Lo studio HUYGENS: l’Evolocumab stabilizza l’aterosclerosi
di Francesco Prati
07 Settembre 2021

Il trial randomizzato HUYGENS è stato presentato come late breaking trial all’ESC. Lo studio ha valutato 164 pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) ed in trattamento con terapia ipolipemizzante considerata ottimale. Obbiettivo dello studio HUYGENS era verificare se l’Evolocumab (Repatha), iniziato entro 7 giorni dall’esordio della SCA, in aggiunta alla terapia statinica, potesse stabilizzare le placche aterosclerotiche, ed in particolare aumentare alla valutazione con  optical coherence tomography (OCT) lo spessore del cappuccio fibroso ad un FU di 52 settimane.

L’impiego del Evolocumab ha comportato un riduzione del colesterolo LDL-C da 140 a 28 mg/dL (-80%) mentre nel  gruppo placebo ( con sola terapia  ipolipemizzante ottimale) la colesterolemia LDL variava da   142 ad  87 mg/dL (-39%). Lo studio ha soddisfatto il suo endpoint primario: evolocumab in aggiunta alla terapia statinica ha infatti aumentato lo spessore del cappuccio fibroso di 42,7 µm (microns) rispetto a un aumento di 21,5 µm nel gruppo placebo (75% versus 39%; p=0,01). Evolocumab ha anche migliorato un importante endpoint OCT secondario; l’arco lipidico si è significativamente ridotto ( -57,5° rispetto a -31,4° nel gruppo placebo, p=0,01).

Considerazioni

Lo studio completa ed arricchisce le evidenze emerse dallo studio Glagov. Lo studio, condotto con ultrasonografia (IVUS)  aveva dimostrato che la notevole riduzione della colesterolemia LDL ottenibile con l’ Evolocumab in aggiunta ad un trattamento statinico ottimale, era in grado di  ridurre il volume delle placche aterosclerotiche coronariche.  Che cosa si nasconde dietro la significativa (ma modesta) riduzione della placca aterosclerotica (plaque burden) osservata nello studio Glagov ?

La riduzione del volume dell’aterosclerosi si accompagna di regola ad una beneficio clinico; in altri termini i farmaci ipolipemizzanti che migliorano la prognosi, riducendo gli eventi cardiovascolari, sono in grado di ridurre il volume dell’aterosclerosi,  Lo si è visto prima per le statine di prima generazione, poi per le statine potenti, per l’associazione tra statine ed ezetimibe, ed  infine con l’impiego di Evolocumab.  Rimanendo all’impego degli inibitori PCSK9 (evolocumab), la riduzione dell’1% della placca aterosclerotica osservata nello studio Glagov è in linea con i risultati dello studio Fourier, condotto su oltre 27000 soggetti: il beneficio clinico del Evolocumab, in aggiunta alla terapia con statine, riduceva in modo marcato l’endpoint composito di morte, infarto ed ictus ( HR 0.85).  

Come può una riduzione  del plaque burden  che non supera l’1%  giustificare dei risultati clinici così convincenti? La risposta vene fornita dallo studio HUYGENS. Lo studio HUYGENS è la prima chiara dimostrazione che abbassare la colesterolemia a valori così bassi significa modificare l’aterosclerosi, stabilizzarla, agendo sulla componente morfologica più importante; il cappuccio fibroso.

Bibliografia

  • Nicholls SJ, Puri R, Anderson T, et al. Effect of evolocumab on progression of coronary disease in statin-treated patients: The glagov randomized clinical trial. JAMA. 2016;316(22):2373-2384.
  • Nicholls SJ, Nissen SE, Prati F, et al. Assessing the impact of PCSK9 inhibition on coronary plaque phenotype with optical coherence tomography: rationale and design of the randomized, placebo-controlled HUYGENS study. Cardiovascular diagnosis and therapy. 2021;11(1):120-129.
  • Prati F, Romagnoli E, Gatto L, et al. Relationship between coronary plaque morphology of the left anterior descending artery and 12 months clinical outcome: the CLIMA study. Eur Heart J. 2020;41(3):383-391.