Innanzi tutto che cosa è e perché ne vogliamo parlare?
La fibrillazione atriale è il disordine più comune del ritmo cardiaco. Negli Stati Uniti ne sono attualmente affette 2.3 milioni di persone e si stima che nel 2050 tale numero raddoppierà. In Europa oggi il problema riguarda 4.5 milioni di persone. La gestione della fibrillazione atriale, come si può intuire da numeri così elevati, ha costi altissimi per la società. Ed il costo può essere davvero alto anche in termini personali, visto che questa aritmia è responsabile del 15-20% di tutti gli ictus.
Anche questo argomento sta a CUORE al Centro per la Lotta contro l’Infarto, che si occupa di prevenzione cardiovascolare.
Dicevamo che è un disordine del ritmo cardiaco. Senza entrare in particolari dettagli possiamo dire che il cuore è fornito di un sistema elettrico che controlla la velocità ed il ritmo di ogni singolo battito. Questo sistema elettrico risponde al sistema nervoso autonomo ed il controllo del battito del cuore è al di fuori della nostra coscienza, come tante altre funzioni del nostro organismo. Nella fibrillazione atriale si perde la sincronizzazione e l’organizzazione del ritmo cardiaco.

Il cuore è diviso in quattro camere: due superiori, gli atri, e due inferiori, i ventricoli. Nella fibrillazione atriale gli atri si contraggono ad elevata velocità e caoticamente. Il risultato è che il battito diviene completamente irregolare e, come tale, viene avvertito. Oppure si avverte una facile stancabilità e fame d’aria. Ma accade anche che non ci si accorga affatto di questa irregolarità e che la fibrillazione atriale venga scoperta casualmente ad un controllo elettrocardiografico.
Il fatto che gli atri si contraggano in maniera caotica fa sì che al loro interno si possano formare dei “coaguli” di sangue, i trombi, che raggiungendo il circolo cerebrale possano causare l’ictus.

Il rischio di ictus aumenta di 5 volte con la sola presenza di FA.
E’ per questo che chi ne è affetto deve prendere una terapia anticoagulante. Oggi vi sono dei farmaci innovativi (dabigatran, rivaroxaban) che vengono studiati in sostituzione dei precedenti. Essi possiedono una minore variabilità di assorbimento in relazione al cibo e dei dosaggi fissi. Coloro che potranno assumerli non necessiteranno più dei controlli settimanali dei valori di INR (International Normalized Ratio), che attualmente sono costretti ad effettuare con dei prelievi di sangue.
La fibrillazione atriale può essere scatenata in modo acuto dall’assunzione di alcool, da un problema cardiaco, da un intervento chirurgico, da un attacco asmatico o da un’alterazione metabolica, ad esempio in corso di ipertiroidismo, un malfunzionamento della tiroide. Ma spesso è correlata a disturbi cronici quali l’ipertensione, il diabete o l’insufficienza cardiaca. Esiste poi una forma che viene definita “isolata” e che compare nei giovani in assenza di alcuna causa sottostante identificabile.
Tralasciando classificazioni più accurate, ma certo più complesse, brevemente possiamo dire che, a seconda di quanto duri, la fibrillazione viene distinta in permanente (quando persiste almeno per un anno), persistente (più di 7 giorni) o parossistica (meno di 7 giorni). La sostanza è che compare in episodi e si cerca fino a che è possibile di ripristinare il ritmo normale del cuore, che prende il nome di ritmo sinusale.
Gli episodi parossistici possono regredire spontaneamente. Ma se si avverte la comparsa di questa aritmia – palpitazioni, fiato corto, dolore al torace – occorre subito recarsi in ospedale o dal cardiologo perché rapidamente si possa intervenire per far riacquistare al cuore il suo ritmo normale. Vi sono dei farmaci in grado di interrompere l’aritmia che, in ospedale, vengono somministrati per via venosa. Altrimenti è possibile effettuare una cardioversione elettrica: si somministra un piccolo shock elettrico applicando due piastre sul torace; al contrario di quanto possa sembrare si tratta di una procedura consolidata, piuttosto semplice e che non viene avvertita poiché il paziente è sedato.

Una procedura decisamente più nuova e sofisticata è, invece, l’ablazione trans catetere. In questo caso si debbono inserire dei cateteri che giungono fino al cuore e che selettivamente – si procede ad una sorta di “mappatura” del cuore – tramite onde in radio frequenza, distruggono piccole aree cellulari che si ritiene siano la sorgente del disturbo elettrico che causa l’aritmia.
Quale che sia il sistema utilizzato per ripristinare il ritmo normale vengono generalmente prescritti dei farmaci (propafenone, amiodarone, flecainide i nomi dei più comuni principi attivi) che si devono assumere cronicamente ed hanno il compito di evitare il più possibile che l’aritmia ricompaia. Si parla, in questo caso, di profilassi delle recidive di FA. Se invece dopo più tentativi di cardioversione, non si riesce a ripristinare il normale ritmo cardiaco si passa ad un altro tipo di trattamento, con farmaci che, in dosaggio appropriato, consentono il controllo della frequenza cardiaca. In questo caso i farmaci non sono in grado di interrompere l’aritmia, ma solo di controllarne gli effetti, facendo sì che chi è portatore della fibrillazione possa far fronte a tutte le attività quotidiane senza eccessivo affaticamento e con una frequenza dei battiti che si avvicini il più possibile alla normalità.
E’ questo un discorso semplice e generale sulla fibrillazione atriale, indispensabile premessa per discutere dei tanti e nuovi studi su farmaci e procedure in grado di migliorare la qualità della vita di così tante persone che ne sono affette.
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma