Nuovi target pressori nell’anziano: a STEP forward
di Camilla Cavallaro
03 Settembre 2021

Una strategia di trattamento intensiva dell’ipertensione arteriosa (con target di pressione sistolica  < 130 mmHg)  sembrerebbe portare un notevole beneficio nei pazienti di età avanzata, espresso in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari avversi. Questa ipotesi, già avanzata in un importante studio pubblicato alcuni anni fa (il trial SPRINT) nel quale veniva dimostrato che un target pressorio di 130 mmHg rispetto al tradizionale 140 mmHg era in grado di ridurre il rischio cardiovascolare in una popolazione non diabetica , è stata ora confermata da un gruppo di ricercatori di Pechino e presentata in questi giorni al congresso della Società Europea di Cardiologia (2). 

Il lavoro di Zhang e colleghi simultaneamente pubblicato in questi giorni sul New England Journal of Medicine mette a confronto una strategia di trattamento intensiva (con target di pressione sistolica compresa tra 130 e 110 mmHg) vs trattamento standard (PAS 130-150 mmHg) nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari (CV).

Per questo studio multicentrico randomizzato controllatosono stati arruolati 8511 pazienti di età compresa tra i 60 e gli 80 anni, con valori di pressione arteriosa sistolica (PAS) 140–190 mmHg. Sono state messe a confronto una strategia di trattamento intensiva (con target di pressione sistolica compresa tra 130 e 110 mmHg) ed una di trattamento standard (PAS 130-150 mmHg) nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari (CV). Tutti i pazienti sono stati sottoposti poi a visite di follow up durante le quali è stato utilizzato sempre lo stesso dispositivo per il controllo dei valori di pressione arteriosa. E’ stata utilizzata inoltre un’applicazione per smartphone per monitorare le variazioni pressorie a domicilio completando così il follow up.

L’outcome primario era un composito di stroke, sindrome coronarica acuta (SCA) intesa come infarto miocardico acuto o instabilizzazione di angina, scompenso cardiaco acuto, rivascolarizzazione coronarica, fibrillazione atriale, morte per cause CV. Tra gli endpoint secondari è stata invece considerata l’insufficienza renale (intesa come deterioramento della funzione renale o sviluppo di insufficienza renale end-stage) unitamente agli endpoint primari considerati individualmente (morte per tutte le cause, eventi CV maggiori).

Durante il follow up, durato una media di 3,34 anni, si sono verificati eventi in 147 pazienti (3,55) del gruppo di trattamento intensivo e 196 (4.6%) nel gruppo standard (hazard ratio, 0.74; 95% confidence interval [CI], 0.60 to 0.92; P=0.007). Tutti gli elementi che compongono l’endpoint primario hanno dimostrato la superiorità del trattamento intensivo nel prevenire gli eventi CV: l’hazard ratio per quanto riguarda lo stroke è stata di 0.67 (95% CI, 0.47 to 0.97), per le sindromi coronariche acute 0.67 (95% CI, 0.47 to 0.94), per episodi di scompenso cardiaco 0.27 (95% CI, 0.08 to 0.98), per la rivascolarizzazione coronarica 0.69 (95% CI, 0.40 to 1.18), fibrillazione atriale 0.96 (95% CI, 0.55 to 1.68), e morte per cause CV 0.72 (95% CI, 0.39 to 1.32).

Tra gli outcome secondari non sono emerse significative differenze nei due gruppi di trattamento, ad eccezione dell’ipotensione che si è verificata nel 3.4% dei pazienti trattati in maniera intensiva e nel 2.6% del gruppo standard (p=0.03).

Conclusioni:

Questi risultati, presentati dal Dr Jun Cai durante l’ultimo giorno della conferenza virtuale dell’ESC 2021 dimostrano come, in pazienti ipertesi di età avanzata, il trattamento intensivo (con valori di pressione sistolica tra 110 e 130 mmHg) si correli ad una minore incidenza di eventi cardiovascolari rispetto al trattamento standard (130-150 mmHg). Non essendo emerse significative differenze nei gruppi rispetto all’outcome della sicurezza renale possiamo inoltre affermare che un regime pressorio più basso non determini eccessiva ipoperfusione e compromissione della funzione renale. 

Rimane aperta la questione del potenziale beneficio di un target pressorio più basso anche in popolazioni più giovani, sicuramente gli studi attualmente in corso forniranno a breve risultati a proposito.  Nel frattempo dobbiamo ricordare che, se l’età è un fattore sicuramente importante nello stabilire un piano di trattamento farmacologico dell’ipertensione, non possiamo prescindere da una globale valutazione del paziente, che comprenda anche la valutazione funzionale e le patologie concomitanti.

REFERENCES:

  • Zhang W, Zhang S, Deng Y, et al. Trial of intensive blood-pressure control in older patients with hypertension. N Engl J Med. 2021
  • Wright JR Jr, et al. A randomized trial of intensive versus standard blood-pressure control (SPRINT Trial). N Engl J Med. 2015