Perché il cardiologo deve conoscere la risonanza magnetica cardiaca
di Vittoria Rizzello intervista Gianluca Pontone
16 Marzo 2023

Oggi a Conoscere e Curare il Cuore, il Dr. G. Pontone ha tenuto un bellissimo corso pratico in cui ha  illustrato le principali applicazioni della risonanza magnetica (RMN) nella pratica clinica quotidiana dei  cardiologi.

Nella gestione del paziente affetto da cardiopatia, l’imaging ecocardiografico ha tradizionalmente un ruolo cruciale, in quanto fornisce al clinico diversi parametri anatomici  e funzionali su cui basare le scelte terapeutiche, in accordo con le linee guida internazionali per la gestione delle singole patologie. Negli ultimi 20 ultimi anni, però, abbiamo assistito a un impressionante sviluppo della RMN cardiaca che si propone come uno strumento, se non alternativo, sicuramente complementare e spesso essenziale nella gestione paziente cardiopatico.

Rizzello: Dr. Pontone,   perché ogni cardiologo deve conoscere la RMN cardiaca?

Pontone: L’avvento della RMN in cardiologia ha consentito di comprendere meglio molti dei meccanismi fisiopatologici della maggior parte degli scenari clinici. Tale ruolo è confermato dal fatto che la RMN nella linee guida della maggior parte delle cardiopatie occupa un livello di evidenza I o II. Pertanto, per i cardiologi si rende necessario averne almeno una conoscenza di base,  al fine di un’ appropriata capacità prescrittiva ed un corretto utilizzo delle informazioni che ne conseguono, per migliorare il clinical-decision process.

Rizzello: Quali sono i principali setting clinici in cui la RMN cardiaca dà il suo massimo contributo?

Pontone: Oggi la RM ha un ruolo trasversale in tutti gli scenari clinici che spaziano dalla diagnosi differenziale eziologica delle cardiomiopatie alla diagnosi differenziale tra sindromi coronariche e miocarditi, fino all’emergente ruolo nell’ambito delle valvulopatie

Rizzello: Quando il cardiologo legge il risultato di una RMN cardiaca quali parametri deve considerare e qual è il loro significato?

Pontone: Le informazioni dell’esame di RMN base comprendono ovviamente dati di volumetria e funzione simili a quelli dell’ecocardiografia ma con una riproducibilità di misurazione superiore. In aggiunta, la RMN fornisce preziose informazioni sulla caratterizzazione tissutale, o attraverso le tecniche standard di late enhancement o con le più recenti tecniche di caratterizzazione tissutale quantitative come il mapping.

Rizzello: Nel paziente con presenza di fibrosi alla RMN, quali caratteristiche ci aiutano a discriminare tra eziologia ischemica ed infiammatoria?

Pontone: Il riscontro di  fibrosi miocardica alla RMN rappresenta uno degli strumenti più efficaci nella diagnosi differenziale tra eziologia ischemica e non ischemica. In particolare, la presenza di pattern subendocardici o transmurali ed una distribuzione che segue la territorialità coronarica depongo per una forma ischemica, mentre pattern middle-wall o subepicardici depongono per una forma non ischemica.

Rizzello: Nel paziente con sospetta miocardite, qual è il timing ideale per eseguire l’esame in acuto e nel follow-up?

Pontone: In linea generale la miocardite acuta necessita dell’esecuzione dell’esame in fase precoce, perché solo in questa fase persistono gli elementi di semeiotica necessari per la diagnosi differenziale tra miocardite, sindrome di takotsubo oppure MINOCA. Una volta perfezionata la diagnosi di miocardite non esiste un timing precostituito per il follow-up che dipende un po’ da caso a caso.

Rizzello: Nel paziente con  cardiomiopatia a fenotipo dilatato/ ipocinetico non dilatato, quali sono le informazioni che possiamo ottenere con la RMN cardiaca e come possono impattare sulle nostre scelte terapeutiche?

Pontone: Al di là dei parametri volumetrici e di funzione, oggi come oggi, la RMN ha soprattutto un rilevante impatto sul processo decisionale in termini di indicazione all’impianto di ICD. Infatti, se pur non inserito nell’ambito delle linee guida, numerose evidenze di letteratura dimostrano il valore addizionale della RMN, on top all’ecocardiografia nell’identificazione del paziente candidabile all’impianto di ICD in prevenzione primaria.

Rizzello: Quali sono le caratteristiche RMN che ci consentono di discriminare i differenti tipi di pazienti con fenotipo ipertrofico?

Pontone: Nel contesto del fenotipo ipertrofico la RMN rappresenta l’unico strumento diagnostico che, grazie alle tecniche di mapping quantitativo, consente di identificare le diverse forme eziologiche di cardiomiopatia a fenotipo ipertrofico. In particolare, dalla valutazione combinata del T1, T2 e dell’ECV si riesce ad esempio a discriminare tra un’ipertrofia da morbo di Fabry e un’ipertrofia da amiloidosi cardiaca.

Rizzello: La RMN ha un ruolo anche nello studio delle valvulopatie ?

Pontone: Di recente la RMN ha iniziato a rivestire un ruolo anche in questo settore soprattutto per una accurata capacità di quantificare i vizi valvolari e per la capacità di valutare il danno miocardico conseguenziale alla valvulopatia, grazie alle tecniche di caratterizzazione tissutale. Ovviamente ulteriori evidenze si renderanno necessarie prima di immaginare un ruolo centrale della RMN in questo setting.