One size fits all: gli inibitori dell’SGLT2. Nuove evidenze nello scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata e lievemente ridotta: Lo studio DELIVER
di Alessandro Battagliese
06 Settembre 2022

Il Dapagliflozin, farmaco appartenente alla famiglia degli inibitori del cotrasportatore 2 sodio-glucosio (SGLT2i) si è dimostrato efficace rispetto a placebo nel ridurre morte cardiovascolare e scompenso cardiaco (ospedalizzazioni o visite ambulatoriali per instabilizzazione) nei pazienti con frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata.

Queste le conclusioni dello studio DELIVER presentato nel corso del recente congresso europeo di cardiologia da Scott Solomon e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine (NEJM).

Lo scorso anno sempre durante il congresso europeo di cardiologia Stefan Anker e Milton Packer presentavano i dati dello studio EMPEROR Preserved in cui Empagliflozin, altro farmaco appartenente alla famiglia degli SGLT2i, risultava efficace, rispetto a placebo, nel ridurre le ospedalizzazioni nei pazienti con SC e frazione di eiezione preservata o lievemente ridotta (erano stati arruolati pazienti con frazione di eiezione del ventricolo sinistro > 40%).

Tuttavia Il beneficio di empagliflozin sembrava attenuarsi per valori di frazione di eiezione più elevate (> 65%); non era evidente se il beneficio fosse influenzato dal periodo in cui veniva iniziato il farmaco (durante il ricovero o immediatamente dopo) e se i pazienti con iniziale recupero della FE in seguito alla terapia avessero beneficio dalla successiva aggiunta di dapagliflozin.

Lo Studio DELIVER è un trial multicentrico di fase 3, internazionale, randomizzato in doppio cieco e placebo controllato che ha arruolato pazienti prevalentemente non diabetici, con SC e frazione di eiezione superiore al 40%. Lo studio ha incluso  anche pazienti con FEVS precedentemente ridotta, evidenza di patologia strutturale cardiaca (aumento della massa ventricolare sinistra o dilatazione atriale sinistra) ed aumento dei livelli di NT-pro-BNP.

È stato effettuato un confronto tra dapagliflozin 10 mg e placebo on top della terapia per lo SC.

Dapagliflozin poteva essere iniziato anche in corso del ricovero dopo iniziale stabilizzazione o entro 30 giorni dalla dimissione.

Sono stati arruolati un totale di 6263 pazienti tra il 2018 ed il 2020 seguiti per un follow up medio di 2,3 anni. La percentuale di discontinuazione del trattamento è stata del 14% in entrambi i gruppi sottoposti a randomizzazione.

Obiettivo primario dello studio un composito di morte cardiovascolare e instabilizzazione di scompenso cardiaco definita come ricovero urgente non programmato o visita urgente per SC.

Obiettivi secondari gerarchici il numero totale di eventi scompenso cardiaco e la morte cardiovascolare, la qualità di vita indagata mediante questionario Kansas City dopo 8 mesi di trattamento, la morte cardiovascolare e la morte per tutte le cause.

La popolazione di studio aveva una età media di 71 aa, per circa il 40% di sesso femminile; l’etnia nera era scarsamente rappresentata (circa 2,5%); vi era una prevalenza di classe funzionale NYHA 2; il GFR medio era di 61 ml/min/1,73m2 e circa il 40% della popolazione era diabetica (tipo 2).

La popolazione è stata suddivisa in sottogruppi di FEVS: 49%, 50-59% e > 60%; il 20% dei pazienti aveva uno SC con frazione di eiezione inizialmente ridotta (FEVS < 40%) prima dell’arruolamento.

L’obiettivo primario si è verificato nel 16,4 % del gruppo di trattamento con Dapagliflozin 10 mg e nel 19,5% nel gruppo placebo con una riduzione assoluta di eventi di circa il 3% e relativa del 18% (HR di 0,82; 95% CI 0.73 to 0.92; P<0.001). Dapagliflozin (come negli altri studi con SGLT2i e SC), ha ridotto, rispetto a placebo, prevalentemente i ricoveri e le visite urgenti non programmate per SC (HR 0.79: CI 0.69–0.91), mentre non si è osservata una riduzione significativa della morte cardiovascolare nonostante un trend positivo (HR 0,88, CI 0,83-1,07).

Significativo è stato il miglioramento dei sintomi a 8 mesi esplorato con il questionario Kansas City.

Nessun beneficio significativo sulla mortalità totale.

Il beneficio di Dapagliflozin è risultato sovrapponibile e coerente in tutti i sottogruppi nell’analisi prespecificata; in particolare è risultato ridotto in maniera significativa l’end point primario composito anche nei pazienti con frazione di eiezione uguale o superiore al 60% (HR 0,78 CI 0,62-0.98), indipendentemente dalla presenza di diabete o meno, dalla presenza o meno di fibrillazione atriale, dalla classe NYHA, dai valori di NT-proBNP al basale, dalla funzione renale, dal tempo di inizio del trattamento (in corso di ricovero o dopo 30 gg ) e indipendentemente dai valori precedenti di frazione di eiezione (sottogruppo con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta all’esordio).

La tollerabilità del dapagliflozin è stata buona in assenza di eventi avversi significativamente differenti rispetto a placebo; in particolare non è stato registrato un incremento significativo di eventi quali chetoacidosi, gangrena agli arti, deplezione di volume, amputazioni, ipoglicemie o altri eventi avversi rispetto a placebo.

Considerazioni

I risultati dello studio DELIVER confermano l’efficacia dei SGLT2i nella cura dello scompenso cardiaco indipendentemente dalla frazione di eiezione aprendo di fatto un nuovo orizzonte nel trattamento dello SC a frazione di eiezione preservata e colmando un fabbisogno finora insoddisfatto.

Le linee Guida Americane, pubblicate pochi mesi fa, raccomandano questa classe di farmaci nello SC a frazione di eiezione preservata in classe IIa con livello di evidenza B; i risultati di questo studio forniscono nuove evidenze a favore, rendendo ormai fortemente raccomandabile l’implementazione della terapia con SGLT2i nello SC a prescindere dalla frazione di eiezione (messaggio ancora non recepito dalle linee guida europee).

La peculiarità del trial DELIVER è stata quella di arruolare diverse tipologie di pazienti tra cui quelli con FEVS ridotta all’esordio dello SC e successivo miglioramento della stessa dopo terapia; sono stati arruolati pazienti in larga parte con frazione di eiezione ai limiti superiori del range confermandone l’efficacia anche in questo sottogruppo; infine il dapagliflozin è risultato efficace e sicuro anche quando iniziato  in corso di ospedalizzazione per SC acuto (dopo iniziale stabilizzazione).

Sia il trial DELIVER che il DAPA-HF (che ha arruolato pazienti con SC e frazione di eiezione < 40%) non avevano una potenza statistica adeguata a valutare ciascun componente dell’endpoint primario o  alcuni importanti endpoint secondari.

Probabilmente questo il motivo dell’effetto non significativo di Dapagliflozin sulla mortalità cardiovascolare.

Nel corso del congresso europeo di cardiologia è stata pubblicata in contemporanea anche una pooled analysis degli studi DAPA-HF e DELIVER che ha incluso un totale di 11.007 pazienti.

Gli endpoint erano: morte cardiovascolare, mortalità totale, ospedalizzazione per scompenso cardiaco, MACE (morte cardiovascolare, stroke, infarto miocardico), morte cardiovascolare e prima ospedalizzazione per scompenso.

Si è osservato che dapagliflozin rispetto a placebo ha ridotto significativamente il rischio di morte cardiovascolare del 14%, la mortalità totale (HR 0,9) e anche le ospedalizzazioni (HR 0,71). È stato ridotto significativamente anche il rischio di prima ospedalizzazione (HR 0,74), di MACE (HR 0,9) e il rischio di morte cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso (HR 0,78). L’effetto di dapagliflozin è evidente in tutti i sotto-gruppi analizzati e soprattutto attraverso tutto il range di frazione d’eiezione indipendentemente dall’endpoint.

Sempre nel corso del congresso europeo di cardiologia sono stati resi noti anche i dati di una grossa metanalisi dello studio DELIVER ed EMPEROR preserved.

I criteri di inclusione ed esclusione del DELIVER e EMPEROR-Preserved erano simili, con alcune differenze: lo studio DELIVER includeva anche pazienti con recupero della FE; nell’EMPEROR-Preserved, i pazienti erano arruolati con un GFR >20 ml/min, mentre nel DELIVER >25 ml/min.
Sia nel DELIVER che nell’EMPEROR-Preserved, i pazienti avevano un trattamento di background ottimale: l’80% assumeva beta bloccanti e sartani/ACE-i/ARNI, quasi il 40% anche antialdosteronici (MRA).
Il rischio relativo per l’endpoint primario è risultato ridotto del 20% dagli inibitori SGLT-2, come anche la mortalità cardiovascolare (HR 0,88) e le ospedalizzazioni (HR 0,74) singolarmente sono risultate ridotte significativamente.

L’effetto è stato evidente attraverso tutti i range di frazione d’eiezione, anche in pazienti con FE > 60%.

Tutti questi dati confermano l’efficacia e la tollerabilità dei SGLT2i nello SC indipendentemente dalla frazione d’eiezione e la possibilità di iniziare questa terapia, in assenza di controindicazioni, in tutti i pazienti con scompenso cardiaco, anche in corso di ricovero.

Tuttavia sono stati esclusi dallo studio alcuni fenotipi di SC a FEVS preservata come le cardiomiopatie infiltrative o le forme ipertrofiche, per i quali si auspicano ulteriori dati in trial futuri.

Bibliografia consigliata

  • Solomon SD, McMurray JJV, Claggett B, et al. Dapagliflozin in heart failure with mildly reduced or preserved ejection fraction. N Engl J Med. DOI: 10.1056/NEJMoa2206286.
  • Heidenreich PA, Bozkurt B, Aguilar D, et al. 2022 AHA/ACC/ HFSA guideline for the management of heart failure: executive summary: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Joint Committee on Clinical Practice Guidelines. Circulation 2022;145(18):e876-e894.
  • M. Vaduganathan – Presented at Annual Meeting of the European Society of Cardiology 2022 (27th August)
  • P. Jhund​ – Presented at Annual Meeting of the European Society of Cardiology 2022 (27th August)
  • McMurray JJV, Solomon SD, Inzucchi SE, et al. Dapagliflozin in patients with heart failure and reduced ejection fraction. N Engl J Med 2019;381:1995-2008.
  • Anker SD, Butler J, Filippatos G, et al. Empagliflozin in heart failure with a preserved ejection fraction. N Engl J Med 2021;385:1451-61.