Negli ultimi venti anni, da quando cioè i neurologi hanno cominciato a curare più assiduamente l’infarto cerebrale si è parlato sempre di più di forame ovale pervio (PFO).
Sull’esempio dei cardiologi e del successo ottenuto con la trombolisi endovenosa nelle prime ore dall’insorgenza di un infarto cardiaco, anche i neurologi hanno cominciato ad occuparsi di infarto cerebrale con sempre meno nichilismo fino a sancire l’efficacia della trombolisi endovenosa anche per il cervello.
Tale pratica oramai routinaria in centri esperti ha comportato l’osservazione seriata di numerose casistiche di pazienti e questo ha rivoluzionato anche le conoscenze sui meccanismi fisiopatologici dell’infarto cerebrale in particolare nella fascia giovanile.
Ed ecco che il forame ovale pervio (PFO) da entità aneddotica della letteratura medica è diventato un protagonista dell’attività clinica e di ricerca tanto che la ricerca su Pubmed assomma a circa 3500 articoli pubblicati su riviste mediche nell’arco temporale degli ultimi 25 anni. Ed è divenuto addirittura realtà mediatica guardando ai recenti casi del calciatore Cassano e del marò La Torre, tanto da essere pubblicato anche su riviste di gossip.
Certo la possibilità di offrire una soluzione preventiva nei giovani ad una malattia così incombente come un ictus cerebrale, chiudendo il PFO con specifici dispositivi e procedure mini-invasive di cardiologia interventistica percutanea è un’attrattiva maggiore anche per noi medici. Il fiuto clinico di chi si dedica alla pratica ospedaliera continua ci dice che qualche ruolo il forame ovale pervio lo ricopre nell’ictus così come lo confermano i dati di tipo epidemiologico.
Le più recenti pubblicazioni però sulle principali riviste mediche, la dura logica della evidence based medicine, sconfessano queste sensazioni cliniche.
Due recenti studi comparsi sul prestigioso New England Journal of Medicine finalmente portati a termine dopo anni di osservazione prospettica, hanno confermato il dato che la chiusura del PFO non è superiore alle terapie preventive con farmaci, raffreddando gli entusiasmi della comunità medica. Anche le maggiori società mondiali di medicina cardio-cerebro-vascolare hanno espresso recenti chiare linee guida che la pratica di chiudere il PFO non può essere routine clinica ma deve continuare ad essere valutata nell’ambito di studi clinici controllati.
Più di recente una nuova elaborazione clinica delle varie cause di ictus cerebrale ha compreso il PFO come entità clinica appartenente agli ESUS (Embolic Stroke of Undeterminded Sources) che rappresenterebbe circa il 25% di tutti gli ictus cerebrali in cui la causa non è rintracciabile con accuratezza ma il cui denominatore comune è il meccanismo embolico.
Questa lettura causale apre un nuovo scenario terapeutico in quanto questa non piccola categoria di ictus cerebrali, ripeto circa il 25% del totale, potrebbe essere efficacemente curata in prevenzione secondaria e forse addirittura prevenuta in forma primaria con in nuovi anticoagulanti orali (NOAC): dabigatran, rivaroxaban, apixaban, edoxaban.
Quindi si apre lo scenario di studi prospettici con tali farmaci su grosse casistiche di pazienti con ictus cerebrale di tipo ESUS.
Dall’altra c’è sempre più attenzione nella comunità medica a studiare ancora meglio il PFO e a definirne il proprio ruolo perché la sensazione di noi clinici è che qualche ruolo possa giocarlo. L’unico modo sarà quello di stratificare ancora meglio con studi controllati in quali pazienti il PFO ha un ruolo causale e può beneficiare della chiusura percutanea.
L’auspicio è che possano essere coinvolti anche i reparti ospedalieri ed apportare maggiori casistiche al fondamentale contributo universitario e che la rete delle neuro-cardiologie apra i suoi confini a nuovi scenari di impegno clinico sempre più stimolanti.
Percutaneous closure of patent foramen ovale in cryptogenic embolism.
Meier B, Kalesan B, Mattle HP, Khattab AA, Hildick-Smith D, Dudek D, Andersen G, Ibrahim R, Schuler G, Walton AS, Wahl A, Windecker S, Jüni P; PC Trial Investigators.
N Engl J Med. 2013 Mar 21;368(12):1083-91.
Closure of patent foramen ovale versus medical therapy after cryptogenic stroke.
Carroll JD, Saver JL, Thaler DE, Smalling RW, Berry S, MacDonald LA, Marks DS, Tirschwell DL; RESPECT Investigators.
N Engl J Med. 2013 Mar 21;368(12):1092-100.
Recurrent stroke and patent foramen ovale: a systematic review and meta-analysis.
Katsanos AH, Spence JD, Bogiatzi C, Parissis J, Giannopoulos S, Frogoudaki A, Safouris A, Voumvourakis K, Tsivgoulis G.
Stroke. 2014 Nov;45(11):3352-9.
Embolic strokes of undetermined source: the case for a new clinical construct.
Hart RG, Diener HC, Coutts SB, Easton JD, Granger CB, O’Donnell MJ, Sacco RL, Connolly SJ; Cryptogenic Stroke/ESUS International Working Group.
Lancet Neurol. 2014 Apr;13(4):429-38
Ennio Montinaro
UOC Neurologia-Stroke Unit
Ospedale S. Eugenio, Roma