Malattia reumatica latente: potrebbe essere utile la profilassi secondaria?
di Camilla Cavallaro
05 Aprile 2022

Sebbene ormai nei paesi industrializzati si senta parlare sempre di meno della malattia reumatica, questa patologia coinvolge ancora 40 milioni di individui annualmente (provocando oltre 300000 morti l’anno)(1). La cardite, ovvero condizione infiammatoria che porta ad una degenerazione delle valvole cardiache è una manifestazione secondaria frequente di questa patologia. Grazie all’utilizzo dell’ecocardiografia siamo in grado di diagnosticarla anche ad uno stadio precoce e quindi clinicamente silente.

Il concetto di “malattia reumatica cardiaca latente” è di recente introduzione. Viene rilevata grazie ad i nuovi interventi di screening ecocardiografico; i bambini che ne sono affetti presentano difetti valvolari lievi, che non determinano una sintomatologia clinica. Nel 2012 grazie ad un lavoro di Reményi e colleghi (2) sono stati standardizzati i criteri per la diagnosi di malattia reumatica cardiaca latente e questi criteri includono sia patologia borderline che definita nei soggetti con età inferiore a 20 anni. 

Quello che ad oggi rimane da chiarire è  quanto una profilassi antibiotica secondaria possa interferire e ritardare la progressione della malattia in questa categoria di pazienti.

Gli autori di un interessante paper pubblicato sul NEJM hanno verificato questa ipotesi con un trial randomizzato controllato in una popolazione di giovani dell’Uganda dai 5 ai 17 anni, affetti da malattia reumatica ad uno stato latente, ovvero rilevato ecocardiograficamente. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere un’iniezione di penicillina ogni 4 settimane per due anni o nessuna profilassi. Tutti i partecipanti sono stati studiati ecocardiograficamente al momento dell’arruolamento e dopo 2 anni (3).

L’endpoint primario dello studio era la progressione della malattia cardiaca, valutata mediante ecocardiografia al controllo dopo due anni.

Dei 3327 ragazzi affetti da malattia reumatica valutati, 926 avevano i criteri ecocardiografici per la diagnosi e sono stati inclusi nel trial. Sono stati randomizzati a ricevere profilassi antibiotica o placebo. Nel gruppo profilassi si è verificata una progressione ecocardiografica della patologia a 2 anni nello 0,8% dei casi, mentre nel gruppo di controllo senza antibiotico il peggioramento del quadro si è verificato nel 8.2% (risk difference, −7.5 percentage points; 95% CI, −10.2 a −4.7; P<0.001).

La profilassi antibiotica secondaria con penicillina sembrerebbe essere uno strumento efficace, in grado di modificare la storia naturale della malattia nei pazienti tra i 5 e i 17 anni di età con forme latenti di malattia reumatica cardiaca. Gli autori hanno infatti dimostrato una significativa riduzione della progressione della malattia nel gruppo che assumeva la profilassi antibiotica secondaria.

Punti importanti sollevati dallo studio:

  • Considerata la scarsità di risorse nei paesi in cui questa patologia è endemica è molto importante inquadrare quali siano le fasce di età alle quali rivolgere lo screening e quali potrebbero maggiormente beneficiare della profilassi
  • Prevenire lo sviluppo di patologie valvolari severe è importante, poiché si tratta di condizioni cliniche in cui quasi sempre l’unica opzione terapeutica è rappresentata dalla chirurgia.
  • Considerare le barriere del real-world nell’applicazione di un programma di screening in paesi ancora in via di sviluppo: difficoltà di accesso alle cure, ridotta disponibilità di risorse mediche, training del personale sanitario nei processi di diagnosi e trattamento, disinformazione e reticenza diffusa nelle popolazioni.
  • La tematica dell’antibiotico resistenza, affrontata dagli autori nella discussione del lavoro, rappresenta un problema non tanto nei confronti di S. Pyogenes, il batterio responsabile della malattia reumatica cardiaca (che si è dimostrato universalmente sensibile alla pencillina-G) ma per altri tipi di batteri che potrebbero sviluppare resistenza.
  • La regressione della malattia, valutata ecocardiograficamente, si è verificata in circa la metà dei pazienti, in entrambi i gruppi di trattamento. Questo risultato seppure non del tutto inaspettato, considerata l’eterogeneicità della patologia, mette in dubbio l’utilità della profilassi in una grossa fetta di pazienti. Saranno necessari studi più ampi per determinarne la reale efficacia.

Bibliografia

1) Roth GA, Mensah GA, Johnson CO, et al. Global burden of cardiovascular diseases and risk factors. 1990–2019: update from the GBD 2019 study. J Am Coll Cardiol 2020;76:2982-3021.

2) Reményi B, Wilson N, Steer A, et al. World Heart Federation criteria for echocardiographic diagnosis of rheumatic heart disease — an evidence-based guideline. Nat Rev Cardiol 2012;9:297-309.

3) Beaton A, Okello E, Rwebembera M, et al. Secondary Antibiotic Prophylaxis for Latent Rheumatic Heart Disease, NEJM March 2022