Diabete, malattia antica e assai complessa si sa. La sfida attuale oggi più che mai è, come si potrebbe scrivere in modo un po’ ripetitivo ma efficace, dare “la giusta terapia al giusto paziente per il giusto risultato”. Infatti oggi come non mai non è semplice orientarsi nella scelta dei farmaci da utilizzare, viste le molteplici nuove classi di farmaci e la necessità segnalata anche dalle linee guida di prendere in considerazione le eterogenee caratteristiche dei pazienti quali la durata del diabete, il rischio cardiovascolare, il rischio per gli effetti avversi di alcune medicine e le comorbidità. L’obiettivo oggi più che mai è mettere il paziente diabetico al centro e scegliere un percorso terapeutico che sia il più possibile personalizzato.
In giugno 2020 sugli Annals of Internal Medicine è stata pubblicata da Apostolos Tsapas e colleghi dell’Aristotle University of Thessaloniki la più grande metanalisi che ha valutato 453 trials e 21 farmaci ipoglicemizzanti per la cura del diabete mellito di II tipo. I trials analizzati, pubblicati in lingua inglese, dovevano avere una durata di almeno 24 settimane. L’efficacia dei farmaci è stata valutata riportando gli outcomes glicemici, vascolari e di mortalità in 4 grandi classi di pazienti: i diabetici naive ad alto e basso rischio cardiovascolare ed i diabetici già in trattamento con metformina ad alto e basso rischio cardiovascolare.
- Nei pazienti naive a basso rischio cardiovascolare sembra giustificato l’utilizzo della metformina
- Nei naive ad alto rischio cardiovascolare mancano evidenze sufficienti ad indicare quale sia la terapia ottimale iniziale.
- Nei pazienti naive tutti i farmaci ad eccezione degli inibitori DPP-4 erano efficaci quanto la metformina nel ridurre i valori dell’emoglobina glicata.
- Nei pazienti naive a basso rischio cardiovascolare non sono state rilevate differenze negli outcomes vascolari e di mortalità tra i vari farmaci.
- Non sono stati effettuati trials che abbiano arruolato esclusivamente pazienti naive ad alto rischio cardiovascolare.

Per i pazienti già in trattamento con metformina questi i principali risultati:
- Nei pazienti a basso rischio cardiovascolare non sono state rilevate differenze significative negli outcomes vascolari con i differenti farmaci utilizzati.
- Nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare la scelta tra uno specifico GLP-1 (Glucagon-Like peptide 1) agonista e uno specifico inibitore di SGLT2 (co-trasportatore renale di sodio-glucosio 2) deve essere basata sul profilo cardiovascolare del singolo agente e guidata dalle priorità terapeutiche del paziente.
- Nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare l’aggiunta di semaglutide empaglifozina o liraglutide ha ridotto la mortalità cardiovascolare e per tutte le cause, mentre la dapaglifozina ha ridotto solo la mortalità globale.
Questa metanalisi da un importante contributo, ha incluso 453 trials e più di 320.000 pazienti e ha il pregio di avere incluso trials con outcomes renali o cardiovascolari o quelli più recenti sui nuovi farmaci come la semaglutide il primo GLP-1 agonista orale approvato dalla FDA. La sua pubblicazione è stata accompagnata da un interessante editoriale cui si rimanda. Dati su alcuni outcomes, estremamente importanti per i pazienti come l’amputazione, la retinopatia o la disfunzione sessuale erano riportati solo in pochi trials. In alcuni trials era poco definito il rischio cardiovascolare. La complessità dell’argomento fa sì che sia necessario un accurato approfondimento da parte di tutti gli specialisti in campo, diabetologi, nefrologi e cardiologi per la messa a punto della migliore strategia terapeutica per il singolo paziente.
Fonti:
The Right Diabetes Medication for the Right Patient for the Right Outcome; Can a Network Meta-analysis Help Us Decide? Christine G Lee, William T Cefalu. https://www.acpjournals.org/doi/10.7326/M20-4266
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma