per artefatti residui, un dato sorprendentemente basso rispetto alle esperienze precedenti con TC convenzionali. La restenosi significativa è stata definita come stenosi ≥50% del diametro luminale, valutata alla CCTA e confrontata con l’analisi quantitativa coronarografica (QCA), utilizzata come riferimento gold standard.
Dei 283 segmenti analizzati, 41 (14,5%) presentavano restenosi significativa alla QCA. La PCD-CT ha mostrato una sensibilità dell’80%, specificità del 90,4%, valore predittivo negativo (NPV) del 96,4%, e accuratezza complessiva dell’88,9% a livello di singola lesione (AUC 0,85). A livello di paziente, i valori erano sostanzialmente sovrapponibili (accuratezza 85,7%).
Il dato forse più rilevante è la capacità della metodica di “escludere” con elevata affidabilità la presenza di ISR significativa, con un NPV superiore al 96%, rendendola potenzialmente idonea come test “rule-out”. Al contrario, il valore predittivo positivo (58%) rimane ancora moderato, suggerendo una tendenza della metodica a sovrastimare stenosi di grado intermedio (50–69%), come confermato dall’analisi dei 23 casi falsi positivi, in gran parte dovuti a ipervalutazione di placche lievemente eccentriche o segmenti borderline.
Un ulteriore elemento di interesse riguarda la performance nei piccoli diametri di stent (<3,0 mm), da sempre la principale criticità della TC coronarica. In questo studio, la sensibilità (87,5%) e la specificità (93,3%) per stent <3 mm sono risultate identiche a quelle degli stent ≥3 mm (86,7% e 92,5%, rispettivamente), con accuratezza globale >91% in entrambi i sottogruppi. In altri termini, la PCD-CT ha mantenuto prestazioni elevate anche nei vasi distali o nei segmenti di piccolo calibro, finora considerati non valutabili.
Fino a oggi, l’utilizzo routinario della TC per lo studio degli stent coronarici è stato fortemente limitato, giudicata solitamente appropriata solo nei casi di stent ≥3 mm. I dati di Shin e colleghi mettono in discussione questo aspetto: grazie alla superiore risoluzione spaziale e alla riduzione del blooming, la PCD-CT appare in grado di fornire un’informazione diagnostica affidabile anche in vasi di piccolo calibro, riaprendo il dibattito sull’uso della CCTA nei follow-up post-PCI.
I risultati migliorano nettamente le performance riportate negli studi precedenti condotti con TC convenzionale, dove la sensibilità media per la restenosi non superava il 65–70%, con percentuali di lesioni “non valutabili” fino al 15–20%. In questo contesto, il lavoro pubblicato su EuroIntervention rappresenta la prima validazione su casistica ampia (oltre 280 lesioni) in setting clinico reale.
Come ogni studio retrospettivo, anche questo presenta alcune criticità metodologiche. Non tutti i pazienti sottoposti a PCD-CT hanno poi eseguito coronarografia, introducendo un possibile bias di selezione e verifica. Inoltre, la valutazione delle immagini è stata effettuata con analisi visiva, e non quantitativa, sebbene da lettori esperti di livello 3. La numerosità di ISR “vere” (n=41) rimane relativamente bassa, e la popolazione studiata appartiene a un singolo centro ad alto volume. Tuttavia, il valore clinico di questi risultati non è da sottostimare. Primo, la possibilità di utilizzare la PCD-CT come test di esclusione nei pazienti sintomatici dopo PCI, potenzialmente riducendo il ricorso a coronarografie inutili. Secondo, l’estensione dell’indicazione anche ai pazienti con stent di piccolo diametro, superando una delle barriere storiche all’utilizzo dell’imaging non invasivo nel follow-up post-angioplastica. Ovviamente, resta da confermare, attraverso studi prospettici ad hoc, se la metodica possa realmente tradursi in un miglioramento prognostico e in una riduzione del numero di procedure invasive.
Il lavoro pubblicato su EuroIntervention segna una tappa fondamentale nell’evoluzione della tomografia coronarica e della gestione del paziente sottoposto a PCI. La photon-counting CT dimostra di essere in grado di valutare in modo accurato e riproducibile gli stent coronarici, indipendentemente dal loro calibro, e di identificare con elevata affidabilità i casi di restenosi significativa. Se confermati, questi risultati potrebbero ridefinire il percorso diagnostico dei pazienti con sospetta ISR, spostando progressivamente l’asticella verso una cardiologia interventistica più selettiva e guidata dall’imaging.
Bibliografia
- Shin D, Volleberg RHJA, Parikh R, et al. Photon-counting detector computed tomography for the assessment of coronary stents and in-stent restenosis. EuroIntervention. 2025;21:e1137–e1146. doi:10.4244/EIJ-D-25-00257.
- Sakai K, Shin D, Singh M, et al. Diagnostic performance and clinical impact of photon-counting detector computed tomography in coronary artery disease. J Am Coll Cardiol. 2025;85:339–348.
- Hagar MT, Soschynski M, Saffar R, et al. Ultra-high-resolution photon-counting detector CT in evaluating coronary stent patency: a comparison to invasive coronary angiography. Eur Radiol. 2024;34:4273–4283.
- Qin L, Zhou S, Dong H, et al. Improvement of coronary stent visualization using ultra-high-resolution photon-counting detector CT. Eur Radiol. 2024;34:6568–6577.