Nuove evidenze sull’impiego dei farmaci inibitori del sistema Renina-Angiotensina (RASi) nei pazienti con malattia renale cronica in fase avanzata. I risultati del trial STOP-ACEi
di Alessandro Battagliese
13 Dicembre 2022

Recentemente il NEJM ha pubblicato  uno studio molto interessante che tratta un tema molto dibattuto e poco indagato in letteratura.

Bhandari S (primo nome) e collaboratori analizzano, per la prima volta in un trial randomizzato, l’effetto della sospensione degli ACEi o dei farmaci antagonisti del recettore dell’angiotensina 2 (sartani) in una popolazione di pazienti con malattia renale cronica (CKD) in fase avanzata ed un filtrato glomerulare (eGFR) inferiore a 30 ml/min/1,73m2, dimostrandone lo scarso impatto su outcome renali e cardiovascolari.

Sebbene recenti analisi retrospettive e osservazionali abbiano suggerito che la prosecuzione degli inibitori del RAS possa  scongiurare la necessità di una terapia sostitutiva renale, le questioni irrisolte riguardanti gli eventi avversi sono tuttora oggetto di preoccupazione. Studi osservazionali e meta-analisi hanno fornito risultati contrastanti riguardo all’uso di inibitori RAS nei pazienti con CKD avanzata; mancano studi randomizzati e controllati che possano orientare le nostre decisioni terapeutiche.

Nel 2021, Fu et al.  ha pubblicato i risultati di uno studio osservazionale a livello nazionale in Svezia che ha coinvolto 10.254 pazienti che assumevano inibitori RAS e che presentavano un deterioramento della funzionalità renale (eGFR, ≤30). Il 15% della popolazione ha interrotto gli inibitori RAS entro 6 mesi dopo tale deterioramento.

L’interruzione degli inibitori del RAS ha portato a un minor rischio di inizio della terapia sostitutiva renale ma anche a un rischio più elevato di morte o di eventi avversi cardiovascolari maggiori. Più recentemente, Nakayama et al. ha pubblicato i risultati di uno studio osservazionale retrospettivo con obiettivo primario di studio l’inizio non pianificato del trattamento dialitico in pazienti che non avevano mai ricevuto inibitori del RAS o che li avevano interrotti, rispetto a quelli che avevano continuato ad assumerli. In questo studio i pazienti che avevano continuato la terapia con inibitori del RAS avevano un minor rischio di andare in contro a dialisi.

I risultati delle meta-analisi sull’argomento sono stati inconcludenti.

In questo panorama si colloca il trial STOP-ACEi condotto da ricercatori inglesi in 39 centri della Gran Bretagna.

Lo studio di Bhandari e coll, multicentrico, randomizzato ma non in doppio cieco, ha arruolato 411 pazienti dai 17000 circa sottoposti a screening, dal 2014 al 2018, tutti con CKD avanzata e GFR < 30 ed in terapia con farmaci inibitori del RAS (prevalentemente ACEi), randomizzandoli in due sottogruppi: uno in cui la terapia con inibitori del RAS veniva sospesa (RASi -) e l’altro in cui invece veniva continuata (RASi +).

Obiettivo primario dello studio era il valore di eGFR a 3 anni calcolato con equazione MDRD.

Obiettivi secondari lo sviluppo di malattia renale terminale o il ricorso a dialisi, il deterioramento del eGFR del 50%, ospedalizzazione per tutte le cause, qualità di vita, capacità di esercizio ed infine eventi cardiovascolari e morte.

L’età media della popolazione era di 63 aa, circa il 68% era di sesso maschile e solo il 15% erano di etnia diversa da quella caucasica; la funzione renale era severamente compromessa con un valore medio di eGFR  di 18 e addirittura al di sotto di 15 ml in circa il 30% dei pazienti; i valori di proteinuria medi non erano particolarmente elevati (1018 mg/g). Circa il 35% dei pazienti arruolati era diabetico; nel 20% era presente una nefropatia diabetica e nel 17% una nefropatia ipertensiva o renovascolare; la glomerulonefrite come causa di CKD era presente nel 17% dei casi. Nessun paziente aveva una malattia cardiovascolare manifesta. Circa il 65% della popolazione assumeva statine e la maggior parte assumevano almeno tre o più farmaci antiipertensivi.

L’aderenza al trattamento nei due gruppi è stata del 94% circa.

A 3 anni dalla randomizzazione in generale si è osservato un declino progressivo del filtrato glomerulare ma in assenza di differenze significative tra i due sottogruppi (obiettivo primario); in particolare l’ eGFR medio è risultato  12.6±0.7 nel gruppo RASi- e 13.3±0.6 nel gruppo RASi + (P = 0.42) indipendentemente dalla presenza o meno di diabete, dai valori di pressione arteriosa media, dall’età, dai valori di proteinuria e dal filtrato glomerulare di partenza (superiore o inferiore a 15 ml).

Anche tra gli obiettivi secondari nessuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi relativamente all’end point combinato CKD terminale/ricorso a dialisi anche se nei pazienti che continuavano la terapia con RASi si è osservato un trend favorevole relativamente al ricorso a dialisi (56% vs 62% hazard ratio, 1.28; 95% CI, 0.99 to 1.65).

Nessuna differenza significativa tra le due popolazioni randomizzate in termini di ospedalizzazioni, eventi cardiovascolari e morte.

Nessuna differenza anche in termini di qualità di vita e capacità di esercizio.

Anche gli eventi avversi vascolari, cardiovascolari e lo scompenso cardiaco  sono risultati simili tra i due gruppi di studio.

Considerazioni

Questo studio ha valutato in maniera prospettica e randomizzata, per la prima volta, l’effetto della sospensione della terapia con farmaci inibitori del RAS in pazienti con CKD avanzata. I pazienti che hanno sospeso la terapia non hanno avuto un significativo miglioramento del filtrato glomerulare indipendentemente dall’età, dal grado di insufficienza renale, dalla presenza o assenza di diabete, dai valori di proteinuria o dai valori di pressione arteriosa. Nei 3 anni di follow-up il numero di pazienti che hanno iniziato un trattamento dialitico è stato simile, indipendentemente dalla sospensione o continuazione della terapia con inibitori del RAS. Anche gli eventi cardiovascolari e le morti sono risultati sovrapponibili.

Questi dati sono in contrasto con quelli emersi da piccoli studi osservazionali o registri in cui è stato documentato un miglioramento della funzione renale ed una ridotta progressione verso la malattia renale terminale, dalla sospensione della terapia con inibitori del RAS.

È possibile interpretare i dati in due modi: da un lato non essendo stato documentato un chiaro vantaggio della terapia con inibitori del RAS nelle fasi avanzate della CKD non vi è utilità nel continuare il trattamento correndo il rischio di eventi avversi tra cui l’iperpotassiemia; dall’altro non essendovi prove francamente a sfavore non vi è motivo di sospendere un trattamento che ha documentato un beneficio protettivo in termini di eventi cardiovascolari e scompenso cardiaco.

Purtroppo il Trial STOP-ACEi non è in grado di risolvere il dilemma sia per la bassa numerosità del campione che non permette di avere una potenza statistica tale da poter dimostrare un effetto su eventi  cardiovascolari e morte, sia perché non sono stati arruolati pazienti con malattia cardiovascolare o scompenso cardiaco noti e sia perché all’epoca dello studio non erano ancora diffuse terapie renoprotettive come i farmaci inibitori dell’SGLT2 e i GLP1 agonisti o i nuovi agenti chelanti il potassio che consentono di minimizzare i rischi correlati alla terapia con RAASi e in alcuni casi rendere eleggibili a queste terapie categorie di pazienti a cui questi farmaci erano preclusi.

Il trial ha arruolato pazienti con valori medi di proteinuria non particolarmente elevati, popolazione in cui il beneficio dei RAS inibitori è meno evidente.

Altri limiti di questo trial consistono nella estrema selezione della popolazione arruolata (da 17000 ne sono stati randomizzati 441) e dalla scarsa rappresentazione di razze diverse da quella bianca che non consentono una generalizzazione dei risultati.

Rimane comunque l’estremo interesse per un trial che ha dimostrato la possibilità e la relativa sicurezza nel continuare la terapia con RAS inibitori in una determinata popolazione anche in presenza di severa compromissione renale; l’evidenza (anche se non significativa) di una maggiore progressione verso l’insufficienza renale terminale e la dialisi in chi sospendeva la terapia con inibitori del RAS potrebbe essere una buona ipotesi di partenza per sviluppare un trial più numeroso per colmare un grosso gap presente in letteratura e magari confermare quella che per ora è solo una sensazione, che la terapia con inibitori del RAS anche negli stadi più avanzati di malattia renale è efficace anche in questa popolazione di pazienti, valutandone gli effetti anche in associazione con gli inibitori dell’SGLT2, i GLP1 agonisti e con i nuovi farmaci chelanti del potassio.

Bibliografia

  1. Bhandari S, Mehta S, Khwaja A, et al. Renin–angiotensin system inhibition in advanced chronic kidney disease. N Engl J Med 2022;387:2021-32.
  • Fu EL, Evans M, Clase CM, et al. Stopping renin-angiotensin system inhibitors in patients with advanced CKD and risk of adverse outcomes: a nationwide study. J Am Soc Nephrol 2021; 32:424-35.
  • Nakayama T, Morimoto K, Uchiyama K, et al. Effects of reninangiotensin system inhibitors on the incidence of unplanned dialysis. Hypertens Res 2022;45:1018-27.
  • Mukoyama M, Kuwabara T. Role of renin-angiotensin system blockade in advanced CKD: to use or not to use? Hypertens Res 2022;45:1072-5.
  • Remuzzi G, Ruggenenti P, Perna A, et al. Continuum of renoprotection with losartan at all stages of type 2 diabetic nephropathy: a post hoc analysis of the RENAAL trial results. J Am Soc Nephrol 2004;15:3117-25.