Mens sana in cor(pore) sano: le interazioni cuore-cervello differiscono nei due sessi
di Flavio Giuseppe Biccirè
01 Marzo 2022

Nell’ultimo secolo, il progresso medico ha  esteso la longevità di circa 30 anni. Tuttavia, ciò ha comportato un’elevata prevalenza di malattie croniche, creando effetti negativi sull’assistenza sanitaria e sui sistemi economici a livello globale. Le malattie cardiovascolari (CV) e le malattie neurologiche, tra cui i disturbi depressivi e le disfunzioni cognitive, rimangono le principali cause di morbi-mortalità.

La bidirezionalità delle interazioni cuore-cervello, e come questa siano modulate diversamente nell’uomo e nella donna, è ancora oggetto di studio. Un interessante articolo, pubblicato sull’ultimo numero della rivista European Heart Journal, riassume a questo proposito tutte le evidenze prodotte dalla ricerca negli ultimi anni1.

Esiste una complessa interazione tra il sistema nervoso e quello cardiovascolare. Un’ampia rete di regioni cerebrali corticali e sottocorticali controlla la funzione cardiovascolare attraverso il sistema nervoso simpatico e parasimpatico. Una disfunzione in un sistema può portare a cambiamenti nella funzione dell’altro. Gli effetti delle malattie cardiovascolari sul sistema nervoso sono stati ampiamente studiati; tuttavia, la nostra comprensione degli effetti dei disturbi neurologici sul sistema cardiovascolare si è ampliata solo negli ultimi due decenni. Varie patologie del sistema nervoso possono portare a un’ampia gamma di alterazioni nella funzione e nella struttura del sistema cardiovascolare. Queste comprendono quadri di semplici  alterazioni elettrocardiografiche transitorie e benigne così come casi più complessi che includono il danno miocardico, le cardiomiopatie e persino la morte cardiaca.

In questo articolo, gli autori riportano la fisiopatologia delle interazioni tra cuore e cervello e ne esaminano le differenze sesso-specifiche. Difatti, sebbene le donne di solito abbiano un’incidenza di patologie CV inferiore rispetto agli uomini, numerose evidenze cliniche hanno ormai dimostrato che le donne hanno un tasso di mortalità più elevato e una prognosi peggiore a seguito di un evento CV acuto2. Il rischio di malattie cardiovascolari nelle donne è spesso sottovalutato a causa dell’errata percezione che le donne siano più “protette” degli uomini contro le malattie cardiovascolari, portando spesso a strategie di trattamento meno aggressive. Ciò ha sollevato la preoccupazione che l’approccio terapeutico alle patologie CV debba essere specifico per genere. Non solo, le donne soffrono maggiormente di disturbi dell’umore come depressione e ansia, mentre gli uomini sono più suscettibili ai deficit nel sistema della dopamina, inclusi il morbo di Parkinson, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, la schizofrenia e i disturbi dello spettro autistico3.

Alla base dei sistemi fisiopatologici che accumunano cuore e cervello vi è sicuramente la malattia vascolare, ovvero l’aterosclerosi, essendo quest’ultima responsabile sia dell’infarto miocardio acuto che dell’ictus. L’aterosclerosi è una malattia complessa, con una componente lipidica ed infiammatoria che complica la funzione endoteliale, portando a sovra regolazione delle molecole di adesione ed al rilascio di citochine e chemochine pro-infiammatorie. Tutto questo aumenta il rischio di eventi cardiovascolari e deterioramento cognitivo a lungo termine. Il coinvolgimento di questi meccanismi è stato descritto essere diverso tra uomo e donna, con diverse risposte da parte dell’immunità innata e adattativa, del sistema di coagulazione, diversificandone la risposta ai trattamenti4.

A livello coronarico, l’evidenza attuale supporta un profilo femminile specifico di malattia coronarica meno ostruttiva e con un minor carico di placca, ma con esito clinico peggiore. Inoltre, i tassi di mortalità nelle donne che presentano un infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) sono più elevati che negli uomini di pari età. Pertanto, l’ipotesi prevalente in passato che la fisiopatologia della malattia ischemica cardiaca sia la stessa per donne e uomini, ma con un esordio più tardivo nelle donne, è un concetto erroneo.

Attraverso il sistema nervoso simpatico e il sistema nervoso parasimpatico, il cervello può regolare la contrazione, la frequenza cardiaca e il flusso sanguigno sia in condizioni basali che in risposta a diversi fattori scatenanti, come lo stress acuto e cronico. Studi che utilizzano tecniche di imaging con risonanza magnetica funzionale in grado di valutare le connessioni cerebrali hanno dimostrato diversi percorsi di interazione cuore-cervello identificando le aree cerebrali che modulano l’attività simpatica e parasimpatica in diverse condizioni patologiche, tra cui la sindrome Takotsubo (TTS) e l’ipertensione.

Proprio la TTS sembra rappresentare l’emblema della stretta relazione tra cuore e cervello e come questa possa essere fisiopatologicamente diversa tra uomo e donna.

Descritta da ormai circa 30 anni, la TTS causa una disfunzione transitoria del ventricolo sinistro, causando insufficienza cardiaca acuta a seguito di un forte stress come un’intensa emozione, sia essa negativa che positiva, ed è molto più frequente nelle donne piuttosto che negli uomini.

Recenti studi hanno suggerito un coinvolgimento del sistema limbico cerebrale e dell’amigdala nella fisiopatologia della TTS; tuttavia, i meccanismi esatti attraverso i quali un evento di vita stressante si traduce nell’insorgenza della TTS non sono completamente compresi. Un interessante studio ha individuato, tra gli individui che hanno sviluppato TTS, un sistema nervoso autonomo intensificato anni prima dell’insorgenza della malattia. In uno studio trasversale che comprende 20 pazienti con TTS di sesso femminile e 39 controlli sani di età e sesso corrispondenti, si sono osservati uno spessore ridotto della corteccia insulare, nonché un volume ridotto di materia grigia dell’amigdala  nei pazienti con TTS ma non nei controlli.

Sebbene un’attività simpatica sproporzionatamente elevata sia stata associata a esiti sfavorevoli nei pazienti cardiovascolari sia uomini che donne, queste ultime sembrano essere più vulnerabili agli effetti dannosi dell’iperattività simpatica5. L’assorbimento miocardico di 18F-DOPA ha dimostrato essere maggiore nelle donne anziane rispetto agli uomini, soprattutto a livello dell’apice del ventricolo sinistro. Questo modello di distribuzione della 18F-DOPA miocardica si allinea con l’area della disfunzione ventricolare sinistra che coinvolge l’apice cardiaco nella TTS. Inoltre, il differente equilibrio della funzione autonomica tra donne e uomini si traduce clinicamente in effetti divergenti del trattamento con beta-bloccanti.

E per quanto riguarda le malattie neurologiche?

Similmente all’infarto, il rischio di ictus è inferiore nelle donne rispetto agli uomini durante la giovinezza e la prima età adulta, ma i tassi di ictus tendono ad aumentare nelle donne progressivamente con l’età. Il rischio crescente delle donne con l’età è parzialmente spiegato dalla perdita dell’effetto neuroprotettivo degli ormoni sessuali nel periodo post-menopausale, a causa della loro capacità di mantenere la funzione endoteliale vascolare e di attenuare le risposte infiammatorie.

La depressione, invece, colpisce le donne fino a due-tre volte in più rispetto agli uomini. Questo potrebbe spiegare la diversa fisiopatologia cardiovascolare sesso-relata. Difatti, l’evidenza attuale supporta un’associazione tra depressione e malattie cardiovascolari. La prevalenza di comorbidità cardiache tra i pazienti adulti con depressione è circa tre volte maggiore rispetto alla popolazione generale senza disturbi dell’umore. La Società Europea di Cardiologia ha recentemente elencato la depressione come fattore di rischio cardiovascolare modificabile e i farmaci antidepressivi, come escitalopram e sertralina, hanno dimostrato di essere una strategia terapeutica efficace per migliorare gli esiti cardiovascolari a lungo termine in entrambi i sessi.

In ultimo, recenti studi hanno dimostrato come l’asse cuore-cervello possa avere un ruolo nella patogenesi e progressione delle malattie degenerative. In effetti, il deterioramento cognitivo è più comune nei pazienti con pregresso infarto miocardico e scompenso cardiaco cronico. Allo stesso modo, l’aterosclerosi, la disfunzione endoteliale e quella del microcircolo sono state identificate come fattori di rischio emergenti per la malattia di Alzheimer e il declino funzionale. La demenza colpisce le donne con una frequenza doppia rispetto agli uomini. Sebbene la frequenza del genotipo ApoE4, il più forte fattore di rischio genetico per demenza, sia simile tra donne e uomini, il rischio di malattia di Alzheimer nei portatori di ApoE4 è maggiore nelle donne rispetto agli uomini tra i 65 ei 75 anni.

Dunque, mirare alla ricerca sulle differenze di sesso nelle cause condivise dei disturbi del cervello e del cuore, dal primo sviluppo fino all’invecchiamento, può rappresentare un’opportunità unica per la medicina di pensare fuori dagli schemi convenzionali e accelerare lo sviluppo di strategie terapeutiche e di prevenzione più efficaci.

Bibliografia

1.Rossi A, Mikail N, Bengs S, Haider A, Treyer V, Buechel RR, Wegener S, Rauen K, Tawakol A, Bairey Merz CN, Regitz-Zagrosek V, Gebhard C. Heart–brain interactions in cardiac and brain diseases: why sex matters. European Heart Journal 2022.

2.Peters SAE, Muntner P, Woodward M. Sex Differences in the Prevalence of, and Trends in, Cardiovascular Risk Factors, Treatment, and Control in the United States, 2001 to 2016. Circulation 2019;139(8):1025-1035.

3.Loke H, Harley V, Lee J. Biological factors underlying sex differences in neurological disorders. Int J Biochem Cell Biol 2015;65:139-50.

4.Capodanno D, Angiolillo DJ. Impact of race and gender on antithrombotic therapy. Thromb Haemost 2010;104(3):471-84.

5.Gebhard CE, Marędziak M, Portmann A, Bengs S, Haider A, Fiechter M, Herzog BA, Messerli M, Treyer V, Kudura K, von Felten E, Benz DC, Fuchs TA, Gräni C, Pazhenkottil AP, Buechel RR, Kaufmann PA, Gebhard C. Heart rate reserve is a long-term risk predictor in women undergoing myocardial perfusion imaging. Eur J Nucl Med Mol Imaging 2019;46(10):2032-2041.