Nuove frontiere in cardiologia: la TC coronarica nei pazienti con sindrome coronarica acuta
di Francesco Prati - Camilla Cavallaro
16 Marzo 2021

La diagnosi di sindrome coronarica acuta (SCA), intesa come angina instabile o NSTEMI, si basa su di un’attenta valutazione della sintomatologia dolorosa, del tracciato elettrocardiografico e dell’aumento della troponina sensibile, una variabile quest’ultima presente solo in presenza di infarto. A questi elementi si può aggiungere la valutazione ecocardiografica, che in alcuni casi evidenzia un deficit di contrattilità distrettuale.

La coronarografia rimane tuttavia lo strumento indispensabile per l’effettuazione di una diagnosi definitiva, con individuazione della lesione coronarica culprit e ne permette il più delle volte l’immediato trattamento mediante l’angioplastica. In casi incerti, ed in particolare in presenza di MINOCA (si veda articolo recentemente pubblicato su questo sito) (1)  diviene indispensabile l’imaging coronarico.

 

Siamo soddisfatti dell’iter diagnostico delle SCA?

In parte si, ma siamo consapevoli si possa migliorare. Vediamo con soddisfazione i grandi progressi effettuati negli ultimi anni e salutiamo l’avvento della troponina sensibile come uno strumento che ha permesso di ridurre in modo significativo l’attesa nei PS per escludere la SCA. Ne cogliamo però anche la limitazione fondamentale, rappresentata dalla mancanza dell’utilizzo di una metodica in grado di individuare ( o escludere) in modo accurato e senza rischi la lesione coronarica responsabile della SCA.

La TC coronarica è al momento l’unica metodica che potrebbe soddisfare questa esigenza. Vediamo a che punto siamo.

Un primo importante contributo sull’argomento è di Litt et al (2) pubblicato sul New England J Med nel 2012. Nello  studio ROMICAT-II, sono stati randomizzati 1370  pazienti con SCA ad una strategia di trattamento convenzionale o ad una seconda che prevedeva la TC coronarica. La randomizzazione, di tipo 2:1 prevedeva 908 soggetti nel gruppo randomizzato a TC e 462 in quello a strategia convenzionale.  I pazienti del Gruppo con TC hanno presentato una minore durata di ricovero presso il PS  (media 18.0 vs. 24.8 ore; P<0.001). Inoltre, a 30 giorni dall’evento non si osservavano né decessi né eventi infartuali nel gruppo randomizzato a TC.

A distanza di 5 anni Reinhardt et al (3) hanno effettuato un’analisi su end-point secondari del trial ROMICAT-II. Emergevano dei dati meno incoraggianti.  I pazienti randomizzati alla strategia di trattamento convenzionale sono andati incontro ad un’incidenza ridotta di test diagnostici (P < .001) e di coronarografia rispetto a coloro randomizzati a TC (2% vs 11%; P < .001). I costi dei soggetti con trattamento convenzionale sono stati significativamente inferiori  ($2261.50 vs $2584.30; P = .009). Non si sono osservate differenze relative all’incidenza di PTCA  (2% vs 5%; P = .15), by -pass (0% vs 1%; P = .61), o MACE (2%vs 1%; P = .24) nel mese  successivo. “Less is more” concludevano gli autori.

Il VERDICT trial  (4), pubblicato lo scorso anno su JACC,  ripropone l’utilizzo della TC coronarica in questo contesto clinico. Lo studio è stato concepito per confrontare le strategie “early invasive e selective invasive”  nei pazienti con SCA.  Presentava una componente osservazionale, che prevedeva l’effettuazione della CT coronarica in tutti i pazienti. Quest’ultima veniva effettuata in cieco in entrambi i gruppi.  L’endpoint primario dello studio era di valutare la capacità della TC coronarica di escludere le stenosi ³50% , intese come valore predittivo negativo (VPN). La coronarografia aveva il ruolo di gold standard. La TC ha individuato una stenosi coronarica significativa nel 68.9 % dei casi, la coronarografia nel 67,4% dei pazienti. Il VPN della TC coronarica è risultato essere del 90.9% (95% CI: 86.8% to 94.1%); mentre il valore predittivo positivo, la sensibilità e la specificità sono risultate essere rispettivamente  87.9% (95% CI: 85.3% to 90.1%), 96.5% (95% CI: 94.9% to 97.8%) e 72.4% (95% CI: 67.2% to 77.1%). Il VPN è risultato essere sovrapponibile nei due gruppi e non influenzato dalle caratteristiche cliniche dei pazienti.

Gli autori concludevano che la TC coronarica è in grado di escludere in modo accurato una malattia significativa nei soggetti con NSTEMI.

 

I dati del VERDICT sono più che incoraggianti. Vediamo perchè:

  • Lo studio VERDICT (4) è stato effettuato con una tecnologia innovativa (detettore da 320 strati e ad emissione di raggi ridotta (radiation dose 3,5 millisvert) e molto diversa da quella utilizzata negli anni addietro.  Secondo lo studio EVASCAN (5), che ha confrontato la coronarografia e TC ottenuta con detettore da 64 strati il potere predittivo positivo e negativo della TC per riconoscere stenosi significative erano rispettivamente del 68% ed  83%.  Nel VERDICT (4) il potere predittivo positivo e negativo della TC sono saliti al 87.9% e  90.9%.
  • Il valore predittivo negativo oltre il 90% permette di escludere la malattia coronarica con accettabile accuratezza e consente la dimissione di pazienti senza stenosi significative alla TC con ragionevole sicurezza. Ricordiamo peraltro che secondo il ROMICAT-II (2) il tasso di  decessi o eventi infartuali nel gruppo di pazienti stratificati mediante TC è pari allo 0, un elemento di ulteriore supporto alla sicurezza di questo approccio.
  • La percentuale di casi ritenuti non valutabili è scesa in modo marcato grazie al miglioramento tecnologico della TC. Si è passati dal 6% dello studio EVASCAN (5) al 3,7% ottenibile ora con TC a 320 slides (4).
  • I dati forniti dallo studio ROMICAT (4) sembrano credibili ed in linea con la pratica clinica. Talvolta si nota uno scollamento tra i dati che ci consegna la letteratura e l’esperienza clinica. Ad esempio si fa fatica a credere che la TAC a 4 strati potesse individuare lesioni coronariche con potere predittivo positivo e negativo che si avvicinavano al 90%, come riportato da Dirksen et al. (6).
  • Infine la bassa dose radiante emessa dai macchinari di ultima generazione è un ulteriore motivo di sicurezza.

La strada sembra quella buona. La TC potrebbe diventare un “gatekeeper” per i pazienti con sindrome coronarica acuta. L’utilizzo di questo approccio rappresenterebbe una svolta clinica, consentendo di ridurre i tempi di diagnosi. Per confermare la validità di questo approccio servono tuttavia ulteriori studi clinici che ne confermino l’efficacia.

 

 

Bibliografia

 

  1. Come diagnosticare i MINOCA. F Brandimarte, F Prati. “ marzo 2021. Sito Centro Lotta Infarto.
  2. Litt H, Snyder B, singh H et al. CT Angiography for Safe Discharge of Patients with Possible Acute Coronary Syndromes. N Engl J Med 2012; 366:1393-1403
    DOI: 10.1056/NEJMoa1201163
  3. Reinhardt SW, Lin CJ, MD, Novak E et al. Noninvasive Cardiac Testing vs Clinical Evaluation Alone in Acute Chest Pain. A Secondary Analysis of the ROMICAT-II Randomized Clinical Trial. JAMA Intern Med. 2018;178(2):212-219. doi:10.1001/jamainternmed.2017.736
  4. Linde JJ, Kelbæk H, Hansen TF et al. Coronary CT Angiography in Patients With Non-ST-Segment Elevation Acute Coronary Syndrome; JACC; Feb 11, 2020:453–63
  5. Gueret P, Deux JF, Bonello L, et al. Diagnostic performance of computed tomography coronary angiography (from the Prospective National Multicenter Multivendor EVASCAN Study). Am J Cardiol 2013;111:471–8.
  6. Dirksen MS, Jukema JW, Bax JJ, et al. Cardiac multidetector-row computed tomography in patients with unstable angina. Am J Cardiol 2005; 95:457–61.